Il giorno della locusta
La terra riarsa brulica di giovani esemplari. Lentamente gli insetti si spostano facendo piazza pulita dei pascoli al ritmo contenuto di un chilometro al giorno. Poi, quando le zampe si sono adeguatamente sviluppate, attaccano gli alberi e si affollano sui tronchi con una densità di parecchie migliaia per metro quadro. L'ultimo stadio è quello dello sciame migratorio, in grado di percorrere 200 chilometri in un giorno con l'aiuto del vento. E di mangiare anche: una tonnellata di cavallette, ovvero la minima parte di uno sciame di medie dimensioni, è in grado di consumare in una giornata quanto 2.500 persone.
Da piaga biblica a «arma di distruzione di massa africana», come l'ha definita un giornalista della Mauritania, l'invasione delle locuste è un fenomeno stagionale come gli uragani del Golfo del Messico solo che - esattamente come gli uragani - il cambiamento climatico ne ha accresciuto la virulenza e le dimensioni. L'invasione di quest'anno, infatti, è la peggiore dal 1987, quando causò danni per 500 milioni di dollari.
Un fenomeno in espansione
Fino a questo momento la crisi delle locuste ha colpito principalmente i paesi dell'Africa Occidentale. Dalla Mauritania al Niger, considerati l'epicentro del fenomeno, nella scorsa primavera gli sciami sono migrati verso il Senegal e il Mali dove, inaspettatamente, si sono affacciati anche nelle città. L'infestazione riguarda un territorio grande quanto Maryland e New Jersey messi insieme ma, a differenza di questi ultimi, si tratta di paesi dipendenti dall'agricoltura e dall'allevamento con endemici problemi di sottoalimentazione. Paesi nei quali la distruzione del 50 per cento del raccolto significa una cosa sola: fame.
Che il fenomeno sia in espansione è cosa nota. La desertificazione avanza in tutte le direzioni, fino a lambire il sud dell'Europa. Quest'estate la regione Emilia ha buttato giù un piano, sollecitata dalle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena nelle quali, l'anno scorso, le cavallette hanno danneggiato i raccolti. Pessima notizia per gli agricoltori italiani ma buona per l'Africa che, in questo modo, potrebbe avere una chance in più per smuovere coscienze e portafogli. Fino a questo momento, malgrado gli appelli che risalgono al febbraio scorso e malgrado gli stanziamenti immediatamente annunciati alla stampa, di soldi veri ne sono arrivati ben pochi: dei 24 milioni di dollari promessi dai paesi donatori solo 4 si sono effettivamente materializzati.
Il problema è che il tempo rimasto è davvero poco. Il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, che ha presenziato ieri a Roma - in collegamento diretto con Ginevra - una conferenza stampa sulla crisi delle cavallette, stato categorico: restano 45 giorni per mettere sotto controllo l'invasione e contenere i danni. Altrimenti, come hanno illustrato i ricercatori presenti, nella primavera del 2005 si potrebbe assistere a un fenomeno inedito. Approfittando dell'avanzata del deserto gli sciami si stanno infatti lanciando alla conquista di nuovi territori: verso sud, in Gambia e Guinea, dove ci si aspetta che arrivino a dicembre; verso nord, dove si apre lo sterminato Magreb, dal Marocco alla Libia, passando per Algeria e Tunisia; e verso oriente dove, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero imboccare la lunga strada che, attraverso il Golfo conduce fino al nord dell'India.
Donatori virtuali
Per fermarle, quarantacinque giorni e cento milioni di dollari. Ma dollari veri, sottolinea Djouf, non come quelli promessi e stanziati, con rapidità consolante, dai paesi donatori. Dal canto suo la Fao ha tirato fuori di suo già 5 milioni per gli interventi d'urgenza, ma è chiaro che aspettare aumenta in modo significativo sia i costi che l'impatto ambientale. Intervenire prima che si formi lo sciame è più efficace e meno costoso perché quando le locuste sono in volo serve molto più pesticida - circa tre volte tanto - che a quel punto va irrorato con gli aerei, con ricadute ambientali facilmente immaginabili. Si tenta di contenere l'inquinamento attraverso un approccio integrato pensato, fra l'altro, per ridurre il rischio che le cavallette sviluppino una resistenza ai prodotti, come sempre accade quando si fa uso d'insetticidi. Soluzioni più pulite per l'ambiente e per la salute delle popolazioni, come i metodi di "lotta biologica" che utilizzano funghi per fare strage di uova, sono ancora a livello sperimentale e richiedono investimenti ulteriori. Se i donatori non reagiscono a un'emergenza che mette in pericolo la sussistenza di 200 milioni di persone, si può immaginare quanto interesse e sostanza dedichino ai programmi di prevenzione.
Meglio quindi aiutarsi da soli, dunque. I paesi del Magreb, Marocco e Algeria in testa, hanno rifornito Mauritania e Mali dei pesticidi prodotti a livello locale. La Fao ha spedito soldi, equipaggiamento ed esperti per addestrare il personale locale in una disperata corsa contro il tempo e contro l'indifferenza del mondo. E visto che le lettere spedite da Djouf ai G7, ai paesi produttori di petrolio e all'Unione europea non sono ancora riusciti a mobilitare le risorse promesse, si spera che l'invasione delle cavallette registrata l'agosto scorso nella megacattedrale di San Giovanni Rotondo smuova, se non le coscienze, almeno qualche santo in paradiso.
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