C’è anche chi vende, nei Paesi in via di sviluppo, pesticidi che a casa sua
sono proibiti.
Lo denunciava la Fao già nel 2001, con un rapporto dal nome eloquente Scia tossica. Ogni anno i pesticidi avvelenano 25 milioni di persone: l’80% nel Sud del mondo, dove leggi e controlli sono più deboli, se non inesistenti. E questo per 30 miliardi di dollari di fatturato annuo, in mano a dieci multinazionali. È il caso del parathion metile della Bayer, classificato dall’Oms come “estremamente pericoloso”, importato illegalmente
e prodotto in Paesi come Thailandia o Cambogia con 200 nomi diversi, tra cui folidol. Il sudest asiatico è il punto di smistamento dei pesticidi proibiti. Il 73% delle importazioni thailandesi riguarda prodotti elencati dall’Oms come estremamente tossici. L’84% dei pesticidi utilizzati in Cambogia è nocivo per la salute, tanto che l’88% degli agricoltori di quel Paese è vittima di avvelenamenti. Il problema del Nicaragua si chiama Nemagon (o fumazone), il pesticida vietato in California fin dal 1977 (e nel ’79 in tutti gli Usa), ma usato dai lavoratori delle bananiere nicaraguensi finoall’inizio degli anni ’90. Il micidiale prodotto ha provocato un avvelenamento di massa: la locale associazione dei bananieri (Asotraexdan), nata nel ’92, calcola che 182 persone siano morte e migliaia stiano lottando contro tumori ai reni, al pancreas e alla milza, sterilità e figli malformati (per info e aiuti, Associazione Italia-Nicaragua, tel. 02.332.200.22, sito
www.itanica.org). Sul lago d’Aral, in Uzbekistan, un’irrigazione irresponsabile, ma anche l’abuso di pesticidi, ha creato uno dei peggiori disastri ambientali del mondo. Il lago, fino al
1960 il quarto bacino d’acqua dolce più ampio del mondo, è calato di 16
metri; la superficie si è dimezzata e il volume si è ridotto del 75%.
"All’inizio bevi l’acqua, alla fine il veleno", recita un proverbio uzbeco.
La terra nuda delle rive lascia spazio al deserto, e il vento spazza i sali tossici accumulati. L’acqua salatissima non permette più la vita,
i defolianti usati per le piantagioni di cotone sono altamente tossici,
enormi depositi di rifiuti sono stati abbandonati nel letto svuotato del
lago d’Aral, ma la piaga maggiore è la salinizzazione del suolo. Presente nell’area dal 1997, Medici senza frontiere (www. medicisenzafrontiere.it) sta tentando di arginare le conseguenze sulla salute della popolazione. Ogni anno, 47 milioni di tonnellate di sale provenienti da qui
si riversano sulle aree più remote del pianeta. Il 10% delle polveri della
terra provengono dall’Aral. A ribadire, se mai ce ne fosse bisogno, che anche l’inquinamento è global.