Russia: Niet a Kyoto?
Con il film di prossima uscita “The Day After Tomorrow-L’alba del giorno dopo”, Hollywood riproduce i possibili effetti catastrofici del riscaldamento globale, inclusi onde anomale, grandinate e tornadi. Gli ambientalisti hanno accolto con entusiasmo questo film, ritenendolo un mezzo che finalmente porterà all’attenzione del pubblico la questione dei cambiamenti climatici. Tornando al mondo reale, c’è in atto, sebbene in modo non così drammatico, un vero e proprio sommovimento che riguarda i cambiamenti climatici terrestri e il futuro del pianeta.
Presto la Russia dovrà decidere se ratificare il protocollo di Kyoto, che, per ridurre il riscaldamento globale, impone ai paesi sviluppati di diminuire le emissioni di anidride carbonica e di altri “gas serra”, prodotti dall’impiego di combustibili fossili. La Russia ha il potere di far saltare l’accordo, stipulato nel 1997. Affinché il patto possa entrare in vigore bisogna che sia ratificato dai paesi sviluppati le cui emissioni rappresentano il 55% del totale globale: se la Russia – che produce il 20% di CO2 che si scarica nell’ambiente – si dissocia, farà naufragare il trattato.
Gli Stati Uniti, che da soli emettono il 30% dei gas serra, si sono già dissociati dall’accordo. La Russia deve ora decidere se, come per gli Stati Uniti, il rischio economico di sottoscrivere gli standard di Kyoto sia troppo alto, o se i benefici ambientali ne varranno la pena. Il presidente russo Vladimir Putin avrà tempo fino al 20 maggio per farsi consigliare dalle sue agenzie di stato riguardo il da farsi, ma finora non sembra che queste gli stiano rendendo la scelta facile.
Il patto di Kyoto richiede che entro dieci anni i paesi sviluppati riducano le emissioni di “gas serra” del 5,2% rispetto ai livelli del 1990. Gli scienziati prevedono da tempo la pericolosità di un aumento di tali gas: questi infatti possono produrre un considerevole riscaldamento della Terra, che di ritorno potrebbe causare cambiamenti ambientali potenzialmente disastrosi come violente tempeste, desertificazione e scioglimento delle calotte polari, causando l’innalzamento del livello del mare che potrebbe sommergere le regioni costiere. Oltre 100 paesi hanno già approvato gli statuti di Kyoto, ed insieme producono circa il 40% delle emissioni di CO2.
Non è chiaro cosa la Russia deciderà di fare. Il Christian Science Monitor riporta che “tra la comunità scientifica russa sembra che il riscaldamento globale sia uno stato di fatto e che l’industrializzazione in incremento ne sia il probabile colpevole.”
Alexander Bedritsky, capo del Servizio di Monitoraggio Meteorologico ed Ambientale del governo russo dichiara al CSM: “Negli scorsi 30 anni i nostri inverni sono diventati progressivamente più caldi. Ne è la conseguenza più allarmante il riscaldamento delle nostre zone di permafrost, dove un cambiamento di uno o due gradi potrebbe far sciogliere il suolo ghiacciato e minacciare case, strade e condutture.”
I funzionari dell’Unione Europea sperano che la Russia firmi – e lasciano intravedere la possibilità per la Russia di diventare membro dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, nella speranza di riuscire a contrattare la firma. E’ fissato per venerdì a Mosca un summit tra Russia ed Unione Europea, durante il quale ci si aspetta che la delegazione europea riaffermi il suo forte supporto alla ratifica di Kyoto.
D’altra parte Putin non sembra mostrare un forte interesse riguardo il riscaldamento globale. Durante una conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Mosca lo scorso novembre, Putin ha scherzosamente affermato che un forte aumento della temperatura avrebbe potuto giovare alla freddolosa Russia: “Se ci sarà un maggiore riscaldamento della Russia, potremo spendere meno soldi in pellicce e i nostri raccolti di grano aumenteranno”.
