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Far riconoscere il debito ecologico dei paesi del Nord nei confronti dei paesi del Sud

Il debito ecologico è un debito dei paesi del Nord verso i paesi del Sud, prima colonizzati, oggi abilmente defraudati di qualsiasi cosa attraverso lo sfruttamento delle loro risorse naturali, l'esportazione dell'impatto ambientale, o l'utilizzo indiscriminato dello spazio planetario per lo scarico dei rifiuti.
27 settembre 2004
Sylvie Bourinet (Comité pour l'annullation de la Dette du Tiers Monde)
Fonte: www.zmag.org
2.08.09

Matta "Africa la futura" 1983 (83/24)  165 x 200 cm. private collection, Italy 1 - Un nuovo concetto da diffondere

Se tutti sanno più o meno in cosa consiste il debito finanziario dei paesi del Sud del mondo, la stessa cosa non vale per il debito ecologico, concetto che esiste da meno di 15 anni. Cosa significa? Il debito ecologico è un debito dei paesi del Nord verso i paesi del Sud, prima colonizzati, oggi abilmente defraudati di qualsiasi cosa attraverso lo sfruttamento delle loro risorse naturali, l'esportazione dell'impatto ambientale, o l'utilizzo indiscriminato dello spazio planetario per lo scarico dei rifiuti. Il debito ecologico, che ha avuto origine in epoca coloniale, da allora non ha mai smesso di aumentare. E' decisamente superiore al debito esterno (finanziario) del Sud verso il Nord (stimato in 2.500 miliardi di dollari circa), sebbene nessuna valutazione globale del debito ecologico sia stata ancora realizzata.

1.1. - Un concetto nato al Sud e sostenuto da molte organizzazioni

Verso il 1990 l'Istituto di ecologia politica del Cile ha coniato il concetto di debito ecologico. Descrivendo il cancro della pelle, provocato dalla diminuzione dello strato di ozono, questo istituto ha chiamato in causa i paesi ricchi per la produzione di CFC, i gas responsabili del cambiamento climatico, come ricorda Joan Martinez Alier, uno degli specialisti europei di debito ecologico, in un piccola pubblicazione disponibile in francese con il titolo: "Il debito ecologico - chi deve a chi?" scritto dal CDE (Collettivo per la diffusione del debito ecologico) e pubblicato da CADTM-Francia.(1) Nel 1992, a Rio de Janeiro, durante il Vertice della Terra, alcuni gruppi ecologisti hanno adottato un "documento di riferimento" in cui mettono in relazione il debito esterno del Sud verso il Nord con il debito ecologico, in cui i debitori sono i cittadini e le imprese dei paesi ricchi e i creditori gli abitanti dei paesi poveri. Il concetto ha proseguito il suo percorso e nel novembre 1999 a Johannesburg in Sud-Africa è stata lanciata la campagna internazionale per il riconoscimento e la restituzione del debito ecologico. Un anno dopo a Praga, nel settembre 2000, è stata creata l'Allenaza dei popoli del Sud creditori del debito ecologico (SPEDCA - Southern People Ecological Debt Creditors Alliance). All'interno della SPEDCA, citiamo i nomi di alcune organizzazioni particolarmente attive:

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Accion ecologica, (Ecuador), un'organizzazione che ha studiato tra l'altro i danni causati dalla compagnia petrolifera Texaco;

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Jubilé Sud, federazione di organizzazioni che lavorano soprattutto sul debito finanziario, creata in occasione della campagna Jubilé 2000 per la cancellazione del debito dei paesi poveri;

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OilWatch, la Rete di resistenza alle attività petrolifere nei paesi tropicali.

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Più recentemente anche gli Amici della Terra si sono impegnati nella battaglia per il riconoscimento del debito ecologico, richiedendo riparazioni per i danni causati alla biosfera e ai paesi del Sud del mondo.

