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L'industria degli additivi alimentari

Nei paesi industrializzati le persone mangiano tra i 6 e 7 chili di additivi ogni anno

12 febbraio 2005
Jessica Williams
Fonte: www.disinformazione.it
11.02.05

Un panino di grano tenero con prosciutto e senape in una bella confezione triangolare di plastica, un pacchetto di patatine salate all'aceto, e una bottiglietta di una bevanda gassata all'arancia: è il genere di pranzo che le persone dei mondo occidentale mangiano ogni giorno. Sembra gustoso, non è particolarmente consigliato per la salute, ma è sicuramente un pranzo conveniente e che sazia. E si trova sulla mia scrivania.

Il panino al prosciutto contiene non meno di tredici additivi con funzioni strane: emulsionanti, agenti trattanti, stabilizzatori, regolatori di acidità (indicati sulla confezione con una « E » seguita da un numero). Ci sono anche degli ingredienti sorprendenti: che cos'è il frumentone e perché non lo ho mai usato quando ho fatto il pane? Perché il prosciutto affumicato dovrebbe avere bisogno di acqua? Apparentemente le patatine sono adatte a vegetariani e ai celiaci, ma contengono ancora degli esaltatori di sapidità: glutammato monosodico e ribonucleotide di sodio. E la bibita? Contiene l'8% di succo d'arancia e poi sciroppo di glucosio-fruttosio, zucchero, aspartame e saccarina, conservante, aroma, colorante e qualcosa chiamato cloud (che, a chi interessa, è lo stabilizzatore E1450).

Nel 2000, l'industria alimentare ha speso circa venti miliardi di dollari per dare al nostro cibo un aspetto più carino, un gusto migliore e una durata maggiore. Si tratta di un grande giro di affari, indotto dall'enorme bisogno che i paesi industrializzati hanno di nutrire a buon mercato - e con profitto - moltissime persone. L'industria degli additivi alimentari è convinta che questi prodotti chimici semplifichino la nostra vita. Permettono al nostro cibo di rimanere fresco per un tempo maggiore e hanno reso possibile il concetto di «cibi pronti». Senza gli additivi, sostengono, dovremmo spendere molto più tempo in cucina. Dovremmo anche impiegare più tempo per fare la spesa, dato che il nostro cibo durerebbe solo un paio di giorni prima di iniziare ad andare a male. E poi dimenticatevi la margarina (che non contiene grassi saturi), i piatti a basso contenuto calorico e i prodotti con vitamine aggiunte. Come dice la Federation of European Food Additives and Food Enzymes Industries, «l'utilizzo di additivi alimentari... ha reso possibile la preparazione in larga scala di cibo buono e sano a prezzi economici... in effetti, molti dei cibi odierni non esisterebbero senza additivi».

E’ facile immaginare la discussione sugli additivi alimentari come un dibattito tra chimica e natura, ma non è affatto così semplice. Per secoli, gli uomini hanno usato sostanze naturali, quali sale e fumo, come mezzo per conservare il cibo. Nelle società primitive dove l'esito di una battuta di caccia non poteva essere certo e i raccolti potevano facilmente essere vittime di malattie, la ricerca di un modo per conservare le eccedenze di cibo era di vitale importanza.
Ai giorni nostri, in rapporto al loro peso, meno dell'1% degli additivi alimentari servono alla conservazione del cibo. Il 90% è rappresentato da quelli conosciuti come additivi «cosmetici»: aromatizzanti, coloranti, emulsionanti (per rendere il cibo più omogeneo nella vostra bocca), addensanti e dolcificanti. Sono queste sostanze quelle che preoccupano maggiormente chi si batte contro gli additivi. Mascherando ingredienti base insipidi e di bassa qualità, sostanze dei genere possono convincerci che stiamo mangiando qualcosa che è migliore dell'insieme delle sue parti. Solo chi ha un'elevata conoscenza di come agisca ogni sostanza può essere sicuro dì quello che sta mangiando. E ciò è preoccupante.
Il mercato mondiale degli aromi è di tre miliardi e seicento milioni di dollari ogni anno.(2) La sintesi degli aromi è un processo estremamente complesso e molti produttori custodiscono gelosamente le loro formule. Anche un sapore che potremmo considerare semplice - per esempio, di banana o di mela - è il prodotto dì un centinaio di reazioni chimiche. La quantità di aromi chimici necessaria a rendere la mia bevanda gassata più «aranciosa» è minima. I produttori non devono nemmeno fornire i dettagli di cosa sia contenuto in questo aroma, tutto quello che devono dire è se è naturale o artificiale.

