Più rischiosi di Chernobyl
2.12.04
In gergo tecnico si definiscono «accident prone». Tradotto vuol dire che i sottomarini nucleari «possono subire vari tipi di incidenti, anche molto gravi, con frequenza notevolmente maggiore rispetto ai sistemi nucleari civili». Incidenti come quello al sommergibile inglese Tireless, nel maggio 2000, o allo statunitense Hartford, nell'ottobre 2003, non sono affatto casuali. Le cifre parlano di 12 emergenze nucleari e oltre 100 emergenze radiologiche negli ultimi 40 anni. E, a quanto si sa, sei sottomarini nucleari - due Usa e quattro russi, ultimo dei quali il Kursk - giacciono in fondo ai mari con il loro reattore in seguito a incidenti, e non si conoscono gli effetti sull'ambiente visto che i sottomarini in genere sono progettati per resistere alla pressione del mare non oltre i 500 metri di profondità. A sostenerlo è un approfondito studio realizzato da Francesco Iannuzzelli dell'associazione telematica Peacelink, Francesco Polcaro del Cnr e Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino. Secondo la ricerca, nel mondo oggi circolano 160 sottomarini nucleari russi, inglesi, francesi e soprattutto americani. Pur essendo la loro produzione antieconomica, tanto che l'industria civile non ne utilizza, negli States il problema è il legame tra le due industrie che in regime di semi-monopolio li costruiscono, il Pentagono e la Casa bianca. La General Dynamics ha versato ai partiti dal gennaio 2003 1,3 milioni di dollari, di cui il 64% ai repubblicani, e la Northrop Grumann 1,24 milioni, il 58% ai repubblicani.
Il mare Mediterraneo, nuova frontiera militare tra occidente e paesi arabi, è quello che maggiormente ne fa le spese. Da qui l'allarme per la sicurezza, dovuto all'alto numero di incidenti e all'inquinamento radioattivo nei mari e nei porti in cui sostano, alla gestione delle scorie e del reattore, una volta che il sommergibile sarà smantellato.
L'incidente più comune, lo stesso accaduto al Tireless, è l'avaria all'impianto di raffreddamento «con perdita di refrigerante», «un incidente pericoloso perché può generare il surriscaldamento del reattore», tanto che nelle centrali nucleari esiste un sistema di raffreddamento d'emergenza che nei sottomarini non c'è. Secondo gli scienziati «ci ritroviamo con il paradosso che reattori nucleari che non otterrebbero la licenza di esercizio in nessuno dei paesi che utilizzano l'energia atomica, circolano invece liberamente nei mari», in «condizioni operative pericolose per via del loro impiego militare anche in tempo di pace, che possono comportare altri incidenti (esplosione di siluri, collisioni, urti con il fondale) dalle conseguenze pericolose per il reattore a bordo».
Ma allora perché ostinarsi a tenerli in funzione? Perché «non ci sono i soldi per smantellarli», è la risposta dei tre esperti.
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