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È un caso se la presa della Bastiglia segue il surriscaldamento del 1788? Gli incroci tra storia e clima, parla Le Roy Ladurie

La Rivoluzione? Nasce col caldo

«Anche le barricate sono state inventate nel 1588, dopo un'estate molto torrida che provocò una carestia... Certi eventi dipendono pure dall'influsso del meteo»
24 giugno 2004
Marie Verdier
Fonte: www.avvenire.it
22.06.04


È cominciata ieri, l'estate, e come sempre l'argomento d'obbligo è il clima che farà. Ci troveremo di fronte a un agosto torrido e secco come quello dell'anno scorso, oppure i condizionatori (già affannosamente accaparrati nei grandi magazzini) resteranno a riposo per le piogge torrenziali? Ci saranno black-out per eccesso di consumi d'energia elettrica, oppure dovremo rinunciare alla tintarella per colpa delle nubi a Ferragosto? Invece di chiederlo a un meteorologo, stavolta giriamo le domande a uno storico: Emmanuel Le Roy Ladurie, l'inventore della storia del clima.

Anzitutto, professore: l'estate 2003 è stata davvero unica nella storia?

«La somiglianza con la situazione atmosferica dell'estate infuocata del 1719 è impressionante. Anche allora, come nel 2003, la canicola si concentrava nella Valle della Loira. Cambia solo la dimensione del fenomeno: ci furono 450.000 decessi in più, soprattutto a causa della dissenteria che colpì neonati e bambini. Il caldo, benefico per le coltivazioni, diventa malefico quando si accompagna all'aridità, creando situazioni di forte calo del livello dei corsi d'acqua e conseguente concentrazione degli agenti inquinanti. Il clima uccide d'inverno attraverso i polmoni, ma d'estate attraverso l'intestino. Andando indietro nel tempo, il XIII secolo, definito "piccolo optimum medievale", è stato costellato di numerose estati calde che per molti aspetti ricordano quelle attuali. Più generalmente, a partire dal XIV secolo si contano, secondo la griglia dello scienziato olandese Van Engelen, 12 estati classificate sotto l'indice massimo 9, "estremamente caldo", nove delle quali si collocano nei cinque secoli della "piccola era glaciale" e tre nella fase del riscaldamento contemporaneo che arriva al 2000, segnatamente il 1859, il 1868 e il 1994. Pertanto il 2003 non è affatto unico nella storia. Che è costellata di periodi di canicola».

In particolare, il 1420 resta negli annali…

«Quell'anno le vendemmie a Digione cominciarono il 25 agosto! Un'estate paragonabile al 2003. Con la differenza che i miseri raccolti di grano portarono, l'inverno e la primavera successivi, a una carestia devastante aggravata da un'epidemia opportunista. A Parigi i bambini gridavano: "Muoio di fame, muoio sui letamai", sui quali potevano scaldarsi».

Non è piuttosto il freddo a uccidere?

«Nelle nostre regioni temperate (più a sud il discorso sarebbe diverso), le peggiori tragedie sono dovute al grande freddo, e più ancora alle annate malsane, molto umide. Ci furono il terribile inverno 1709 (il peggiore degli ultimi 500 anni), la gigantesca carestia "di pioggia" 1693-1694. Bilancio: 1,3 milioni di decessi in più. L'equivalente, in due anni, dell'ecatombe del 1914-1918…».

Con un notevole impatto demografico…

«Il caso citato del 1420 è illuminante. L'abbinata carestia-epidemia svolse un ruolo importante nella spirale demografica discendente avviata nel secolo precedente: dei 20 milioni d'anime del 1328, in Francia ne restano appena 10 milioni nel 1440. Certamente il Paese fu dissanguato anche dalla Guerra dei cent'anni, dalla terribile epidemia di peste polmonare del 1348, eccetera. Molto più tardi, le quattro stagioni fredde del 1740 fanno segnare un incremento della mortalità del 15% in Europa, che raggiunge però il 40% in Irlanda, il 57% in Finlandia… Per quanto in maniera molto meno drammatica, anche i matrimoni ne risentono. A causa del pessimismo dei fidanzati in tempo di crisi, calano del 6% nel 1740, del 9% nel 1741, rispetto agli anni dal 1735 al 1739 (intanto in Finlandia precipitano del 22% e poi del 25%). Ma il tempo perso verrà recuperato: più 8% nel 1743 e nel 1744! Anche le nascite prendono brutti colpi: da meno 6% a meno 8% negli anni dal 1940 al 1943».

