La piccola città che sfida ponte e mafia
Minacce e gravi atti intimidatori si susseguono contro il sindaco Rocco Cassone e altri esponenti della maggioranza di centrosinistra, schierata contro il governo e contro oscuri interessi locali legati agli appalti. Il sindaco offre le dimissioni, ma il paese sembra deciso a resistere. Il ruolo delle Ferrovie e il recupero del litorale
8.09.04
«Ecco, il pilone dovrebbe sorgere proprio qui, al posto del ristorante». Qui, tra le case del lungomare di Cannitello, dove qualcuno espone alle finestre una bandiera rossa «no al ponte» e più o meno in 1.500, secondo le stime, saranno costretti a sloggiare se e quando dovessero cominciare i lavori di sbancamento per la costruzione del Ponte sullo Stretto, «grande opera» del governo Berlusconi. La posa della prima pietra è prevista per il prossimo gennaio, l'inizio dei lavori per dicembre 2005, la consegna nel 2011. Che vada a finire così è molto improbabile, ma a Villa San Giovanni si guarda con timore a ciò che potrebbe accadere. «Magari assegneranno un po' di appalti per accontentare qualcuno, cominceranno a espropriare e sbancare, poi sospenderanno i lavori lasciandoci i cantieri aperti». Per mancanza di fondi o perché un nuovo governo potrebbe decidere che il Ponte non va fatto. L'Italia meridionale è piena di esempi del genere: superstrade che finiscono senza un perché, svincoli che si attorcigliano tra palazzi, cattedrali nel deserto. E' anche per questo che il comune reggino, unico in Calabria e Sicilia, si è schierato apertamente contro la costruzione dell'opera. Con tutti i mezzi a sua disposizione: sostenendo le mobilitazioni cittadine, facendo ricorso al Tar, ponendosi in rotta con il ministero guidato da Lunardi. E pagandone lo scotto: intimidazioni, minacce e attentati a bassa intensità ad assessori, consiglieri e sindaco, nel silenzio di media e forze politiche.
«Non c'è dubbio, si tratta di un'amministrazione scomoda. Chi fa queste cose vuole destabilizzarla per andare al potere e gestire la torta degli appalti», dice Pasquale Selvaggio, locale segretario della Filt-Cgil. Quali, se il Ponte è ancora di là da venire? I 60 milioni di euro stanziati per lo spostamento a sud degli imbarchi, ad esempio. O le altre «opere compensative» di cui parla una lettera inviata a maggio dal ministero dei trasporti al comune. O i 22 milioni per quelle «di emergenza» in attesa della costruzione del nuovo porto, che però saranno gestiti dal prefetto.
Un comune sotto attacco
Cifre che forse possono spiegare cosa si nasconde dietro la sequela di attentati cominciata nel luglio 2003, appena un mese e mezzo dopo le elezioni che hanno confermato Rocco Cassone e il centrosinistra alla guida del comune. Ad andare in fumo sono state le auto di alcuni assessori, del presidente del consiglio comunale ed ex presidente della provincia, Cosimo Antonio Calabrò, di un consigliere comunale e del segretario del sindaco. A Cassone prima bruciano un'auto, il 13 settembre 2003, e per quell'episodio saranno arrestati in quattro, tra questi anche un consigliere dell'opposizione. Poi la seconda, l'11 febbraio, oscurando la telecamera nel frattempo fissata davanti alla casa, poi ancora il portone dell'abitazione di Cannitello («facendosi riprendere incappucciati dalle telecamere, venti secondi prima che passasse una volante della polizia, una vera e propria sfida»).
Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati quei cinque proiettili recapitati via posta il 25 agosto scorso, uno per ogni componente della famiglia. E' stato allora che Cassone ha fatto tappezzare la città di manifesti con su scritto «rapporto del sindaco alla città» e che convocavano un consiglio comunale aperto per la sera del primo settembre.
Chi c'è stato racconta di una sala gremita, di una discreta presenza di politici e dell'annuncio di dimissioni che Cassone, «abbandonato dallo stato», non ha ancora ritirato nonostante la solidarietà ricevuta da tutto il centrosinistra, che oggi manderà a Villa San Giovanni tutti i capigruppo alla camera, mentre il consiglio provinciale ha accolto una mozione del Prc che chiede di riconvocarsi a Villa finché la vicenda non sia risolta. E nonostante una telefonata di Pisanu che, chiedendogli di ritirare le dimissioni «perché sarebbero una sconfitta per la democrazia», ha annunciato misure straordinarie per garantire la sicurezza, un monitoraggio più forte e un piano regionale che verrà presentato proprio qui entro fine mese.