Anche questa distinzione è ingannevole. Le disposizioni dell'Unione Europea prevedono che il termine «aromi naturali» possa essere usato solo per sostanze aromatizzanti estratte da materiali animali o vegetali, ma non viene richiesto che l'aroma naturale alla fragola dei vostro yogurt debba provenire da una fragola. Tutto quello che vuole dire è che è stato estratto da una fonte naturale.
La lettura dei siti Internet dei produttori di aromi è un'esperienza surreale. Un sito descrive un'«emulsione di aroma naturale al lime... omogeneizzata, resistente al calore, con certificazione kasher e senza sali». Puoi comprare concentrato di birra in polvere, liquidi che imitano il sapore di panna densa e di torta al burro. Finché provengono da fonti naturali, molti consumatori non lo sapranno mai.
I dolcificanti artificiali sono un altro settore immensamente redditizio. Il gruppo industriale Britain's Food Additives and Ingredients Association giustifica la popolarità dei dolcificanti facendo riferimento alla salute: «Il sovraconsumo è collegato all'obesità e al diabete, per cui i dolcificanti senza contenuto energetico sono ovviamente desiderabili in molti cibi»(3) Le persone preoccupate dall'assunzione di zuccheri, possono ora scegliere tra un'ampia varietà di cibi con pochi zuccheri, senza sacrificare quel dolce sapore che cercano.
Ma c'è un'altra potente ragione per esagerare la dolcezza senza zuccheri: il costo. Mentre addolcire un litro di bevanda con lo zucchero costa circa sei centesimi di sterlina, il dolcificante privo di zucchero più venduto, l'aspartame, ne costa solo due. La saccarina costa meno di mezzo centesimo.(4) In tutto il mondo vengono usati ogni anno approssimativamente quindicimila tonnellate di dolcificanti sintetici.(5)

Sia le industrie di additivi alimentari sia gli organi regolatori, come la Food Standard Agency della Gran Bretagna, sono convinti che i dolcificanti naturali siano sani. Ma coloro che sono contrari sostengono che sussistano dubbi considerevoli a proposito di molti dei prodotti più usati. Gli esperti di tumori hanno espresso dubbi circa gli esperimenti su un dolcificante, l'acesulfame-K, e hanno richiesto controlli più rigorosi; un vice Direttore Generale Federale della Sanità degli Stati Uniti in riposo ha detto che «è probabile che l'acesulfame-K può essere cancerogeno... e che dovrebbe essere eseguita un'apposita ricerca a lungo termine su topi e ratti».(6) E’ stato dimostrato che la saccarina provoca il cancro nei roditori e a quanto si dice l'aspartame è stato collegato ad effetti neurologici come le vertigini e l'emicrania.(7)
In Gran Bretagna la sicurezza degli additivi alimentari è determinata dalla Commissione Europea sulla sicurezza dei cibi. Ci sono prove di grandi pressioni dietro le quinte, con l'industria alimentare che cerca di influenzare l'Unione Europea. E neppure la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ne è immune. Nel 1977 uno studio canadese confermò dei test iniziali che avevano dimostrato che i ratti sviluppavano il tumore alla vescica quando venivano nutriti con alte quantità di saccarina e la Food and Drug Administration propose un bando totale. In seguito a una protesta pubblica, senza dubbio sovvenzionata dai produttori, il Congresso ordinò una moratoria e poi emanò una legge che richiedeva che i prodotti contenenti saccarina dovessero portare l'indicazione sull'etichetta di essere potenzialmente nocivi. Anche questa richiesta ora è stata limitata.
E’ chiaro che il pubblico inglese è preoccupato per la sicurezza dei cibo: una ricerca della compagnia di sondaggi Mintel ha mostrato che il 44% dei consumatori è preoccupato al riguardo e il 36% degli adulti crede che dovrebbe esserci un'etichettatura più chiara a proposito degli ingredienti, degli additivi e degli «E seguiti dai numeri». Non c'è dubbio che facciano bene a preoccuparsi. Ma inasprire le condizioni di etichettatura non porterà necessariamente a una soluzione. Mentre icomitati di controllo stimano che ci sono cinquecentoquaranta composti di additivi alimentari sicuri per il consumo umano, sussistono dubbi sulla sicurezza di centocinquanta di questi. Trenta potrebbero addirittura causare danni duraturi a chiunque li consumi. (8)

L'Autorità sulla Sicurezza Alimentare dell'UE ha annunciato nel marzo 2003 che avrebbe cambiato i criteri di regolamentazione degli aromi: dal luglio 2005 saranno autorizzati solo gli aromi che fanno parte di un «elenco sicuro». L'elenco comprenderà solo sostanze valutate secondo una procedura stabilita e risultate appunto sicure. è un buon inizio, ma ancora una volta il messaggio sembra essere chiaro: se il cibo viene considerato «sicuro», l'Europa non si preoccuperà di controllare di che cosa è fatto. Dunque non c'è differenza tra vere fragole e l'aroma di fragola frutto di dozzine di composti chimici?
Ebbene, in questo momento, no. Ma ciò di cui noi vogliamo parlare è che cosa ci mettiamo in bocca e il fatto che tutti questi additivi alimentari stiano perpetrando una sorte di frode a danno di tutti noi. Se compro un panino al prosciutto voglio sentire il sapore reale dei prosciutto, non uno strano miscuglio di tessuto animale aromatizzato con prodotti chimici. Non voglio dover leggere le parti stampate in piccolo sulla mia bibita alla frutta per vedere se contiene dolcificanti.
Il cibo fresco e ben cotto possiede già di per sé tutto l’aroma e la consistenza di cui ha bisogno.
Alcune di queste cose interessano le scelte che compiamo, ma la maggior parte riguardano scelte che sono fatte per noi dai venditori e dai produttori. Fare pressioni per introdurre delle regole migliori è una cosa facile, e la prossima volta che andate al supermercato fermatevi un momento a dare un’occhiata alle scritte piccole: se c’è qualcosa che ha un aspetto che non vi piace, non compratela. I produttori e i rivenditori non ci metteranno molto a capire l’antifona.

Note: Tratto da “50 fatti che dovrebbero cambiare il mondo”, Jessica Williams, Ponte alle Grazie, pp. 352, €14,50



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