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220 mila tonnellate di scorie dalle centrali nucleari

Quelle italiane più pericolose sono state parcheggiate in Francia e Inghilterra, ma potrebbero finire in Russia
17 novembre 2004
Giorgio Salvetti
Fonte: www.ilmanifesto.it
9.11.04

Con il petrolio a 50 dollari al barile, si torna a parlare con insistenza dei pregi dell'energia nucleare: sarebbero stati elevati i parametri di sicurezza e i costi, si dice, sarebbero convenienti. Proprio la Francia sta per costruire un nuovo reattore di terza generazione e aumentare quindi la produzione di energia elettrica di origine nucleare che già ammonta al 78%. Non va però dimenticato che ai costi per la costruzione e il funzionamento dei reattori vanno aggiunti i costi per lo smaltimento delle scorie. Una montagna di rifiuti radioattivi altamente pericolosi e con periodi di decadimento molto elevati: perché la radioattività degli scarti si riduca sotto i livelli di rischio occorrono fino a 1000 anni.

Centrali elettronucleari e impianti di arricchimento e ritrattamento del combustibile nucleare hanno finora prodotto in tutto il mondo circa 220mila tonnellate di scorie: nel 2005 si stima aumenteranno a 270mila. A queste cifre vanno aggiunte le scorie che rimangono nel caso in cui una centrale vada smantellata, in questo caso si tratta di materiale meno radioattivo ma più abbondante: due volte e mezzo superiore alle scorie prodotte in 40 anni di funzionamento dell'impianto stesso. Alle scorie va poi aggiunto il plutonio che deriva dalla lavorazione del combustibile nucleare: i paesi dell'Ocse ne producono circa 50 tonnellate all'anno, senza contare le 250 tonnellate di plutonio per uso militare. Il periodo di decadimento del plutonio arriva addirittura a 250mila anni.
In Italia, nel 2005, secondo un rapporto di Greenpeace, si raggiungeranno le 90 mila tonnellate di scorie: 55 mila metri cubi sono già stati prodotti dalle centrali ormai chiuse, di cui 35mila sono stoccate proprio nei vecchi impianti. A queste vanno sommati i rifiuti radioattivi di ospedali e impianti industriali e altre 60 mila tonnellate derivanti dallo smaltimento delle vecchie centrali.

Fortunatamente, il 98% di queste scorie è di bassa attività e può essere stoccato in depositi di superficie. Ma ci sono 1500 tonnellate di materiale irraggiato proveniente dai vecchi impianti di Latina e Garigliano altamente radioattivo stoccato in Inghilterra, a Sellafield, per essere trattato e ricavarne uranio e plutonio. Secondo gli accordi con gli inglesi, dovrebbero già essere rispediti al mittente anche se l'Italia sta trattando per prolungare i tempi di stoccaggio, probabilmente in attesa di poter trasferire lo scomodo carico in Russia. Altre 62 tonnellate di materiale irraggiato non inviato al riprocessamento in Gran Bretagna sono invece immagazzinate nel reattore disattivato Superphenix a Creys Malville, in Francia, ma anche queste dovrebbero rientrare entro il 2007; già dal prossimo anno potrebbero iniziare le operazioni di trasporto a meno di ottenere una proroga e mandare il tutto in Russia.

Anche di questo avrebbero parlato Berlusconi e Putin nei giorni scorsi. L'ipotesi è che si stia studiando un piano per inviare i rifiuti radioattivi italiani a Mayak, la celebre discarica nucleare negli Urali dove negli anni `50 vennero gettate le scorie nel fiume contaminando 250 mila persone e dove nel 1957 un'esplosione pari alla metà di Chernobyl contaminò altre 272 mila persone. Ora Putin ha deciso di riaprire l'area per importare scorie fino a 20mila tonnellate in cambio di 20 miliardi di dollari.

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