La tragica normalita' di Gaza Strip

30 ottobre 2002
F.C.

Il check point di Abu Holi divide l'area di Gaza City da quella di Khan Younis. I soldati israeliani barricati nella torretta sparano in aria per avvertire quando e' aperto o chiuso. Martedi' scorso e' rimasto chiuso nove ore, praticamente tutto il giorno. La fila di macchine in attesa era lunga diversi chilometri. Le persone aspettavano buttate a terra, tra nuvole di polvere, in un'attesa di stanca rassegnazione. C'erano tanti studenti dei villaggi del sud che frequentano l'Universita' a Gaza City. Molti sono tornati indietro alla ricerca di un letto per la notte in citta'. Hanna mi racconta che questo succede ormai almeno due volte alla settimana.

Il check point di Abu Holi e' a protezione della Kussufim Road, la strada dei coloni che collega Israele agli insediamenti a Sud della Striscia. Il 42% della Striscia e' sotto controllo israeliano, abitato da circa 6000 coloni e 8000 militari. Nel restante 68% vivono 1.250.000 palestinesi stipati come topi. La Striscia da nord a sud e' lunga 43 km ed e' larga dai 13 ai 15 km.

La notte in tutta l'area c'e' il coprifuoco. Ogni notte si sente sparare, si sente il passaggio dei carri armati e dei buldozer e io nonostante tutto dormo. Mi sono abituata. Tutto questo rumore e' in genere dovuto al fatto che l'esercito d'Israele sta demolendo l'ennesima casa palestinese nell'area piu' vicina agli insediamenti. Fatma ha sessant'anni e da venti mesi vive sotto una tenda appoggiata agli alberi d'ulivo. Anche la tenda e' stata demolita tre volte, ma lei e sua famiglia l'hanno sempre "ricostruita". Sotto la tenda c'e' anche la televisione e una cucina. Il suo te' e' buono, ha il sapore della salvia. Quando la saluto mi fa promettere che tornero' a trovarla. Quando le hanno demolito la casa, i soldati hanno urlato con il megafono agli abitanti che avevano solo 10 minuti per uscire. Il giorno dopo e' andata a guardare da lontano le macerie della sua casa. Tutta la sua vita era li' sotto, tutte le foto dei suoi figli.

"Lo stato d'Israele spesso dichiara che i palestinesi usano abitazioni e terre come basi dalle quali attaccare avamposti militari israeliani e gli insediamenti. Cio' nonostante, la maggior parte delle demolizioni di proprietà nella Striscia di Gaza avvengono senza alcun processo giudiziario, inclusi la presentazione di prove, avvertimenti adeguati od opportunità di appello. In alcuni campi di rifugiati, fasce intere di case sono state distrutte per la creazione di 'zone cuscinetto' tra le posizioni militari israeliane e le aree palestinesi". [Fonte: Palestinian Centre for Human Rights - www.pchrgaza.org] Dal Sud della Striscia di Gaza a volte riesco anche sentire l'odore del mare, ma non si puo' andare a correre sulla spiaggia. Il mare lo si puo' guardare solo da lontano, oltre le linde case bianche degli insediamenti israeliani. Ogni tanto vado a sedermi prima del check point di Tufah, che e' chiuso per interi giorni. Arrivano orde di ragazzini, mi mostrano le cicatrici dei proiettili sui loro corpi e sghignazzando mimano l'atto di farsi esplodere. Il check point di Tufah e' l'unico accesso ad Al-Mawasi, un'area particolarmente fertile dove ci sono tre villaggi palestinesi per un totale di circa quattromila abitanti. Quest'area e' completamente circondata dagli insediamenti israeliani. Quando il check point e' aperto posono passare solo i residenti, che ora hanno delle tessere magnetiche di riconoscimento.

I muri di Jabalia sono ricoperti di scritte e disegni tricolori, rossi verdi e neri come la bandiera palestinese. Le strade per la maggior parte non sono larghe piu' di due metri, come in tutti i campi rifugiati della Palestina. I bimbi giocano tra la polvere, le mosche, i vetri e l'immondizia, scalzi e sudici. La puzza a volte e' insopportabile, le fogne sono a cielo aperto, eppure mi sono innamorata di questo campo profughi, delle sue case base di mattoni, senza arredamento se non i materassi buttati a terra e la poche stanze divise da coperte.

Namsawi e' un piccolo quartiere di Tufah costruito con i soldi della cooperazione austriaca. E' proprio di fronte all'insediamento di Neve Dekalim, e sulla collinetta ci sono sempre di guardia i tanks. Le facciate dei palazzi che danno verso l'insediamento sono completamente crivellate di colpi e di grossi buchi. Nonostante tutto la gente vi abita, mediamente 15 persone in un appartamento di due stanze. La famiglia di Adel e' profuga tre volte, e' originaria di Lubia, vicino Tiberiade, poi sono passati ad Aschelon, infine a Rafah e da li' scappati a Namsawi. La sua nipotina Iman e' stata ammazzata dentro casa da una raffica un anno fa. Era in braccio alla madre e aveva solo otto mesi.

Potrei andare avanti all'infinito con queste storie, le storie della quotidianita' di Gaza Strips, storie che non fanno notizia e che non sono degne di entrare nell'agenda dei nostri media. Storie che nel nostro mondo non esistono perche' abbiamo deciso di non raccontarle, perche' preferiamo non vedere, non sapere.

"Ma anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti"
(Fabrizio De Andre')

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