Il collasso del pianeta
E’ ormai impressionante constatare quanto i nostri modelli di produzione e consumo procurino quotidianamente danni, per lo più irreparabili, al pianeta che abitiamo. Sotto il rullo compressore del cosiddetto sviluppo che avanza per mezzo dell’incitamento al consumo e dell’ “insidia” di una bassa crescita economica ci è finito il mondo intero.
L’ambiente è considerato al di fuori della sfera degli scambi commerciali, per cui nessun meccanismo di controllo si oppone alla sua distruzione. La concorrenza porta i Paesi ricchi a sfruttare la natura senza nessun controllo, e quelli poveri a esaurire le risorse non rinnovabili in una spirale suicida. Noi occidentali stiamo dilapidando il patrimonio naturale più rapidamente di quanto si possa rigenerare.
L'"impronta" di un americano medio è doppia di quella di un europeo e ben sette volte quella di un asiatico o di un africano. Consumiamo il 20% in più delle risorse naturali che il nostro Pianeta può produrre, mentre le popolazioni delle specie animali sono diminuite in media del 40% tra il 1970 e il 2000: del 30% le specie terrestri e marine, del 50% quelle d’acqua dolce.
Tutto ciò è la conseguenza diretta della crescente domanda umana di risorse alimentari, di energia e acqua. In particolare lo sfruttamento delle risorse energetiche e’ aumentato di circa il 700% tra 1961 e 2001. Sono queste le principali conclusioni cui giunge il Living Planet Report 2004, il rapporto che viene pubblicato ogni due anni con l’obiettivo di “misurare” l’impatto della presenza umana sulla Terra.
Il pianeta insomma sta collassando, e invece di lavorare a un’alternativa che eviti l'esaurirsi delle risorse naturali, si continua irresponsabilmente a ragionare su palliativi che prendono più che mai impropriamente il nome di “sviluppo sostenibile”, sofisma dietro il quale si nasconde “una guerra economica contro gli uomini e degli uomini contro la natura”.
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