California e New York, sfida al clima
25.08.04
Paradossi americani. Ormai una trentina di stati Usa (su 50) hanno preso iniziative per limitare le emissioni di anidride carbonica e altri gas «di serra», quelli che contribuiscono a intrappolare il calore nell'atmosfera terrestre e quindi a modificare il clima. Da un lato l'amministrazione di George W. Bush si è tirata fuori dall'unico trattato internazionale sul tema, il protocollo di Kyoto, ed è ostinatamente contraria a ogni politica che imponga dei limiti obbligatori - ad esempio alle industrie, i produttori di energia, fabbricanti di automobili e così via. Dall'altro però gli stati riempiono il vuoto lasciato dal governo e dagli enti federali. Negli ultimi tre o quattro anni hanno cominciato a prendere iniziative anche molto diverse: a volte legislazioni (quasi sempre votate con sostegno «bipartisan»), a volte cause legali verso gli enti federali che non agiscono o contro le aziende energetiche che inquinano, a volte programmi di incentivi per le energie rinnovabili... La lista degli stati che hanno cominciato a preoccuparsi del cambiamento del clima è interessante, perché ne include a guida rebubblicana e democratica, stati rurali e industrializzati, storiche «avanguardie» ambientali come la California e un regno dei petrolieri come il Texas. Spesso le iniziative passano perché le grandi lobby industriali sono più forti a Washington che a livello locale. A volte il business locale è favorevoli, perché comincia a preoccuparsi dei costi energetici a lungo termine, o dei costi del disinquinamento. Le ultime due iniziative (in ordine cronologico) rendono bene l'idea. La prima è una mega causa legale annunciata dalla città di New York (sindaco Michael Bloomberg, repubblicano, che in questi giorni ha blindato Manhattan per contenere le manifestazioni contro la Convention repubblicana), insieme a 8 stati: citano in tribunale cinque aziende produttrici di energia elettrica che accusano di non fare il necessario per diminuire le emissioni di CO2. Gli otto stati sono California, Connecticut, Iowa, New Jersey, New York, Rhode Island, Vermont e Wisconsin, e le aziende tirate in causa sono tra i più grandi emettitori nazionali di anidride carbonica: American Electric power, Cinergy, the Southern Company, la Tennessee Valley Authority e Xcel Energy insieme hanno 174 centrali elettriche che bruciano combustibili fossili e emettono 646 milioni di tonnellate di anidride carbonica all'anno, ovvero il 10 percemnto del totale nazionale, secondo quanto sostengono i querelanti nella causa presentata alla Corte federale a Manhattan. La portata dello scontro legale basta a far notizia, ma la cosa più interessante è che l'amministrazione di New York e degli 8 stati non chiede risarcimenti per un danno ambientale (che il tribunale dovrebbe quantificare), bensì chiede «tagli sostanziosi» nelle emissioni che «pongono una grave minaccia alla nostra salute, alla nostra economia e al nostro ambiente», precisa il comunicato diffuso il mese scorso (lo leggiamo sul New York Times). Anche l'iniziativa annunciata in California è destinata ad aprire uno scontro tra l'amministrazione statale e la grande industria: qui però si tratta dei produttori di automobili, e in questione non sono cause legali ma una proposta di legge. Il 14 giugno la California (governata dal repubblican-popolare Arnold Schwarzenegger) ha annunciato un ambizioso piano che obbligherà i fabbricanti d'auto a diminuire le emissioni di CO2 e altri gas di serra del 30% entro il 2015 (ovvero: i modelli messi in commercio dal 2009, tra cinque anni, dovranno cominciare ad avere emissioni ridotte). Il fatto è che l'anidride carbonica non si intrappola con filtri e marmitte catalitiche come altri gas di scarico: l'unico modo per diminuire le emissioni è ridurre il consumo di carburante, ovvero produrre motori che consumino meno benzina per chilometro. L'iniziativa californiana era in gestazione da un paio d'anni, e ha già suscitato levate di scudi dell'industria automobilistica, che minaccia ricorso, e forse anche dell'amministrazione Bush. E però potrebbe avere un effetto trainante, e riportare la questione del clima all'ordine del giorno politico nazionale.
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