"Il grande caldo. Un pianeta ad aria condizionata"
Come difendersi dal caldo? Bisogna mettere un riparo al cambiamento del clima indotto da noi stessi, certo. Ormai lo sappiamo, il gran caldo estivo - ma anche un'inverno insolitamente tiepido o una sferzata di freddo, o eventi estremi come grandi alluvioni e siccità - sono «un effetto collaterale della guerra all'ambiente scatenata [dalla specie umana] bruciando in pochi decenni riserve di carbonio accumulate in ere geologiche», per usare l'espressione di Antonio Cianciullo in Il grande caldo. Un pianeta ad aria condizionata, edito da Ponte alle Grazie (2004). Insomma: siamo noi umani che bruciando combustibili fossili (petrolio, carbone, gas) generiamo emissioni di gas come l'anidride carbonica e molti altri che producono «effetto serra», ovvero fanno in modo che il calore dei raggi solari sia trattenuto nell'atmosfera terrestre - cosa provvidenziale, perché senza il pianeta Terra non sarebbe abitabile, ma disastrosa quando la concentrazione di questi gas nell'atmosfera aumenta, come è aumentata, in modo da surriscaldare la superfice terrestre e mutare il clima. Tutto questo fa parte del «consenso scientifico» - anche se non di quello politico, perché per cambiare rotta servono misure che pochi governi sono disposti a prendere. Nel suo libro però Cianciullo non si limita a mettere ben in fila i fatti accertati rispetto a anidride carbonica ed effetto serra, o fare il punto degli stanchi negoziati internazionale sul clima. Il caldo, argomenta, sta modificando non solo gli ecosistemi terrestri ma anche le nostre abitudini quotidiane e la stessa percezione del clima. Così il libro indaga come cambia l'immaginario collettivo verso il caldo. Come questo modifichi il nostro vocabolario - sono diventate comuni espressioni come «effetto serra» e «buco dell'ozono», anche se non tutti sanno davvero cosa significano. Come rispondono i media e la pubblicità. Come si modificano i consumi o le vacanze: basti pensare all'aria condizionata...
Appunto: come difendersi dal caldo? Mettere riparo al cambiamento del clima è urgente e indispensabile, d'accordo, ma gli effetti sono di lungo termine. E il caldo è un nemico immediato che provoca sbalzi di umore, rovina la salute, esaspera gli animi. Per difendersi dunque gli umani hanno diverse opzioni. Una è la corsa all'aria condizionata, ovvero la ricerca del fresco artificiale. E' una via seguita da molti: l'estate 2003 ha segnato in Italia il sorpasso del picco dei consumi elettrici estivi su quello dei consumi invernali, ci avverte Cianciullo. Ma è un circolo vizioso: più fa caldo più compriamo condizionatori, più aumenta il consumo di energia e quindi le emissioni di gas «di serra» e dunque il caldo.
Le alternative esistono, ma bisogna uscire dalla bolla di freddo artificiale. Ed è qui che va a parare il libro: in un excursus che parte da certe «magie tecnologiche buone» (la definizione è nostra) come quelle elaborate dal Rocky Mountain Institute creato da L. Hunter Lovins e Amory B. Lovins in Colorado, che hanno costruito un edificio in modo da usare il sole che riceve in modo passivo per conservare il calore o il fresco, a seconda delle stagioni. O la «casa bioclimatica», che sposa vecchi accorgimenti architettonici e nuovissime tecnologie in modo da adattare gli edifici al clima del luogo, freschi e ventilati dove fa caldo, tiepidi e luminosi nei climi freddi. O iniziative come i «tetti verdi» di Tokyo: nella capitale giapponese nel 2002 hanno deciso di coltivare prati sui tetti, che significa coprire i tetti con strati impermeabilizzanti, barriere antiradici, poi terra, e infine erbetta e fiori: idea geniale per diminuire il calore assorbito dall'edificio, poiché è noto che il terreno (o il cemento, e ancor più l'asfalto) colpito direttamente dai raggi del sole si scalda molto di più del terreno coperto da erba o piante. Ma nulla di tutto questo basterà se non si «sgonfiano» le grandi aree urbane, massime consumatrici di energia: con un misto di decongestione del traffico, aree verdi (a terra e/o sui tetti), pannelli solari sugli edifici pubblici, e tutto ciò che può rendere lo spazio urbano meno energivoro. Se vogliamo davvero difenderci dal caldo, questa è la via.
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