Buoni affari con la pizza a impatto zero
A 27 anni il geometra Marco Roveda aveva l'auto blindata e l'aereo privato. «Soldi fatti con il mattone, come Berlusconi». Folgorato dalla rivelazione che la ricchezza «non porta la felicità» si ritira con la moglie Simona in Canton Ticino «a tagliare il fieno e a spaccare legna». Tre anni dopo, quando torna in Italia, trasforma i soldi del mattone in yogurt, budini, spremute della Fattoria Scaldasole. «Il mondo del biologico in Italia l'ho costruito io», dice. Ma chi ha la stoffa del «condottiero» non si rassegna a fare «il ragioniere che lima i costi». Così nel 1998 vende Scaldasole alla Plasmon e i 15 miliardi di lire che incassa li investe per creare LifeGate, «piattaforma per il mondo eco-culturale». Ora che di anni ne ha una cinquantina, Roveda ha una R4 rossa e - dice al manifesto - «una montagna di debiti». Alla Reuters, invece, dichiara più professionalmente che quest'anno LifeGate fatturerà 5 milioni di euro, che saliranno a 9 nel 2005, quando è atteso il breakeven. La meta per il 2006 è di quotare LifeGate in borsa. Azionariato diffuso, non è neppure il caso di precisarlo, per far diventare LifeGate «un patrimonio di tutti». Restasse un «capriccio di famiglia» - ora gli azionisti sono 38 - sarebbe «un errore atomico». LafeGate si autopresenta come «progetto per un mondo migliore», nata «per diffondere coscienza ecologica e promuovere uno stile di vita etico, ecosostenibile, equosolidale». E anche come «sfida imprenditoriale», per dimostrare che è possibile costruire un nuovo modello economico in cui convivano profitto, rispetto per l'ambiente e attenzione per il sociale. Il tutto è riassunto nella formuletta delle «tre E» (etico, ecosostenibile, equosolidale) e delle «tre P» (people, planet, profit). La novità rispetto al terzo settore sta nell'ultima P, nel profit che Roveda rivendica a viso aperto, sostenendo che l'equivalenza tra etico e non profit non è un dogma. «L'eticità non deve essere confinata al non profit, ogni imprenditore ha una resposabilità sociale». Sono cose che si sentono dire da secoli dai pulpiti e da un po' anche nei convegni di Confindustria. Però, Roveda le dice con un piglio da guru che stride con l'accento lombardo e le ha consegnate a un libretto di disarmante leggerezza (Perché ce la faremo, Ponte alla Grazie).
Le pentole e l'ascesi
Non ci occupiamo di lui in quanto pensatore. Ci interessa il mondo LifeGate come punto d'intersezione tra business e stili di vita, politica e costume. Un miscuglio dove i protocolli di Kyoto stanno insieme alla pizza a impatto zero, un'intervista al solido Wolfgang Sachs sul trasporto delle merci nella globalizzazione è seguita a ruota da quella a Maud Norwald Pollock, «inventrice» del Feeling Dissolve, un metodo «per trasformare le emozioni in energia fluida e creativa», un articolo sull'ascesi coabita con la pubblicità delle pentole Vip Trend Royal, «quattro strati di rivestimento interno contenenti nanoparti di ceramica, titanio e polvere di diamanti».
LifeGate è il marchio apposto a diverse inizitive che mirano a costituire una «comunità» o, quanto meno, un'affinity group. «Un centro di aggregazione degli eco-evoluti», lo definisce il fondatore, «non il rifugio di fighetti ricchi». LifeGate è un portale di notizie e approfondimenti su salute, ambiente, alimentazione, musica, libri, astri e... «ricerca del partner». Lo visitano 400 mila persone al mese, 60 mila si sono registrate e circa 5 mila hanno la «tessera» (24 euro l'anno) che dà diritto a sconti su tutte le proposte LifeGate (le cifre sono di fonte LifeGate). E' una radio, musica «fresca e accattivante» 24 ore su 24, ascoltata per ora solo in Lombardia da 800 mila persone alla settimana. Anche qui Roveda ha sogni di grandezza: un aumento di capitale di 14 milioni di euro su LifeGate Radio servirà a far incetta di frequenze nel resto d'Italia. Dice, «e non sto scherzando», di voler costituire «il terzo polo televisivo» perché solo così «potrà nascere la nuova società dei valori». LifeGate pubblica un magazine bimestrale, 100 mila copie, inviato gratuitamente agli associati, distribuito in erboristerie, negozi biologici, centri benessere. Da un anno LifeGate ha aperto a Milano una «Clinica olistica». Nell'ampio carnet delle offerte, dalla consolidata agopuntura al new age spinto, ci ha colpito la Music of the Brain che «sembra una magia, ma oggi è una terapia con basi scientifiche». La «terapia» consiste in questo: le frequenze cerebrali rilevate al paziente vengono «tradotte» in note, la partitura musicale eseguita al pianoforte è incisa su un cd, «tempo di consegna 4 giorni», da ascoltare a casa (200 euro, è il cd più caro del mondo). Ogni malessere ha la sua nota curativa: il Re, ad esempio, funziona per contrastare l'apatia, le tossine e il sovrappeso (fateci sapere).