2 - Il concetto

2.1. - Un debito legato allo stile di vita dei paesi ricchi

Prima di spiegare in modo più esatto in cosa consista il debito ecologico, sarà utile accennare al concetto di impronta ecologica. Secondo la definizione ufficiale, fornita dal ministero francese degli affari esteri alla Conferenza internazionale sullo sviluppo sostenibile, l'impronta ecologica è la superficie produttiva di suolo, di oceani e di mare necessaria a fornire le risorse necessarie al consumo di una popolazione e ad assimilare i rifiuti di tale popolazione. Ebbene, secondo l'ecologista Wolfang Sachs, se tutta l'umanità producesse, consumasse e inquinasse come i paesi "sviluppati", sarebbe necessario l'equivalente in risorse di altri quattro pianeti. L'impronta ecologica media di un abitante dei paesi ricchi si è quintuplicata tra il 1900 e il 2000. Tuttavia la torta Terra non diventa più grande e il 20% della popolazione mondiale continua a consumare l'80% delle risorse. Allora cosa fare se non reclamare l'equità e una redistribuzione più appropriata della ricchezza? Secondo Sachs, la barriera non è tra il Nord e il Sud, ma tra la "società trasnazionale" e la maggioranza sociale emarginata (gli 85 milioni di tedeschi, a parte un'esigua minoranza, fanno parte della società trasnazionale, così come 85 milioni di Indiani su più di un miliardo).

2.2 - Le quattro forme principali di debito ecologico

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Il debito del carbonioo in altre parole i cambiamenti climatici dovuti in gran parte all'emissione dei gas che producono l'effetto serra nei paesi industrializzati o nei paesi emergenti. L'aumento della temperatura terrestre induce un innalzamento dei livelli della superficie marina e i paesi più colpiti sono i paesi poveri. Come il Bangladesh, che rischia di perdere un quarto delle sue superfici coltivabili nel delta del Brahmaputra e del Gange, a causa dell'innalzamento del livello dell'acqua nel Golfo del Bengala. Chi si farà carico delle catastrofi umane che ne conseguiranno?

Alcuni sostengono che il cambiamento climatico rappresenta oggi una minaccia ben più grave del terrorismo.

Un'altra evoluzione grave che riguarda il pianeta Terra è quella scoperta da alcuni scienziati che hanno constatato come i raggi solari che raggiungono la superficie della Terra sono diminuiti del 10% in 50 anni, cioè del 2-3% per decennio. In regioni come l'Asia, l'Europa e gli Stati Uniti questa percentuale è ancora più alta (fonte: The New York Times, citato da Courrier international, 1-7 luglio 2004). Tale disfunzione non è ancora chiara agli scienziati, ma l'inquinamento sembra esserne la spiegazione principale.

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La biopirateria. Si tratta dell'appropriazione intellettuale delle conoscenze tradizionali legate alle sementi e all'utilizzo delle piante medicinali da parte dei laboratori dei paesi industrializzati e dell'industria agro-alimentare moderna. L'80 % delle risorse biologiche terrestri si trovano nella zona intertropicale e sono abbondantemente saccheggiate dai paesi del Nord, che offrono solo magri compensi monetari rispetto ai benefici che traggono dallo sfruttamento di tali risorse.

Ad esempio, l'albero Neem in India (Azadirachta indica o Acacia d'Egitto), uno dei sette alberi sacri degli inni Veda. E' venerato da tempi antichissimi (abbatterlo è peccato). Si crede che purifichi l'aria, i suoi rami vengono usati come spazzolino da denti, dai suoi frutti si produce un olio e dei piccoli pani che favoriscono la fertilità. Secondo Bruno Dorin e Frédéric Landy, autori dell'opera "Agricoltura e alimentazione dell'India", della sessantina di componenti interessanti del neem (componenti che la farmacopea indiana usa tra l'altro abbondantemente da tempi più o meno remoti) una rappresenta un potente insetticida, l'azadiractina (alla cui azione sono sensibili 200 tipi di insetti). Questa componente, è stata isolata in India dal 1960 e valorizzata in diverse forme, ma mai fatta oggetto di un brevetto. Un'azienda americana nel 1993 ha depositato un brevetto per un dentifricio a base di radici e semi di neem. L'anno successivo, nel 1994, è stato concesso un brevetto, contestualmente a una multinazionale (W.R. Grace) e al Dipartimento americano dell'agricoltura, per l'elaborazione di una formula pesticida dai semi dello stesso albero. Solo dopo molti anni di battaglie, nel maggio 2000, Vandana Shiva (RFSTE-Research Foundation for Science, Technology and Ecology, n.d.t.) è riuscita, con l'aiuto di moltissime altre ONG, a convincere l'Ufficio Europeo dei brevetti a revocare questa "licenza americana."

