Il diritto alla terra
16.10.04
Cifre da assuefazione all'orrore: 850 milioni di persone nel mondo sono afflitte dalla fame, un numero maggiore soffre di carenze micronutrienti, oltre due miliardi sono poveri. Numeri in crescita: gli affamati erano 450 milioni nel 1981 (prima giornata dell'alimentazione), 800 nel 1996 (primo grande vertice a Roma). Ogni giorno muoiono, soffrono e si ammalano. Anche mentre «celebriamo» la 24esima giornata mondiale dell'alimentazione. Il 16 ottobre ricorre infatti l'anniversario della fondazione della Fao, che ha scelto per le giornate celebrative un tema cruciale: la «biodiversità per la sicurezza alimentare». La diversità biologica (o «biodiversità»), che include la variabilità di tutti gli organismi di qualsiasi origine e la complessità ecologica della quale fanno parte, è essenziale per l'attività agricola planetaria. E a morire di fame sono soprattutto i produttori di cibo, i custodi delle biodiversità. Nell'ultimo secolo, le azioni umane hanno mal sopportato luoghi e tempi dei processi naturali, hanno spesso distrutto, inquinato, ridotto elementi e specie, geni e organismi. Sete, fame, povertà sono cresciute, gli ecosistemi urbani hanno assunto proporzioni e ritmi incompatibili con quelli naturali e agricoli. Affermare i diritti alle e delle biodiversità è un tassello dell'identità della sinistra nel nuovo secolo.
Dal 29 giugno 2004 è in vigore una norma che obbliga tutti ovunque a conservare la biodiversità agricola: il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura. Ne sollecitiamo l'attuazione, anche da parte delle regioni (devono fare molto entro il 29 giugno 2005, in poco tempo, vista l'imminente scadenza elettorale). Nel 2005 ci sarà la prima conferenza dell'organo direttivo delle parti, decisiva per misure finanziarie e concreta cooperazione sostenibile, per superare errori e buchi del vertice Wto.
Per decenni abbiamo considerato separate alimentazione e gastronomia, fame e gusto, necessità e piacere, cultura orale e immaginario artistico, materia e sovrastruttura. Ora Slow food ha promosso «Terra madre» sul valore antropologico e spirituale della terra raccontato da 1200 diverse comunità (parallelamente al Salone del Gusto). Considero l' appuntamento mondiale della prossima settimana a Torino fondativo di ogni opzione politica sull'altro mondo possibile, su un mondo civile agricolo del quale la sinistra non può fare a meno, vero e povero (quantitativamente), sfruttato e indomito, umile e ricco (qualitativamente), biodiverso (rispetto all'Europa) e materialmente alternativo al neoliberalismo.
La conservazione delle risorse genetiche vegetali è la parte (costruttiva) di una strategia che diffida dell'uso di organismi geneticamente modificati. E' assurdo esporre l'intera agricoltura italiana alla contaminazione irreversibile da ogm. Siamo stati sempre consapevoli dei limiti di politiche solo conservative. Abbiamo sempre distinto la questione delle biotecnologie dalla questione degli Ogm, il cibo dai farmaci, sappiamo bene quanto siano importanti innovazione e ricerca, assumiamo il principio di precauzione in tutte le sue implicazioni, riconfermiamo che la lotta alla fame ha bisogno innanzitutto di aiuto (e aiuti finanziari) alla sovranità alimentare. Per questo è inadeguato l'impegno G8 sulla riduzione del debito, ridicolo lo 0,11 % di cooperazione italiana sul Pil, consuntivo 2004, positiva la dichiarazione proposta da Lula e firmata prima della recente Assemblea Onu. Il recente Nobel per la pace alla straordinaria biologa Wangari Maathai del Green Belt Movement conferma la fertilità della filiera: pace, agricoltura, biodiversità, sicurezza, sviluppo sostenibile. Già nella sessione parlamentare finanziaria siamo disponibili ad avanzare proposte di riconversione agricola coerenti con il Trattato internazionale. E riteniamo utile una normativa quadro che coordini e completi le positive esperienze di banche dei semi e del germoplasma, promuova un piano nazionale di ricerca, aiuti l'autonomia sementiera, garantisca diritti degli agricoltori e partecipazione, contabilizzi gli impatti (quanta acqua, quante emissioni per ogni «prodotto» agricolo), promuova un'Agenda XXI rurale. Senza dimenticare che l'Italia non ha mai approvato il piano nazionale sulla biodiversità.
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