Cosa ancor peggiore per i sostenitori di Kyoto è che venerdì scorso l’Accademia delle Scienze russa ha annunciato di ritenere poco fondate le basi scientifiche del Protocollo, e che la firma del trattato potrebbe essere disastrosa per la loro economia. Secondo loro, in conclusione, anche se si dovesse arrivare alla firma, ciò sarebbe di ben poca utilità per fermare i cambiamenti climatici. In pratica si afferma che il protocollo non raggiunge gli obiettivi della Framework Convention on Climate Change [Convenzione Intergovernativa sui Cambiamenti Climatici] delle Nazioni Unite.
L’Accademia delle Scienze afferma che i costi di riduzione delle emissioni di CO2 metterebbe a repentaglio il proposito di Putin di duplicare il Prodotto Interno Lordo della Russia nei prossimi dieci anni. Secondo gli scienziati russi “per un paese freddo come la Russia” il riscaldamento globale potrebbe sortire effetti positivi, come la diminuzione dei costi di riscaldamento e di trasporto.
Andrei Illarionov, consigliere economico di Putin e in Russia uno dei più espliciti oppositori a Kyoto sostiene che la firma del trattato causerebbe un “olocausto economico per la Russia” e che le basi scientifiche sono “profondamente incrinate”. Di fronte al pubblico intervenuto giovedì a Londra presso la Energy Policy Unit [Unità per le Politiche Energetiche] dell’ Adam Smith Institute, Illarionov si è così pronunciato:
“Il Protocollo di Kyoto è una seria minaccia per l’umanità. I paesi industrializzati che hanno adottato le restrizioni sulle emissioni di carbonio previste da Kyoto hanno avuto dei tassi di crescita economica significativamente inferiori a quelli dei paesi industrializzati che non le hanno adottate. La crescita economica media nel periodo 1997-2003 in 11 nazioni sviluppate non aderenti al Protocollo, inclusi Taiwan, Hong Kong, Singapore, Corea del Sud, Australia, Israele, Cipro e Stati Uniti, è stata del 3,1% contro l’ 1,7% della crescita annuale del PIL in 17 paesi favorevoli a Kyoto [15 dell’ UE, Canada e Giappone].”
In più la Russia è irritata da quella che crede sia “discriminazione” nel determinare la propria eleggibilità a nazione sviluppata. Gli scienziati affermano che le altre nazioni trattano la Russia come se questa fosse ancora l’URSS nel 1990, uno stato altamente industrializzato responsabile di un quinto delle emissioni mondiali di CO2. Ma Illarionov sostiene che la Russia ha in realtà una economia in via di sviluppo, così come la Cina, e che dovrebbe essere esentata da Kyoto. Illarionov ha dichiarato:
“Il Protocollo di Kyoto è discriminante nei confronti della Russia. Il nostro paese, le cui emissioni di gas serra in realtà rappresentano al momento il 6% del totale, dovrà attuare delle riduzioni, mentre la Cina, le cui emissioni rappresentano il 13%, non ha obblighi e gli Stati Uniti, con un terzo delle emissioni li ha completamente respinti.
Che farà Putin?
Peter Lavelle, un analista finanziario indipendente che vive a Mosca e che scrive su United Press International, prevede che molto probabilmente Putin non firmerà l’accordo di Kyoto:
“La resistenza a Kyoto riscontrata tra le comunità economica e scientifica sembra essere fuori posto, e comunque, sottovaluta il futuro della crescita economica in Russia. La sottoscrizione di Kyoto mette in pericolo l’intenzione di Putin di accelerare l’economia. Riorganizzare le basi dell’industria russa significa necessariamente un uso rinnovato e notevolmente incrementato dei combustibili a base di carbonio. La Russia può essere reindustrializzata e postindustrializzata con gas naturale, una risorsa di cui il paese è molto ricco.
E’ molto probabile che Putin dirà “Niet” a Kyoto. Poiché i suoi scienziati concordano nel ritenere il riscaldamento globale un problema a lungo termine, sarebbe interessante conoscere quale sia il guadagno a breve termine che Putin si aspetta.
Fonte: http://www.motherjones.com/news/dailymojo/2004/05/05_525.html
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