Una legge in proprio


Ma in che paese viviamo? Qual è la cultura dominante dell'Italia? Esiste ancora un senso del bene comune, uno spirito civico che induca a non guastare con le proprie mani ciò che ha valore per tutti? C'è da restare confusi, osservando quel che accade nel nostro Parlamento: dove centinaia di rappresentanti del popolo italiano si allineano compatti, inquadrati militarmente da un voto di fiducia, per far passare una legge che mette allo sbaraglio l'intero patrimonio paesaggistico nazionale per tutelare gli interessi di una sola persona - la cui villa, pare, è stata ristrutturata con lavori che senza questa legge sarebbero illegali. Sembra impossibile ma è vero: per rendere legale, a posteriori, quella ristrutturazione, si sceglie di rendere lecito qualunque lavoro, passato presente o anche futuro, venga compiuto in aree protette come parchi e litorali. E la maggioranza di centrodestra, pronta a dividersi su tutto, ancora una volta mostra di essere ferreamente unita solo quando si tratta di tutelare il patrimonio e gli affari privati del presidente del consiglio - davvero, il conflitto di interessi eletto a bussola della navigazione governativa. Ma forse non è proprio così. C'è il forte sospetto che non si tratti degli interessi di Silvio Berlusconi: sarebbe troppo facile prendersela con lui, unico reprobo in un paese di nobili difensori dell'ambiente e del bene comune. No, bisogna prenderne atto: la legge di ieri faceva gola a molti, nel nostro paese. Essa viene incontro con le sue norme truffaldine agli interessi di un'infinità di cittadini che hanno compiuto o intendono compiere abusi edilizi e lavori illegali, in violazione delle norme di tutela paesistica, in sfregio a leggi e regole elaborate faticosamente in decenni di educazione ambientalista. In questo senso, è una vera svolta culturale, che prende atto della realtà del paese.
Chi non ha interessi privati contrapposti all'interesse comune? Quando si parla di proprietà, in Italia, tutti pensano di avere dei diritti negati. Anche quel nostro simpatico vicino di casa, che da tempo desidera aprire una strada d'accesso alla sua casa in montagna. Anche la zia Maria, con quella verandina sul terrazzo, sempre impedita. Tutti, anche noi. Poi, la zia e il vicino non riusciranno comunque a fare le loro piccole illegalità, a procurarsi le carte necessarie, o forse non lo farebbero in ogni caso perché sanno che non va fatto; mentre chi ha costruito o vuol costruire un grande albergo in mezzo al parco naturale non avrà problemi né pratici né etici.
Ma il fatto è che in un paese civile dovrebbero essere le leggi a sancire con chiarezza il limite: dove arriva il diritto del singolo di far uso della sua proprietà e dove invece prevale l'interesse comune, la tutela del patrimonio collettivo. In Italia invece - in questa Italia berlusconiana, anche se non soltanto in essa - si fanno leggi per garantire al singolo che l'interesse comune non limiti mai il suo.

Astrit Dakli