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Nucleare, l'ultima furbata di Berlusconi

Secondo l'attuale governo la soluzione dei problemi economici, energetici, produttivi del paese può essere cercata nella costruzione di centrali nucleari.
25 gennaio 2005
Giorgio Nebbia

Berlusconi Silvio Toh, chi si rivede? Il nucleare! L'ultima furbata di questo governo è dar d'intendere agli italiani che la soluzione dei problemi economici, energetici, produttivi del paese può essere cercata nella costruzione di centrali nucleari. Nel 1976, quando il governo di allora propose la costruzione di decine di centrali nucleari per far fronte all'aumento del prezzo del petrolio, l'associazione Italia Nostra pubblicò un manifesto in cui sosteneva che "l'energia nucleare non è economica, né pulita, né sicura". L'affermazione vale ancora oggi, trent'anni dopo.

I "bassi" costi del nucleare, diffusi dai potenti "avvocati" di questa fonte energetica, non tengono conto dei molti costi monetari associati all'intero ciclo del combustibile, da quando l'uranio viene "arricchito" per renderlo adatto alla fissione nei reattori, ai costi associati al ritrattamento del "combustibile irraggiato" che deve essere estratto periodicamente dai reattori e che contiene plutonio e i prodotti di fissione, ai costi associati alla sepoltura, per centinaia e migliaia di anni, isolati dall'ambiente naturale e dalle acque, delle grandi quantità di materiali radioattivi, le inevitabili code velenose della produzione dell'elettricità.
I costi dell'elettricità nucleare sono stati fatti apparire più bassi del reale anche perché, per decenni, c'è stato un "mercato" per il plutonio destinato alla costruzione di bombe nucleari, ma ora i militari delle superpotenze di plutonio ne hanno abbastanza, e il plutonio è una scomoda scoria, anzi la più scomoda, pericolosa e tossica delle scorie. Altri costi devono essere affrontati per tenere nascosto e segregato il plutonio per evitare che cada nelle mani di paesi e di gruppi terroristici interessati alla proliferazione della violenza e delle armi nucleari.

Ma, a parte le catastrofi di Three Mile Island (1979) e di Chernobyl (1986) e le decine di altri incidenti nei reattori e negli impianti di ritrattamento e separazione delle scorie, con danni ambientali e costi umani, la principale trappola del nucleare riguarda la sistemazione del combustibile irraggiato e delle scorie.
Si tratta, come è noto ai lettori, di plutonio e atomi transuranici tutti radioattivi, dei frammenti radioattivi che si formano nella fissione dei nuclei di uranio e plutonio quando si libera il calore che a sua volta genera l'elettricità, dei nuclei radioattivi di attivazione che si formano nei materiali da costruzione del reattore durante gli anni di funzionamento e che devono essere sistemati quando la centrale ha finito la sua vita utile.
Decine di migliaia di tonnellate di materiale radioattivo nella sola Italia, milioni di tonnellate nel mondo, da isolare per secoli da qualsiasi contatto con esseri viventi e con le acque. E nessuno sa dove sistemarle.

La più avanzata proposta, una serie di caverne nella Yucca Mountain nel Nevada, negli Stati uniti, non è ancora approvata dalle autorità ambientali americane come deposito "eterno" di scorie radioattive.
Ai lettori e ai nostri governanti raccomando la lettura del volume "Il futuro dell'energia nucleare" (integralmente disponibile nel sito Internet "http://web.mit.edu/nuclearpower/pdf") redatto da un gruppo di studiosi e pubblicato nel novembre 2003. Il documento indica che, se è vero che la produzione di elettricità da fonte nucleare non libera gas responsabili dell'effetto serra e dei mutamenti climatici, gli ostacoli per una sua resurrezione sono costituiti dai costi dell'elettricità, dai pericoli di proliferazione nucleare, dalla difficoltà di sistemazione perpetua delle scorie. Quest'ultimo è "il problema" per eccellenza. Il fisico americano Alvin Weinberg, uno dei sostenitori dell'energia nucleare, disse chiaramente, nel 1972, che la scelta nucleare comportava un "patto faustiano"; si sarebbe potuto avere energia anche abbondante a condizione che la società che fa questa scelta fosse in grado di garantire istituzioni stabili, sicure, capaci di fare la guardia con continuità, fedeltà e sicurezza per millenni ai depositi di scorie.
Se si pensa alla commedia della proposta del deposito di scorie a Scanzano in Basilicata, si vede che col nucleare un tale patto non è proprio il caso di farlo.

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