L'inquinamento visto dalle balene
2.07.04
Nell'oceano indiano, a est delle Maldive, c'è un gruppo di dodici scienziati che veleggia sull'Odyssey, ventotto metri di laboratorio viaggiante. Da cinque anni la scientifica dozzina è in giro per il mondo per raccogliere campioni di mare e avvicinarsi un po' a quel fenomeno noto, ma ancora in gran parte misterioso, che è l'inquinamento oceanico. Odyssey focalizza la sua attenzione sull'inquinamento che riguarda la concentrazione di composti chimici raggruppati nell'acronimo Pop (Persistent Organic Polluttants). L'obiettivo è arrivare a comprendere quanto fondato sia il timore che la presenza di questi composti inquinanti possa essere talmente concentrata nell'ecosistema marino da rendere il pesce troppo tossico: in questo caso non solo ci sarebbero conseguenze deleterie per l'organismo dell'animale, ma anche per gli umani che se ne cibassero. Per verificare questo stato di cose, sulla Odyssey c'è Roger Payne, forse è il più famoso studioso di balene nel mondo; è un grande esperto di bioacustica marina avendo studiato le affinità tra la struttura dei vocalizzi delle megattere e le canzoni umane.
Come il capitano Ahab, quel che Payne va cercando con i suoi microfoni è il mammifero dentato più grande in natura, anche se in questo caso gli utensili dispiegati non sono arpioni bensì innocue provette e un sofisticatissimo laboratorio tossicologico. Odyssey naviga infatti sulle rotte dei capodogli, nella speranza di poterne incontrare e di studiarne i tessuti, perché analizzando il loro grasso è possibile arrivare con un certo grado di accuratezza ai valori di inquinamento delle acque in cui esso vive. Gli inquinanti infatti lì si depositano, come avviene anche nella carne degli orsi polari.
Per rendere la ricerca quanto più precisa possibile, il team ha anche messo a punto un apposito test molecolare capace di misurare la quantità di una proteina antiossidante chiamata Cyp1a1: quanto più se ne troverà, tanto più le acque si riveleranno inquinate. «Seguendo le balene nelle aree prossime all'equatore - racconta Payne - stiamo prendendo atto che il loro fragile e assolutamente unico ecosistema è sottoposto a una costante minaccia da parte delle civiltà industrializzate che vantano diritti sulla fauna marina e sulla facoltà di edificare senza vincoli i loro bei resort di lusso».
Nel corso della precedente fase di rilevamenti effettuata nel Pacifico, ognuno dei cetacei «catturato» per l'analisi evidenziò una clamorosa abbondanza di pesticidi quali i bifenili policlorinati (Pcb) e pesticidi Ddt che a loro volta infestano il pesce e i calamari di cui i mammiferi si nutrono. «È risaputo che queste sostanze tossiche abbiano ormai raggiunto una diffusione globale - spiega Celine Godard, responsabile delle ricerche sull'inquinamento dell'Odyssey - mentre ancora è in larga parte ignoto quanto esse siano minacciose quando si trovano in basse concentrazioni».
Tra l'equipaggio ambientalista non manca una figura hi-tech. Prestato al mare e alla ricerca, Chris Johnson è di fatto il produttore media del gruppo e in caso di avvistamento si improvvisa paparazzo. Il materiale verrà poi elaborato e trasmesso in tempo reale a quanti partecipano al «progetto Payne». Ogni giorno, il tutto finisce anche tra le pagine del sito www.pbs.org/odyssey: video e immagini ma anche documenti, appunti e di tanto in tanto anche qualche intervista agli scienziati incontrati nel corso del viaggio.
Questa porzione dell'iniziativa a sfondo divulgativo ha avuto in passato anche i suoi effetti molto concreti. Basti pensare che, proprio grazie alla missione educativa dell'Odyssey, nel 2001 è stato organizzato un workshop che ha convinto il ministro dell'ambiente di Papua Nuova Guinea a designare «santuario marino» un'area circostante allo stato che si estende per quasi tre milioni di chilometri quadrati. Nella stessa missione educativa rientra la realizzazione di speciali pacchetti di alfabetizzazione sull'ecosistema marino e sui rischi a cui è oggi sottoposto, che sono destinati alla circolazione nell'ambiente scolastico.
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