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Servono decisioni difficili sull’aria

IL coraggio o lo smog

12 febbraio 2005
Gian Antonio Stella
Fonte: www.corriere.it
12.02.05

Traffico

In gennaio sono stati immatricolati 212.568 veicoli e sono nati 45.569 bambini: 4 a 1. E va già meglio. Prima, la sproporzione era stata ancora più pazza: dal censimento 1961 a oggi gli italiani sono cresciuti del 13% e i motori (auto, camion, moto: tutto) del 1.380%. C'erano allora 6 veicoli scarsi ogni 100 abitanti, ce ne sono 72 oggi. In una realtà unica, con centri storici dalle vie larghe due metri, la rete stradale più congestionata del mondo, un rapporto auto-chilometri del 40% superiore alla Germania, del 45% all'Olanda, del 60% alla Francia. Per capire qual è il problema che sta togliendo il sonno a tanti sindaci obbligati a far rispettare le norme (ahi, le elezioni!) bisogna partire da qui. Da una realtà diventata insostenibile senza uno straccio di politica coerente intorno al tema: cosa fare delle città? Certo, c'è chi dice che la Ue fissa limiti esagerati e una volta si respirava peggio, tanto che in piazza Duomo a Milano nel dicembre '71, prima che si mettessero del tutto in riga fabbriche, stufe a carbone e vecchie marmitte, si misurarono in media 410 microgrammi di pulviscolo (con punte oltre i mille) al cui confronto i 50 microgrammi di Pm10, tollerati oggi non più di 35 giorni l'anno e già da molti superati, sembrano sbuffi di sigaretta.

E' vero. Non c'erano allora gli studi dell'Oms sulle polveri fini che uccidono nelle prime otto città italiane 10 persone al giorno e causano 31 mila casi di bronchite nei bambini l'anno, ma è vero: era peggio. E allora? Dato che non si sapeva neanche che l'amianto fa venire il cancro, torniamo all'amianto? E' vero pure che la penitenza inflitta a milioni di persone con le targhe alterne, senza un bel temporale («non» piove, governo ladro) pare dare risultati modesti. E riecco il tormentone: val la pena d'infastidire la gente se perfino gli sforzi più virtuosi, come a Vicenza dove le auto sono state fermate quattro giorni di fila, hanno ridotto lo smog «solo» del 20%, cioè del 5% al giorno? Beppe Grillo ride: «Le targhe alterne non funzionano perché chi ha la targa giusta quel giorno si sente privilegiato e va a farsi un giro anche se non deve uscire: io sì, tu no». Chi ne conclude che allora tanto vale lasciar perdere, però, si rassegni: le alternative serie, come sostiene Legambiente, sono ancora più drastiche.

Per abbattere davvero le polveri fini, per quattro quinti dovute al traffico, non basterà accentuare i controlli sulle industrie o imporre case meno sprecone varando finalmente i decreti applicativi di una legge fatta ma vuota da 14 anni. Ci vuole di più. E a parole, lontano dalle elezioni, son quasi tutti d'accordo. A destra e a sinistra. Occorre cambiare i bus che sono quasi sempre a gasolio, metterli in grado di far concorrenza all'auto alzando la loro velocità media che è di 16 chilometri l'ora (2 in meno che nel 2001), togliere le macchine dal centro a costo di metter l'ingresso a pagamento, imporre vere corsie preferenziali che non esistono in 35 capoluoghi su 103 e coprono quasi ovunque (violate) meno dell'1% della rete. E investire, investire, investire sui mezzi pubblici che nella sola Ile-de-France portano 3 miliardi di passeggeri l'anno: mezzo in meno che tutte le nostre città messe insieme. Insomma, va rovesciato il rapporto tra noi e l'auto, noi e la città.

Il sindaco di Londra Ken Livingstone ci ha provato facendo pagare 8 euro d'ingresso alla «zona C». Mancavano 14 mesi alle elezioni. I sondaggi dissero: sarà travolto. Poi il traffico è calato del 30%, i bus han preso a correre, con i soldi incassati hanno comprato nuovi mezzi. E lui è stato l'unico laburista, nel disastro, a vincere. Lo mettiamo un cartello? AAA. Amministratori coraggiosi cercansi.

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