Il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza ha già disposto una «rete» protettiva attorno al sindaco, che dal suo canto non si spiega come sia stato possibile fargli arrivare a casa la busta con i proiettili nonostante fosse sotto controllo. «Il mio non è stato un gesto pubblicitario, ma un atto forte che attende risposte. Lo stato deve difendere anche chi sta in periferia», dice Cassone, che ci riceve nel suo studio pediatrico, sotto un ritratto di don Bosco e un altro di papa Wojtyla, mentre fuori bambini in fila strepitano.
42 anni, tre figli, medico pediatra rieletto tra le file della Margherita con il 54 per cento dei voti (nonostante i Verdi corressero da soli con Grazia Francescato), cattolico moderato molto stimato a sinistra, dai Ds a Rifondazione, Rocco Cassone ha accolto allo stesso modo la carovana della pace meridionale diretta alla manifestazione del 20 marzo scorso contro la guerra in Iraq e i campeggiatori antagonisti contro il Ponte.
Il suo sfidante di centrodestra Francesco Siclari aveva tentato di scalzarlo, inutilmente, attaccando proprio il suo no al Ponte e sostenendo che quest'ultimo avrebbe portato 30mila nuovi posti di lavoro e più di 15mila nell'indotto, in una cittadina di 13.500 abitanti. «Come per la Torre Eiffel», «l'ottava meraviglia del mondo». E a chi gli parlava di mafia, rispondeva che «dove c'è sviluppo e ricchezza non c'è mafia».
Alla luce dei fatti, non pare così, anche se Cassone non crede che questi attentati siano opera della «grande mafia», semmai di piccoli interessi, ma non per questo sono meno pericolosi. Non si considera un eroe, «come la stragrande maggioranza dei miei concittadini», e non gli interessa avere una scorta perché «a cosa mi serve se i miei figli e mia moglie girano per il paese senza protezione?» Ed è convinto che ci sia qualcuno che vuole «abbattere un'amministrazione democraticamente eletta». «Hanno capito che non siamo vulnerabili e non vogliamo essere conniventi», spiega, «e per questo ci attaccano». Ha apprezzato la telefonata del ministro Pisanu, ma conferma le dimissioni «a meno di fatti eclatanti».
Quali? Per esempio il coinvolgimento del comune in tutte le opere che dovranno essere fatte sul territorio. Difficile che accada, perché ciò vorrebbe dire togliere poteri al governo e mettere bocca sulla legge obiettivo.
Gli interessi della `ndrangheta
Da queste parti la mafia si chiama 'ndrangheta e, dopo le sanguinose guerre degli anni `80, i traffici di droga e armi e l'edilizia selvaggia, oggi parla la lingua delle piccole intimidazioni, cresciute del 117 per cento nel 2003 in tutta la Calabria, e cerca di mettere le mani sulla torta dei appalti, da quelli per l'ampliamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria al Ponte sullo Stretto, appunto.
«Le minacce all'amministrazione sono sicuramente correlate al no al Ponte, e possono intrecciarsi con altri tipi di interessi», dice Peppe Carbone, che è stato l'ultimo segretario del Pci a Villa. Il fatto è che il piano regolatore non prevede il Ponte, e per questo si è dovuto modificarlo per consentire le cosiddette «opere di compensazione», quali la variante alle ferrovie, il porto turistico o lo spostamento a sud degli approdi, fuori dal paese. Appalti milionari, che consentirebbero al comune di liberarsi dello smog e del traffico causati dalle migliaia di auto, tir e pullman che quotidianamente devono imbarcarsi per la Sicilia, e contemporaneamente di aprirsi lo sbocco al mare precluso dalla ferrovia.
«Per noi le ferrovie sono state un impedimento allo sviluppo, perché rappresentano una barriera verso il mare», spiega Lino Mamone del Prc, assessore alla pubblica istruzione. In effetti, in molti tratti la spiaggia a Villa è solo un'intuizione, e puoi scoprirla solo inoltrandoti tra i cunicoli che passano sotto la strada ferrata. Le Ferrovie dello stato hanno proposto di interrare circa mezzo chilometro di binari, ma l'amministrazione ha detto no chiedendo l'interramento di ben quattro chilometri, corrispondenti a tutto il territorio di Villa. E' così che un paese contrario al Ponte paradossalmente potrebbe trarre un beneficio dal Ponte stesso, indipendentemente dalla sua costruzione.
Ed è così che chi è interessato a mettere le mani su appalti e subappalti potrebbe avere architettato le intimidazioni. Tutto ciò in attesa che comincino gli espropri e gli abbattimenti, gli sbancamenti e la costruzione di strade per consentire la circolazione dei duemila camion al giorno diretti ai cantieri.
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