Referendum e Buio Democratico

L'appello astensionista, in merito alla votazione referendaria del 12 e 13 Giugno per l’abrogazione di alcune norme della nuova legge sulla procreazione assistita, corre il rischio di legittimare alcune preoccupanti distorsioni del sistema di partecipazione democratica, presentando come modello di comportamento esemplare un modo di agire basso e sleale, finalizzato ad alterare furbescamente l'esito di un libero confronto tra cittadini.
4 giugno 2005

L'appello astensionista, in merito alla votazione referendaria del 12 e 13 Giugno per l’abrogazione di alcune norme della nuova legge sulla procreazione assistita, corre il rischio di legittimare alcune preoccupanti distorsioni del sistema di partecipazione democratica, presentando come modello di comportamento esemplare un modo di agire basso e sleale, finalizzato ad alterare furbescamente l'esito del libero confronto tra cittadini.
Una pessima lezione di democrazia e partecipazione, i cui mentori sono da ricercare, come spesso accade, in larghe fette trasversali della nostra rappresentanza politica, nonché in vecchie e nuove gerarchie ecclesiastiche, che tanto ricordano posizioni da oscurantismo religioso, contro la scienza e i suoi progressi, oltre che di pericolosa ingerenza sulle vicende di uno stato laico e non teocratico.

Colpisce il fatto che, in un clima di assoluta incertezza sul raggiungimento del quorum, da nessuna parte, giornalistica o politica, si sia levata una sola voce che richieda con forza, una volta per tutte, la riforma costituzionale del prezioso strumento referendario, espressione irrinunciabile di una democrazia diretta, in grado di tutelare i cittadini da possibili storture del legislatore.
Matita Spezzata 2 Sembrerebbe ormai opportuno ridurre drasticamente o eliminare del tutto, così come avviene nelle consultazioni per l’approvazione delle modifiche costituzionali, la soglia del quorum di votanti, che ad oggi risulta ancora del 50%. Sarebbe poi auspicabile, una volta garantito che una consultazione referendaria non possa essere minata da azioni di subdolo machiavellismo politico, che venga ridotta la possibilità dell’abuso dello strumento referendario, innalzando drasticamente il numero di firme necessarie alla presentazione di quesiti abrogativi.

Se da una parte tale abuso ha portato negli anni ad una disaffezione dei cittadini verso questa importantissima forma di democrazia partecipativa, dall'altra ci pare inaccettabile la stortura indotta dall'invito al non-voto, sotto forma di vera e propria propaganda, che consenta ai sostenitori del NO, impauriti dal prevedibile esito del confronto democratico, di sfruttare un astensionismo fisiologico del 25-30% per condizionare le scelte di un intero paese. A tale fenomeno va poi sommato il sospetto che l'aggiornamento delle liste elettorali degli italiani (comprendenti anche i residenti all'estero) non sia esattamente il massimo della precisione e che dunque a concorrere alla determinazione del quorum del 50% contribuiscano anche i cari defunti o gli irreperibili.

Nel novero delle posizioni pilatesche fa specie l’affermazione tanto di moda in ambito politico, secondo cui non sarebbe proponibile affidare una materia tanto delicata, come quella della procreazione assistita, ad un referendum. Una posizione che sembra partire da un principio di superiorità culturale e morale, tutta da dimostrare, dei membri del parlamento rispetto ai cittadini che hanno conferito loro il mandato parlamentare.
Di contro ci sembra di poter affermare che le brutture e le pesanti contraddizioni con la legge sull’aborto, introdotte dalla legge 40 sulla procreazione assistita, hanno dimostrato come il parlamento, dopo ben due legislature, non sia stato in grado di legiferare in maniera umana, coerente e moderna su una materia tanto delicata, improntando le scelte normative ad un maschilismo integralista che, in nome della tutela dell’embrione, svilisce il diritto delle donne ad una maternità sana ed all’autodeterminazione delle scelte sul proprio fisico.

Terrificanti ci paiono in particolare le norme sull’obbligo di impianto contemporaneo di tre uova fecondate, che condannano le donne giovani al rischio di pericolose gravidanze trigemellari, o viceversa quelle meno giovani a rischiosi e stressanti cicli di stimolazione ovarica, se l’impianto suddetto vada ripetuto più volte a causa della sua scarsa efficacia.
Ancora più crudeli e contraddittorie appaiono quelle norme sul divieto dell’analisi preimpianto, che impediscono nei fatti alle coppie portatrici di malattie genetiche di avere la certezza di un figlio sano, imponendo loro di portare avanti forzatamente la gravidanza, salvo consentire, durante la stessa, la possibilità di un aborto, qualora una diagnosi prenatale a posteriori, come l'amniocentesi, rilevi la presenza di un feto malato.

Alzi la mano il primo che non abbia mai conosciuto, per esperienza diretta, una coppia in difficoltà, che sia dovuta ricorrere alla procreazione assistita. Oggi la pericolosa legge 40 consente alle coppie facoltose di realizzare senza rischi il proprio sogno di avere un figlio, ricorrendo a laboratori europei; viceversa prospetta rischi inaccettabili per le donne che non possano far altro che affidarsi ad un centro medico italiano.

Il nostro egoismo non dovrebbe farci dimenticare che partecipare a questi referendum rappresenta dunque un gesto a favore della vita ed una forma di doveroso rispetto nei confronti delle donne italiane.

Vorremmo poi suggerire ai gongolanti sostenitori del non-voto che i loro elettori, educati e legittimati a questa meschina forma di disimpegno politico, potrebbero col tempo finire per adeguarsi anche nel caso di consultazioni elettive. A chi conviene?

Vittorio Moccia

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