Un ristorante e una pizzeria in via Orti, centro storico di Milano, sono gli ultimi nati nella nidiata LifeGate. Quando gli abitanti della via hanno scoperto che tavolini e ombrelloni del ristorante avrebbero occupato un bel pezzo di marciapiede c'è stata una mezza rivolta. Poi tutto è rientrato e il bar tabacchi di fianco, dove i pensionati vanno a bere il bianchino, ha messo fuori il suo ombrellone. Identico a quello di LifeGate. E' un'altra botta nel processo di imborghesimento (di gentrification, dicono gli americani con un termine più calzante) di via Orti, dove quando muore un vecchietto le immobiliari fanno festa. Essendo i prezzi di ristorante e pizzeria più abbordabili di quelli della Clinica olistica, li abbiamo provati (salvo un gaspacho fasullo, voto discreto). Il geometra Roveda gli affari li sa fare anche in cucina. Per assicurarsi la clientela più varia mette in tavola di tutto: tofu e seitan, prosciutto vegetale, latte di avena e eco-birra, ma anche carne in tutte le salse, pollo alla diavola e coca cola. Clientela in prevalenza femminile tra i 30 e i 40 anni. Sono loro le LifeGaters più ortodosse. A tavola ciacolano dell'ultimo film di Michael Moore e, senza soluzione di continuità, di quanto fa bene «dormire per terra». Si interrogano angosciate sulla strage di Beslan, ma impiegano dieci minuti buoni per decidere che insalata ordinare.
A fare la differenza rispetto a ristoranti e pizzerie normali sarebbero i «valori» di LifeGate, scritti sulle lavagne appese alle pareti: qualità della vita, cucina sana, rispetto delle persone, rispetto dell'ambiente, locale a impatto zero. Quanto al rispetto delle persone intese come lavoratori (LifeGate ha un centinaio tra dipendenti e colloboratori), il cameriere colombiano assicura che «è tutto in regola, la paga è buona». Sulla pizza a impatto zero ha le idee confuse. E c'è da capirlo, perché la faccenda è piuttosto tortuosa.
Impatto zero è il «metodo innovativo» con cui il vulcanico Roveda attua i protocolli di Kyoto prima che lo facciano Stati e governi. Il metodo «dà modo a tutti, persone e aziende, di quantificare l'impatto delle proprie azioni sull'ambiente, calcolando quanta anidride carbonica viene emessa nell'atmosfera, e offre la soluzione per compensarlo occupandosi della creazione di aree boschive in crescita in Italia e in Costa Rica». LifeGate ha «acquistato» - nel senso che si è fatta assegnare, pare di capire - Carbon Credit dal ministero dell'ambiente del Costa Rica e dal Parco del Ticino. Li «rivende» a chi per compensare le sue emissioni di Co2 versa quattrini che serviranno a piantare alberi. Nella transazione tra Co2 e alberi, un terzo dei quattrini resta a LifeGate, «per il servizio che svolge». Per mettere a impatto zero il suo ultimo tour di concerti Vasco Rossi ha scucito 65 mila euro, due terzi serviranno per rimboschire 124 mila metri quadrati in Costa Rica. La casa editrice Salani ha messo a impatto zero l'ultimo libro di Harry Potter e farà del bene a 500 mila metri quadrati di foreste, sempre in Costa Rica. LifeGate sostiene d'aver attivato circa 250 progetti, pari a un milione di metri quadrati. Chi fa i conti per quantificare quanta Co2 emette un libro, un concerto, una pizza? «Le università», risponde Roveda. Quali? «Tante, dipende dal tipo di attività che si vuol mettere a impatto zero». E chi certifica che i soldi finiranno davvero in alberi? «La società Bios, un organismo di controllo e certificazione autorizzato dal ministero delle politiche agricole e riconosciuto dalla Ue». Comunque, i san Tommaso possono verificare di persona, «le aree sono tutte visitabili», fanno parte di parchi e riserve che attuano programmi di ecoturismo.
Né partito né setta
L'uomo è fatto così. Decisamente spudorato e spregiudicato, per sua stessa ammissione. «Alle prime riunioni del biologoco mi presentavo con le scarpette eleganti, scandalizzando quelli con i sandali da frate e il dito fuori». Non si vergogna, coi tempi che corrono, a parlare di «via per la felicità». «Io sono felice e vorrei raccontare agli altri il mio percorso di vita, illuminare la strada». Illuminare? C'è puzza di santone. «Tranquilli, potevo essere un Berlusconi, ma non voglio fondare un partito e neppure una setta religiosa». A breve LifeGate si darà un comitato etico, «ma non sarò io a presiederlo, spero lo faccia il Dalai Lama. Io sono solo un eco-imprenditore». Premiato nel 1997 dalla Camera di Commercio di Milano come «imprenditore dell'anno per la qualità della vita». Nel 2002 LifeGate ha ricevuto da Assolombarda e Sole 24 Ore il premio speciale Cenacolo perché «ha saputo individuare un ventaglio di temi riassumibili in uno stile di vita estremamente attuale e in rapida espansione».
Tra Verdi e ambientalisti lombardi Roveda è conosciuto come un tipo bizzarro che ci sa fare parecchio, ma che finora non ha rifilato «bidoni». Conosciamo un tizio che per campare fa «massaggi sonori» soffiando nel didjeridoo, il grosso tubo suonato dagli aborigeni australiani. Roveda lavora su vasta scala, ma il mercato è lo stesso.
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