Organismi Geneticamente Modificati
Se può aiutare a capire. L’Ogm alimentare ha caratteristiche di telefonino, somiglia a una conversazione con questo mezzo in strada, in viaggio, in compagnia. Col telefonino succede questo: Giovanna, in compagnia di Federico in un ristorante di Milano è chiamata da qualcuno che si trova in Turchia, la parola di Federico viene troncata e tra loro s’inserisce il fragore di un aeroporto, lei ne è risucchiata e mentre si sta sempre più allontanando indica sulla carta, con distratto cenno affermativo, la ribollita. L’elemento estraneo si fa preponderante in modo arrogante e spietato, chi è presente è, nello stesso momento, anche assente. La cosa non è superficiale: quella conversazione alienata è un Organismo Geneticamente Modificato! Il food (come si dice in italiano corrente) conserva il nome di granturco o di carciofo, ma dalle sue fornicazioni di laboratorio biotecnico col merluzzo, la banana, la coca, il pollo, la placenta di toro, è nato qualcosa che ne ha capovolto la granturchità e la carciofità. In verità, la storia del cavallo di Troia è senza fine. Ma di alimenti modificati ci nutriamo da generazioni ormai, e non bene: l’Ogm apporta la modificazione definitiva, in essenza, che ancora mancava. Con la proclamazione della sua innocuità da parte delle aziende e dei loro tirapiedi scientifici, la bacchetta del Direttore sul podio è passata nelle mani del dottor Goebbels. Ogm è anche paragonabile all’aria che si respira. Che cosa c’è di altro che di aria del tipo necessario alla vita in quel che i polmoni hanno a disposizione in Largo Chigi o in un mercato di Calcutta? Col termine smog definiamo da tempo dappertutto l’aria urbana fatta Ogm, mischiata con molecole aliene al punto che di aria rimane il nome. Una speciale truffa: dice il dottor Goebbels che «il consumatore potrà scegliere» guardando l’etichetta. Ma vi siete visti comprare in quella Grande Distribuzione che sta stringendo il commercio alimentare con spire di colossale boa, in un abbraccio mortale? I carrelli traboccano di roba buttata dentro con furia senza discernere tra prosciutto e detersivi.
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