Perché Putin sta facendo marcia indietro su Kyoto?
Perché, la scorsa settimana, il presidente Vladimir Putin ha deciso di ratificare il Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici, solo sei mesi dopo che il suo consigliere presidenziale, Andrei Illarionov, l'aveva definito un "accordo fatale"? Un motivo è che l'Unione Europea ha offerto ai Russi visti turistici gratuiti per i 25 paesi del blocco ed il supporto dell'UE per l'ingresso della Russia nell’Organizzazione mondiale del commercio.
L'altro motivo è che i Russi non sono stupidi.
Solo pochi mesi fa, la Russia e l'UE sembravano lontani anni luce sulla questione del riscaldamento globale. Illarionov, nel suo discorso a San Pietroburgo ad aprile, aveva superato perfino l'amministrazione Bush mettendo in guardia sul fatto che i limiti imposti a Kyoto sull'emissione di biossido di carbonio avrebbero represso l'economia russa al pari di "un gulag internazionale o di Auschwitz."
Illarionov sembrava vivere in un mondo diverso da quello dei commissari dell'UE, come David King, principale consigliere scientifico del governo inglese che, a luglio, disse: "Stiamo passando da un periodo temperato al primo periodo caldo che l'uomo abbia mai sperimentato da quando ha messo piede sul pianeta."
Mentre la concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera è passata, nel corso di milioni di anni, da 200 parti per milione all’inizio delle ere glaciali, a 270 parti per milione durante i periodi di riscaldamento tra di esse, noi abbiamo ora raggiunto la soglia di 379 parti per milione e questa cifra sta aumentando di 3 ppm all'anno.
Se la tendenza attuale continuerà, sostiene King, alla fine di questo secolo la Terra sarà completamente priva di ghiaccio per la prima volta da quando, 55 milioni di anni fa, "l'Antartide era per i mammiferi il posto migliore in cui vivere e nel resto del mondo la vita umana non trovava sostentamento."
Le posizioni sembravano totalmente inconciliabili ed ora, improvvisamente, la Russia sta per ratificare Kyoto. Il trattato che l'amministrazione Bush credeva di aver ucciso è di nuovo in vita. Perché?
Il protocollo di Kyoto doveva essere ratificato dai paesi che insieme raggiungessero il 55 per cento della produzione di biossido di carbonio del mondo industrializzato. Dunque la posizione contraria degli Stati Uniti e dell’Australia, sua compagna fedele, (gli USA da soli producono il 25 per cento delle emissioni del mondo industrializzato) rendevano l'approvazione della Russia (17 per cento) assolutamente indispensabile.
Una volta che la Russia avrà dato la sua approvazione, comunque, i regolamenti di Kyoto saranno resi effettivi entro 90 giorni.
L'amministrazione Bush si illudeva che la Russia fosse veramente contraria a Kyoto; Mosca stava solo giocando a farsi desiderare. Gli scienziati russi capiscono l'urgente bisogno di rallentare i cambiamenti climatici esattamente come i loro colleghi del resto del mondo, e la conclusione di tutti i vecchi progetti industriali russi ad alte emissioni implicano che la Russia avrà meno difficoltà a venire incontro ai limiti di Kyoto rispetto a quasi ogni altro paese.
In effetti, la Russia probabilmente si ritroverà con quote annuali per le emissioni di carbonio ampiamente inferiori.
Gli investitori sul nuovo mercato del carbone di Londra, dove alla notizia dell'imminente ratifica di Mosca il prezzo del biossido di carbonio è aumentato del 20 per cento sugli 11 dollari per tonnellata, prevedono che la Russia guadagnerà circa 10 miliardi di dollari l'anno vendendo la sua quota di carbone non utilizzata a quei paesi che non riescono a raggiungere la loro quota.
L'unico motivo per cui Mosca ritardava la ratifica è che l'amministrazione Bush ha dato alla Russia l’equivalente di un diritto di veto sul trattato, e la Russia ne ha approfittato per estorcere maggiori concessioni all'Unione Europea. Quel gioco è finito, ora che succederà?
Gli Stati Uniti certamente non ratificheranno Kyoto nell'immediato futuro. Tuttavia, il trattato impone ai rivali industriali dell'America una disciplina sull'uso dell’energia che, alla lunga, li renderà più efficienti e li spingerà all'uso di nuove tecnologie. Le preoccupazioni per la competitività economica potrebbero indurre gli Stati Uniti a tornare al tavolo di Kyoto perfino prima che prove tangibili del cambiamento climatico convincano l'opinione pubblica americana del bisogno di un passo indietro.
E che dire delle accuse secondo cui i tagli alle emissioni inquinanti richiesti da Kyoto non risolveranno il problema? Questa accusa è mossa, in genere, da coloro che in realtà non vogliono alcuna limitazione alle emissioni di carbonio, e si basa sulla supposizione (deliberatamente fuorviante) che le attuali quote di Kyoto siano quelle finali. Di certo, non lo sono.
Il compito più urgente, dopo la firma del trattato nel 1992, era affermare con decisione il principio secondo il quale tutti gli stati hanno il dovere di limitare l'emissione dei gas serra in grado di modificare il clima e di frenare il continuo aumento delle emissioni.
Il Protocollo di Kyoto del 1997 andò oltre la semplice stabilizzazione e impose un taglio del 5 per cento sulle emissioni dei paesi industriali entro il 2010.
Tuttavia, alcuni paesi in via di sviluppo come la Cina e l'India furono esonerati dal rispetto delle quote fino al successivo ciclo di contrattazioni, in virtù del fatto che i problemi attuali erano stati causati per la maggior parte dai paesi sviluppati.
Le consultazioni sugli obiettivi del prossimo incontro, previsto per il 2020, inizieranno nel 2008. Essi dovranno comprendere tagli molto più pesanti alle emissioni di biossido di carbonio da parte dei paesi industriali, e questa volta anche i paesi in via di sviluppo dovranno essere inclusi nelle limitazioni.
In definitiva, gli scienziati stimano che saranno necessar tagli di circa il 60 per cento i per evitare rapidi cambiamenti climatici, estinzioni di massa, e catastrofici innalzamenti del livello del mare.
Ma almeno il principio che ogni paese è responsabile del clima globale è stato accettato, e la stabilizzazione delle emissioni dei paesi industriali, fatta esclusione per USA e Australia, è in via di attuazione.
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