Le sfide che verranno
Sfide su cui sempre più dovremo trovare coesione e "fronte comune" tra chi si occupa di pace, di diritto, di ambiente contaminato. Perché nell'interconnessione globale che ci investe, anche i problemi - e le loro conseguenze sul pianeta - si scoprono sempre più interconnessi.
Passato bene Natale? Tutti più buoni? Cosa vi siete augurati nel brindisi di Capodanno?
Gli strascichi delle festività già lontane sembrano mantenere ancora ovattato il clima, non solo metereologico, di questi giorni. La pausa natalizia oltre all'imminente Olimpiade torinese hanno per ora chiuso l'interruttore sulle proteste dei piemontesi in val di Susa, le notizie sulla guerra in Iraq arrivano sempre ma con l'assuefazione da monotono stillicidio di morti ed attentati ed elicotteri abbattuti. Ma coi riflettori accesi invece sul gossip politico dell'agonia di Sharon, quasi che la tensione tra i popoli in Palestina possa annacquarsi sulle note flebili di una vita forse alla fine, e che il rispetto verso la sua sofferenza voglia velare il ricordo di quel che egli è stato, e delle conseguenze della sua politica nella crisi del Medio Oriente.
Ma nuove sfide ci attendono, e gli schermi mediatici più o meno consapevolmente manovrati dal potere (e col consenso passivo di tanti di noi) non potranno attenuarne la gravità e mascherarne la portata. A partire dalla nostra Italietta piccola - e non parlo neanche delle prossime elezioni! - dove progetti faraonici e leggi inumane dovranno ancora trovare contrasto seppur nonviolento nelle moltitudini dei cittadini pensanti; e poi allargando sul mondo l'orizzonte dello sguardo, sgomenti ma attenti comunque al degrado del diritto, della giustizia tra i popoli, della convivenza tra le civiltà. Nuove guerre si stanno preparando, e corrono voci che il prossimo conflitto avrà conseguenze ancor più gravi in termini di sofferenze umane e di distruzione ambientale - essendo già una realtà, negli arsenali bellici della superpotenza, le minibombe nucleari da pochi chilotoni che sfuggono alle classificazioni delle normative internazionali, e quindi, di conseguenza, ancora non proibite. "Avere il nucleare" sembra esser diventato un segno di merito non solo per deterrenza, e sempre più Stati non si vergognerebbero affatto di impiegare le proprie bombe atomiche in caso di "necessità", e senza tener conto dell'impatto sulla vita e sul pianeta...
E di distruzione ambientale proprio in questi giorni il celebre studioso Lovelock, guru dell'ambientalismo che concepì la teoria della Terra come organismo vivente complesso - Gaia appunto - annuncia il già avvenuto "non ritorno" nell'evoluzione in negativo degli eventi climatici con conseguente estinzione o quasi della civiltà umana in meno di un secolo. C'è da restare allibiti e sicuramente qualcuno sarà incredulo e anzi propenso al pensiero di un battage pubblicitario in vista della pubblicazione del suo nuovo libro. Ma anche fosse così, pure da altri studiosi scomodi l'allarme è dato, già da tempo concordi nell'analisi sullo stato di salute del pianeta.
In mezzo a tante vicissitudini davanti a cui noi come individui sentiamo il dolore e l'impotenza, quasi da cocente fatalità, possiamo comunque abbracciarci e insieme lavorare. Mai come in questi anni i gruppi di solidarietà, i movimenti per la pace, le comunità attente all'umano, lasciando nel passato motivazioni ideologiche stanno poggiando il loro impegno sul concreto, sui progetti - piccoli o grandi - sul tentativo di arginare per quanto possibile le ingiustizie che si consumano sulla pelle delle persone e degli stessi popoli.
E qualsiasi cosa noi si sia in grado di fare, possiamo sempre mettere in comune noi stessi e le nostre capacità.
Sfide possibili o impossibili. Sfide su tutti i fronti.
Sfide su cui sempre più dovremo trovare coesione e "fronte comune" tra chi si occupa di pace, di diritto, di ambiente contaminato. Perché nell'interconnessione globale che ci investe, anche i problemi - e le loro conseguenze sul pianeta - si scoprono sempre più interconnessi.
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