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I passivi ambientali. Si tratta del debito acquisito a causa dell'estrazione delle ricchezze naturali (come il petrolio, i minerali, le risorse forestali, marine e genetiche, ecc...) in condizioni di esportazione sotto-remunerata e che mina le possibilità di sviluppo dei popoli. Tali scambi sono ecologicamente iniqui poiché le risorse vengono esportate senza tenere conto dei danni sociali e ambientali che implica il loro sfruttamento, mettendo in pericolo la sovranità alimentare e culturale delle comunità locali e nazionali. Gli esempi di imprese che provocano un degrado spesso irreversibile dell'ambiente nei paesi poveri sono innumerevoli. Per esempio, in Ecuador, secondo informazioni di Accion Ecologica, la Texaco ha estratto negli ultimi 20 anni più di un miliardo di barili di petrolio. Nel corso di questo periodo, ha provocato la deforestazione di un milione di ettari di foresta tropicale umida, fughe di petrolio grezzo e di residui petroliferi inquinanti che si sono infiltrati nei fiumi amazzonici, ha bruciato grandi quantità di gas e costruito più di 600 siti per seppellire rifiuti tossici. In India, i processi seguiti alla catastrofe di Bophal del 1984 hanno accordato, dopo lunghe e dure battaglie giuridiche, risarcimenti di 150 dollari per ogni persona dceduta. Negli Stati Uniti, l'indennizzo sarebbe stato di 15.000 dollari!

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L'esportazione dei rifiuti pericolosi dai paesi industrializzati ai paesi più poveri. Diossina, apparecchi contenenti metalli pesanti, amianto, oli di motori usati vengono esportati nei paesi in via di sviluppo che accettano di stockarli a basso costo in condizioni indicibili sui propri territori. Le imprese dei paesi ricchi vi guadagnano abbondantemente approfittando dell'elasticità della legislazione dei paesi poveri.

2.3. - Perché pretendere il riconoscimento del debito ecologico?

Perché pretendere il riconoscimento del debito ecologico, come fa la la SPEDCA, cioè l'Alleanza dei popoli del Sud creditori del debito ecologico? In effetti si tratta di:

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Diminuire l'impatto del neoliberismo nel mondo, permettere ai popoli di difendere la propria sovranità alimentare ed energetica, la propria dignità, l'acqua, le sementi, la biodiversità, le conoscenze tradizionali, ecc. L'applicazione degli accordi di libero scambio provoca un aumento del debito ecologico dei paesi del Nord nei confronti dei paesi del Sud, poiché il libero scambio implica uno sfruttamento massimo delle risorse naturali da parte delle multinazionali, soprattutto petrolio, minerali, acqua, biodiversità. Ciò passa attraverso la costruzione di mega-progetti soprattutto nel settore dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni.

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Fermare il flusso iniquo di energie, di risorse naturali e finanziarie che vanno dal Sud al Nord.

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Mettere in evidenza l'illegittimità del debito esterno, molto meno importante del debito ecologico. La SPEDCA è favorevole a una moratoria sul rimborso del debito esterno, sostenendo così Jubilé Sud che chiede la cancellazione del debito finanziario dei paesi del Sud.

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Creare team multidisciplinari di esperti che procedano a una valutazione del debito ecologico paese per paese.

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Sostenere la richiesta di OilWatch di resistere all'estensione delle attività petrolifere all'origine delle emissioni di carbonio, esse stesse responsabili del riscaldamento climatico.

2.4. - Le conseguenze

Il debito ecologico è talmente grande che i Paesi del Nord non potranno mai rimborsarlo. Ma ciò che conta è più il futuro che il passato, come spiega il ricercatore catalano Joan Martinez Alier. L'obiettivo è di preservare le generazioni future. E' necessario ottenere dei risultati in due direzioni:

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è necessario tenere conto dei costi esterni nella valutazione della produzione agricola, industriale e dei trasporti, basandosi su criteri di sostenibilità, per esempio diminuendo le emissioni di carbonio.
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d'altra parte, è necessario cercare di quantificare, di valutare il debito ecologico. Bisogna introdurre la nozione di colpevolezza nella mentalità dei cittadini scialacquatori o addirittura vandali.

3 - Debito ecologico/debito finanziario - come confrontarli?

Quando il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale esigono la restituzione del debito finanziario, si esprimono esclusivamente in termini monetari. Riferendosi al debito ecologico si deve quindi usare lo stesso linguaggio. E' urgente pertanto valutare il debito ecologico, a ogni occasione possibile.

Certi impatti possono essere considerati reversibili. In questo caso la valutazione monetaria può essere utilizzata per stabilire le somme che i responsabili dovrebbero sborsare per cancellare e neutralizzare gli effetti di questi impatti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le conseguenze sono purtroppo irreversibili, come la perdita di vite umane o di biodiversità, tanto che (anche se potrebbe sembrare etico), contabilizzare questi impatti sarebbe alquanto arbitrario.

