"Cronache nere:L'ambiente ai tempi di Berlusconi (2001-2004)"
Il titolo potrebbe indurre il lettore a pensare che si tratti di una serie di misteri e invece sono cronache di ordinaria e straordinaria mala gestione dell’ambiente da parte di un governo, quello Berlusconi, e di un ministro, Altero Matteoli, che fin dal 1994 si presentarono in parlamento e, senza tanti giri di parole, spiegarono che dell’ambiente non si sarebbero curati, se non per piegarlo ad interessi, convenienze, spartizioni. Nessuno più di loro è lontano dalla conoscenza e persino dalla terminologia che caratterizza le grandi e moderne contraddizioni ecologiche dello sviluppo.
Per il ministro il nodo che avremmo di fronte sarebbe quello di rimettere al centro l’uomo (sic!) e non le risorse naturali e i loro limiti, per Berlusconi invece effetto serra, buco nell’ozono, erosione dei ghiacciai sono più o meno la stessa cosa e soprattutto sono tanto distanti nel tempo da non meritare alcuna attenzione. Non è un caso dunque che i primi a saltare siano stati i nostri impegni sui vari trattati internazionali, a cominciare da Kyoto, e che il semestre di presidenza italiano in Europa sia stato caratterizzato dal vuoto assoluto in materia. Quanto a consapevolezza ambientale siamo alla preistoria e se a questo aggiungiamo l’idea secondo la quale il liberismo tutto può risolvere, comprendiamo perché i danni ambientali fatti dai governi di centrodestra siano enormi.
Ci voleva la passione politica, ecologica e civile di Valerio Calzolaio, ecologista tra i primi nel Pci, e poi sempre impegnato nelle varie esperienze ambientaliste maturate dentro i Ds, per ricostruire pazientemente i passaggi più significativi di questo periodo nero e documentarne con puntiglio le fasi e i temi. Queste piccole cronache illustrano il disastro ambientale del governo Berlusconi e di un ministro che ha occupato il ministero senza occuparsi dell’ambiente.
Illuminanti a questo proposito sono tutti gli articoli che riguardano l’operato diretto di Matteoli, una sequenza impressionante di colpi alle politiche ambientali pensate e attuate dal centrosinistra - dalla carbon tax alla gestione dei rifiuti, dalle aree protette alle politiche riguardanti il dissesto idrogeologico, dai controlli ambientali alle nuove politiche energetiche e per la mobilità sostenibile. Senza tacere sul silenzio-assenso a condoni ripetuti dell'abusivismo edilizio e a grandi opere non prioritarie e rischiose per il territorio. In questi anni sono balzati agli occhi con una evidenza impressionante il conflitto di interessi, le forzature sull'informazione, la manomissione dei sistemi pubblici di istruzione e sanità, il persistente attacco ai magistrati, le bugie sulle tasse e, da ultimo, la supina aderenza alla dottrina statunitense della guerra preventiva. Meno chiare risultano invece le ragioni del declino della nostra economia, del peggioramento della qualità della vita, dell’aggravarsi di tutte le questioni che attengono il governo del territorio e la sicurezza. È un tema che non riguarda solo l’Italia, coinvolge tutti i modelli liberisti, si intreccia con le contraddizioni e le ingiustizie prodotte dai processi di mondializzazione antidemocratica degli ultimi decenni, con la richiesta di esistere da parte dei Paesi poveri.
Come non vedere che in Italia si stanno accumulando strutturali arretratezze che riguardano proprio la qualità e la sostenibilità dello sviluppo? Siamo il Paese più dissestato d’Europa, eppure questo governo ha deciso di prorogare un altro condono dell’abusivismo edilizio; la qualità della nostra aria paralizza periodicamente città e aree intere del Paese, eppure continuiamo a non sviluppare i trasporti di merci su ferro e il cabotaggio; sul fronte delle energie rinnovabili siamo il fanalino di coda, pur essendo geograficamente avvantaggiati rispetto alla Germania. L'industria automobilistica di altri Paesi fa ricerca su nuovi carburanti e nuovi modelli di auto, noi siamo ancora alle prese con le gabbie salariali, come ha mostrato la vicenda di Melfi.
L’idea che tra ecologia ed economia vi sia un nesso non sfiora Berlusconi, anzi l’opinione del suo ministro è quella che politiche di tutela e sostenibilità ambientale sono un impedimento alla crescita e alle imprese. La realtà è assai diversa: il nesso tra ecologia ed economia è strettissimo e senza questo rapporto non c’è sviluppo duraturo, senza qualità non c’è competitività, senza sostenibilità non si rigenerano le risorse naturali primarie, basi fondamentali della nostra vita. Leggendo queste cronache nere sull’ambiente ai tempi di Berlusconi si ricava anche un’agenda di ciò a cui dovremo mettere riparo quando riusciremo a mandare a casa questo governo. L’ecologia è un modo di pensare lo sviluppo, una concezione dei consumi, l’equilibrio possibile tra l'uomo e la natura, una cultura politica moderna, capace di leggere le nuove contraddizioni e di risolverle con responsabilità verso il pianeta e con più equità tra le varie parti di questo mondo così inquieto e inquietante. Per questa ragione molti ecologisti cominciano a dire che anche una grande sinistra democratica e moderna non può che essere una sinistra ecologista. Che la destra non possa essere ecologista mi pare più che evidente.
dalla Prefazione
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