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Il nucleare uccide

Non era andato là per morire, il giovane di Avricourt di cui non posso scrivere il nome, non voleva compiere un suicidio dimostrativo: si è posto davanti alla macchina mortale, che non gli è stata benevola come il leone di Don Chisciotte.
11 novembre 2004
Guido Ceronetti
Fonte: www.lastampa.it
11.11.04

Tremendamente significativa - ma subito fatta sparire, subito affidata all’Opera di Dimenticanza - la morte di quel ragazzo ventenne, ad Avricourt, in Lorena, le gambe amputate dal treno che voleva fermare, uno dei tanti treni fantasma che s’incrociano da Est a Ovest, da Ovest a Est, dappertutto in Europa di Unione e fuori unione, trasportando, delle centrali nucleari che abbiamo disseminato truccandole da Energia Pulita, le micidiali vomitature.
E’ accaduto il 7 novembre. Non ho trovato neppure il nome di questo autentico eroe civile. Mi sembra di udire uno stuolo d’imbecilli commentare: -Se l’è proprio voluta...- Ma lo ha fatto per tutti, questo giovane sfidante di potenze e poteri disumani: anche per voi che nelle vostre accecate sordità preferite crogiolarvi nello smog di una stupida indifferenza, smaniosi di farvi convincere che le faccende legate all’ambiente, all’avvelenamento della biosfera, della nutrizione umana, della guerra totale alla natura, sono irrilevanti, meritevoli per lo più di distrazione.

Purtroppo, il vivente è uno, intelligenti e canaglie, sapienti e folli nello stesso groviglio, un’unica smisurata Nave dei Pazzi li porta tutti alle rapide senza scampo. Mentre i treni delle scorie maledette percorrono in ogni senso l’Europa, e a Cernobil, a Sezana, a Creys Malville il gozzo dei draghi silenziosi cova l’eruzione, un rapporto di geologi annuncia lo scioglimento accellerato dei ghiacci dell’Artico. Trent’anni fa vennero trovati i nostri rinomati pesticidi nel fegato dei pinguini: c’è una relazione. Divino e straziante è il pensiero dell’unità del vivente, più forte di tutte le teologie.

Un filosofo come Cornelius Castoriadis, che non apparteneva né a Greenpeace né al New Age, nei suoi ultimi scritti con fervore lo sosteneva: il problema N. 1 dell’umanità, e dunque di chi pensa, oggi, è quello ecologico, e non ci sono scappatoie. Ma è un albero che ha radici e ramificazioni sterminate: sempre più si svela di essenza rivelativa, aver valore di segno e di enigma, essere una partita a scacchi angosciosa col nostro destino di morte, un’intersecazione del tragico e del metafisico. Che cosa, dunque, di più (direbbe Heidegger) «degno di pensiero»? Al confronto anche eventi di storia mondiale come il terrorismo e l’attacco islamico all’Occidente non sono che dei sinistri diversivi.

Un’ovvia verità, che si continua a non voler vedere, era ciò che delle centrali scriveva, nel 1982, il fisico seguace di Gregory Bateson, Fritjof Capra (The turning point): «Oggi stiamo acquisendo la sgradevole consapevolezza che l’energia nucleare non è né sicura né pulita e neppure economica. I 360 reattori nucleari che operano oggi su scala mondiale, e le centinaia di altri allo stato di progetto, sono diventati una grave minaccia per la nostra salute. Gli elementi radioattivi liberati dai reattori nucleari sono gli stessi che costituiscono le ricadute delle esplosioni di bombe atomiche. Migliaia di tonnellate di questi materiali tossici sono già state scaricate nell’ambiente da esplosioni nucleari e da perdite accidentali dei reattori». (Ancora non c’era stato Cernobil).

Non era andato là per morire, il giovane di Avricourt di cui non posso scrivere il nome, non voleva compiere un suicidio dimostrativo: si è posto davanti alla macchina mortale, che non gli è stata benevola come il leone di Don Chisciotte. Sperava di fare arretrare il mostro col soffio e le braccia, di vederlo per magia mentale accucciarsi, e nella tragica scommessa ha perso le gambe e la vita. Un martire, alla lettera - si può ben dire. Adoperiamo per il giusto verso le parole. Vengono detti martiri dei poveri esseri robotizzati, autori di ripugnanti stragi d’innocenti trasformando se stessi in animali sacrificali di maleficio: il termine è stato sbattuto nel fango. Ritrova per noi, cui un cuore rimane, il suo valore intatto, di fronte al sacrificato del treno di Avricourt.

Ma non c’erano soltanto, a bordo della locomotiva, dei macchinisti in tuta antiradiazioni incapaci di scorgere tempestivamente quel bipede assurdo della fraternità umana. C’era, invulnerabile dalle barre al plutonio, una notevole folla di capi di stato, di presidenti di tutti i formati, di illustri premiati di facoltà scientifiche, di gravi mentitori di teleschermo e di colonne di giornale... C’erano gli spruzzatori e i venditori di OGM, i fabbricanti ben quotati in borsa di tutti i veleni alimentari, i segatori di Amazzonie, i riscaldatori di tutti i ghiacciai del mondo. -Togliamo di mezzo quel noioso insetto senza pungiglione!- hanno pensato.

 

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