Tuttavia, ciò non ci può impedire di quantificare certi elementi del debito ecologico. Il non-senso della stima monetaria di certi aspetti del debito ecologico in ragione della sua portata e dell'irreversibilità dei danni causati, anziché limitare le ragioni della protesta, rende ancora più evidente l'importanza degli impatti prodotti.

4 - Cosa fare in Europa? La nascita di ENRED

Come abbiamo visto nel 1999 è stata lanciata dai paesi del Sud una campagna internazionale allo scopo di ottenere il riconoscimento del debito ecologico. Oggi, allo stesso scopo, sta nascendo la Rete europea per il riconoscimento del debito ecologico (ENRED, che corrisponde alla sigla inglese: European Network for the Recognition of the Ecological Debt).

4.1. - Le origini

La proposta iniziale proviene dall'Osservatorio del debito nella Globalizzazione (Spagna) e da CADTM-Francia (Comitato per l'Annullamento del Debito del Terzo Mondo). E' sostenuta dall'Alleanza dei Popoli del Sud creditori del Debito Ecologico (SPEDCA) nel quadro della campagna mondiale lanciata per ottenere il riconoscimento del debito ecologico.

4.2. - A cosa serve ENRED?

Questa rete ha l'obiettivo di stimolare e coordinare gli sforzi volti a ottenere il riconoscimento del debito ecologico che noi, paesi europei, abbiamo contratto verso i paesi impoveriti. Inoltre, mira a contribuire alla riduzione, o addirittura all'eliminazione del debito ecologico nel futuro. A tale scopo saranno proposte, incoraggiate e attivamente sostenute campagne condotte a livello europeo o mondiale.

La Rete è un movimento sociale di associazioni e di cittadini che mira a sviluppare la partecipazione attiva delle persone.

E' una rete democratica, plurale, aperta, indipendente da partiti e da confessioni.

La Rete non chiede solo il riconoscimento del debito ecologico passato o attuale. Si impegna anche a contribuire alla riduzione dell'accumulazione di questo debito in futuro. Si tratta per un verso di contribuire alla sensibilizzazione della popolazione europea, il cui stile di vita è il principale responsabile del debito ecologico. D'altra parte, la Rete intende fare pressione sulle istituzioni e altri attori chiave (organismi internazionali, multinazionali...) perché realizzino le politiche destinate a ridurre progressivamente tale debito.

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Nascita di ENRED in occasione del Forum Sociale Europeo di Parigi (novembre 2003). In questa circostanza è stato organizzato il primo incontro del progetto ENRED, seguito da una riunione nel gennaio 2004 a Mumbai. Erano presenti delegati spagnoli, italiani, irlandesi, inglesi, svizzeri, svedesi, austriaci, belgi e francesi. Altre organizzazioni tedesche, dei Paesi Bassi e di altri paesi hanno dichiarato di voler aderire alla rete.

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In Italia. 15 e 16 aprile 2004. Seminario a Bologna sul tema "Overturning the debt, for an economy of rights" (Cancellare il debito per un'economia dei diritti) il cui tema principale era il debito ecologico. Organizzato dall'associazione A Sud (www.asud.net), questo seminario, che si è tenuto in presenza di numerosi rappresentanti dei movimenti sociali italiani, ha permesso per la prima volta in Italia di discutere dell'importanza del riconoscimento del debito ecologico che il Nord ha verso il Sud.

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In Belgio. Un seminario è stato organizzato a à Bruxelles il 18 maggio 2004 dall'associazione VODO: "The concept of Ecological Debt: its meaning and applicability in International Policy "

Domande su ENRED

Vogliamo una semplice giustapposizione delle campagne nazionali o una campagna europea coordinata? La lotta per il riconoscimento del debito ecologico apre numerose questioni e campi d'indagine che raggiungono e unificano numerosi temi di lotta all'ingiustizia, alla povertà, al debito finanziario, alla distruzione dell'ambiente. Costituiremo una forza utile e efficace soltanto se sapremo organizzarci e lottare insieme. A livello europeo, è necessaria l'organizzazione di una campagna. L'Europa si costruisce anche attraverso i movimenti sociali. Il livello europeo non impedisce la realizazione di campagne nazionali. Ciascun paese può organizzare la propria campagna come preferisce, ma una campagna europea porterà necessariamente a un arricchimento dei nostri obiettivi e delle nostre azioni. La questione sarà dibattuta al III Forum sociale europeo che si terrà in autunno a Londra.

 

Note: (1) Tradotto in italiano dalla EMI, Bologna, 2003 (n.d.t.)
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