Quali indizi consentono di capire che tempo faceva nel passato?

«Abbiamo a disposizione rilevazioni termometriche, da maneggiare con prudenza, a partire dalla fine del XVII secolo. Ma abb iamo anche tutta una serie di indicatori che fanno da termometro: lo stato dei ghiacciai, le rilevazioni delle inondazioni, i resoconti sull'aridità, le date dei raccolti e delle vendemmie, i dati di eventi ripetuti, i racconti dei curati e, determinante, l'andamento del prezzo del grano. Fin dall'inizio del XIV secolo, abbiamo a disposizione la curva annua dei prezzi di Douai. A partire dal 1523 si conosce il prezzo giornaliero del grano a Parigi. Ebbene, i prezzi salgono appena si ha la percezione di cattivi raccolti a primavera, si flettono dopo. A partire dalla metà del XVIII secolo, il clima uccide meno. L'anno senza estate del 1816, imputabile a un velo di polvere che avvolse il pianeta in seguito alla più grande eruzione vulcanica che si conosca (il vulcano indonesiano Tambora passò da 4300 a 2800 metri in poche ore, tanto fu straordinaria l'esplosione), causò "solo" 20.000 morti. Le carestie diventano meno gravi grazie ai progressi agricoli. Mentre in precedenza prevaleva l'immobilismo, a partire da Luigi XI, e soprattutto con Luigi XIV, lo Stato tenta di prendere in mano la situazione, importa grano dal Baltico, dalla Russia. Vengono organizzati "ristoranti del cuore", eccetera. Si assiste in quel periodo a una polarizzazione del clima. La gente scende nelle strade, si solleva contro lo Stato approvvigionatore i cui sforzi sono giudicati insufficienti. La questione degli approvvigionamenti diventa un motivo fortissimo di contestazione».

Sta dicendo che il clima svolge un ruolo nei grandi avvenimenti storici?

«Le barricate sono state inventate nel 1588, dopo la carestia dell'estate del 1587. Il surriscaldamento del 1788 (i chicchi di grano avvizzirono) porterà a tumulti per la sussistenza l'inverno successivo. Nell'estate 1789 il pane raggiunge il prezzo più alto di tutto il XVIII secolo. Certamente il clima non è responsabile della Rivoluzione francese, ma ha creato un'atmosfera di scontento. Più recentemente, la crisi viticola del 1907 (la so vrapproduzione provoca la caduta dei prezzi) condurrà alla rivolta dei viticoltori del Sud. Nasce in questo periodo la lobby agricola. Io non difendo una causalità del clima, a priori. Ma bisogna riconoscere che il clima ha svolto, per certi grandi eventi, un ruolo causale o concomitante. Rivendico una sorta di materialismo di storico per riportare concretezza in una storia che viene troppo spesso situata nella stratosfera delle idee pure».

(per gentile concessione del quotidiano «La Croix»; traduzione di Anna Maria Brogi)

 

Note: Tra i maggiori storici francesi, Emmanuel Le Roy Ladurie (nella foto) è stato il primo a parlare di «storia del clima». Autore (insieme a molti altri scritti) di una fondamentale Histoire du climat depuis l'an mil datata 1967 (traduzione italiana Tempo di festa, tempo di carestia. Storia del clima dall'anno Mille, Einaudi), ha appena pubblicato in Francia il primo tomo della monumentale Histoire humaine et comparée du climat en Occident. Canicules et glaciers XIII-XVIII siècles (Fayard, pagine 740, 25 euro). Il suo successo maggiore è stato «Storia di un paese: Montaillou» (Rizzoli 1977), in cui si narrano le vicende di un villaggio cataro occitano dal 1294 al 1324 grazie a una fonte speciale: il registro inquisitoriale di Jacques Fournier, futuro papa Benedetto XII.

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