Intervista a Barry Commoner
11.08.04
«Lei mi pone una falsa domanda», risponde dal suo ufficio di New York Barry Commoner, l´autore del «Cerchio da chiudere» su cui si sono formate generazioni di ecologisti. «Per risponderle dovrei supporre che l´elettricità prodotta in una centrale nucleare possa avere una sua convenienza economica a fronte dell´aumento del costo del petrolio. Ma questo non è vero».
Neppure in prospettiva, con il barile che potrebbe veleggiare sopra i 60 dollari?
«Guardi, il punto è molto semplice. L´elettricità ottenuta spaccando l´atomo non ha una quotazione certa: il prezzo tende a crescere a una velocità almeno uguale a quella del greggio e quindi il sistema non è economicamente affidabile. Prendiamo ad esempio gli incidenti, che rappresentano solo una delle incognite in gioco: ogni incidente, vista la spaventosa portata delle conseguenze, costringe a rivedere i piani della sicurezza. Dunque i costi aumentano ma i problemi non si risolvono perché le incertezze continuano a moltiplicarsi».
Pensa alla possibilità di attacchi terroristici?
«Questo è uno dei nuovi problemi che stanno acquistando consistenza. Ma nel frattempo i vecchi sono ancora lì, irrisolti. Le scorie ad esempio. Nelle centrali americane stanno ancora all´interno dell´impianto, impacchettate in attesa di una soluzione che non arriva».
Eppure Washington guida la ricerca in questo campo: l´unico piccolo cimitero per le scorie ad alta radioattività è negli States.
«Già. Ma poche settimane fa la Corte ha ordinato la chiusura di un deposito radioattivo in Nevada perché era stato dichiarato sicuro solo per 10 mila anni: un periodo insufficiente visto che le scorie nucleari ipotecano il futuro oltre le mille generazioni».
I cittadini degli Stati Uniti comunque convivono con un buon numero di centrali nucleari senza metterle in discussione.
«Quelle esistenti. Ma l´idea di costruirne altre non è affatto popolare. Ed è dalla fine degli anni Settanta che non viene ordinato un nuovo reattore: dai tempi dell´incidente di Three Mile Island, quando fu sfiorata la tragedia nucleare e i costi cominciarono a salire. Mettendo in bilancio le incognite legate alla sicurezza del funzionamento di routine, ai possibili attacchi terroristici, alla soluzione del problema scorie e allo smantellamento degli impianti si scopre che il costo reale dell´energia nucleare semplicemente non è misurabile».
Cosa propone come soluzione di ricambio rispetto al petrolio?
«Le fonti energetiche attivate dal sole. Il vento è già oggi competitivo, il solare termico, cioè quello utilizzato per dare calore alle case, pure. E per il fotovoltaico basterebbe un atto di volontà politica. Basterebbe ad esempio che il governo degli Stati Uniti ordinasse pannelli fotovoltaici per soddisfare le sue esigenze dirette: sarebbe un volano che consentirebbe ai prezzi di produzione, già da decenni in forte calo, di raggiungere il livello della competitività. E a quel punto si aprirebbe anche il mercato di paesi in via di sviluppo, dove molte zone sono prive di rete elettrica e l´uso delle fonti rinnovabili rappresenta una grande speranza».
Dunque lei pensa che la crescita del prezzo del petrolio finirà per aprire la strada alle rinnovabili anziché al nucleare?
«Credo che si andrà verso questo scenario ma principalmente per un´altra ragione, per una spinta al cambiamento più potente di quella del caro petrolio. Sarà la preoccupazione per il global warming a far pendere la bilancia a favore delle fonti rinnovabili: la portata del cambiamento climatico potrebbe tradursi in tempi molto rapidi in fenomeni ancora più drammatici di quelli che già oggi stiamo vivendo».
E´ lo scenario che ha sposato Hollywood con l´ultimo film di Emmerich su un mondo sconvolto dai cambiamenti climatici.
«Per misurare il rischio derivante dai gas serra prodotti bruciando petrolio non c´è bisogno di proiettarsi così lontano. Basta vedere quello che sta succedendo. Negli Stati Uniti il record dei tornado viene battuto costantemente anno dopo anno. Un mese fa nel New Jersey c´è stata la peggiore alluvione mai registrata. I disastri continuano ad accumularsi. C´è solo da sperare che la crescita del prezzo del petrolio renda più evidente la follia costituita dal suo uso».
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