Ogm, i rapporti pericolosi tra scienza e potere
Grazie a Greenpeace veniamo a conoscenza, solo ora, di un rapporto stilato dalla Commissione per la cooperazione ambientale del Nafta (North American Free Trade Agreement) (completato a giugno e da qualche giorno pubblicato sul sito di Greenpeace* che raccomanda al Messico di mantenere la moratoria sul mais transgenico proveniente dagli Usa per preservare la propria biodiversità.
Che un’organizzazione per il “libero commercio”, qual è il Nafta, metta in guardia dalla contaminazione genetica provocata dalle sementi geneticamente modificate è sicuramente un gran passo in avanti. Gli Stati Uniti d’America, afferma il Nafta, dovrebbero trasformare in farina tutto il mais che esportano in Messico proprio per evitare l’altrimenti inevitabile contaminazione. Sono anni, infatti, che molti studi avevano dimostrato come la contaminazione genetica stesse mettendo a repentaglio l’esistenza d’innumerevoli varietà locali di mais (si veda il sito dell’ETC), che nella competizione con i loro parenti da laboratorio soccombono quasi sempre.
Il Rapporto in questione deve essere stato considerato come un vero e proprio attacco agli enormi interessi dell’industria agrobiotech e non è un caso, quindi, che il governo degli Usa abbia bloccato a lungo la sua pubblicazione.
Il ricorso statunitense al Wto contro la moratoria europea sugli ogm (1998) dovrebbe a questo punto essere insostenibile. Purtroppo, però, la Commissione europea non sembra propensa, come ricorda Federica Ferrario, responsabile campagna ogm di Greenpeace, a sostenere gli Stati membri nella loro posizione orientata al “principio di precauzione”. «La Commissione ha usato la vertenza al Wto come scusa per imporre l’approvazione di nuovi ogm in Europa nonostante la preoccupazione di diversi Stati membri sulla loro sicurezza. Ha anche minacciato azioni legali contro gli Stati che mantengano la moratoria sugli ogm, sotto accusa da parte degli Stati Uniti».
Questa vicenda conferma che intorno ai semi transgenici si giocano relazioni di potere di grande rilevanza, che vedono lobbies economico-finanziarie muoversi attraverso differenti istituzioni nazionali e sopranazionali, contro la volontà dei consumatori, di alcuni Stati e, adesso, anche contro un’organizzazione creata al fine di promuovere il “libero commercio”.
Quando parliamo di ogm, tuttavia, si tratta anche di confrontarsi con le nuove frontiere della scienza. Ed è per questo che è necessario seguire iniziative serie come quella che si è realizzata nell’ambito del primo Congresso internazionale del Consiglio dei Diritti Genetici sull’ingegneria genetica, tenutosi a metà ottobre a Lastra a Signa.
Da criticare duramente, invece, le iniziative di natura diversa come quella che si è svolta a fine settembre a Roma presso l’università gregoriana e promossa dall’ambasciata statunitense presso la Santa Sede, con un titolo che la dice lunga quanto a ideologia: «Nutrire un mondo affamato: l’imperativo morale delle biotecnologie». Ovviamente si è trattato di un convegno a favore degli ogm in agricoltura che definire apologetico e mistificatorio sarebbe riduttivo. Solo per fare un esempio, gli studi presentati sul cotone bt in Cina si fermavano al 2001 – al fine di mostrare gli aumenti delle rese, rilevati, però, su un arco di tempo troppo breve per essere scientificamente attendibili – e non consideravano i dati successivi di segno opposto. Per non parlare del fatto che non si è fatta alcuna menzione degli alti costi per l’acquisto dei semi da parte dei piccoli contadini, che oltre tutto continuerebbero a dover usare fitofarmaci di sintesi. Nessun contraddittorio, nessun cenno ai rischi e ai danni ambientali e umani che possono provocare.
Speriamo quindi che il messaggio contenuto nel rapporto del Nafta dia un ulteriore sostegno a quella larga maggioranza di persone che, in nome della precauzione, chiedono un uso delle nuove tecnologie più critico e attento. Solo una mobilitazione e sensibilizzazione informativa sempre più ampia potrà infatti porre un argine allo sfruttamento della vita a fini privatistici e mercantili.
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