11 settembre 1973: 33 anni dal golpe in Cile
Martedì 11 settembre 1973 a Santiago del Cile, i corpi speciali dell'esercito cileno, comandati dal generale Augusto Pinochet, destituirono con la forza il governo democraticamente eletto di Unidad popular, uccidendo migliaia di militanti del movimento operaio, tra cui il presidente Salvador Allende. E' l'inizio di 17 anni di dittatura militare. 17 anni di terrore in cui uccisioni di massa, torture e deportazioni saranno all'ordine del giorno.
Ma facciamo un passo indietro di qualche anno.
Allende vince le elezioni presidenziali il 5 settembre del 1970. E' alla guida di una coalizione di sinistra, la Unidad Popolar, che batte per pochi voti il candidato della destra Jorge Alessandri. E' il primo governo di sinistra democraticamente eletto in Sudamerica.
Il programma di Allende si basa sulla nazionalizzazione dell'economia, ma gli Stati Uniti, che in Cile hanno interessi legati principalmente alla produzione di rame, non restano a guardare.
Nell'ottobre del 1971 gli investimenti sono in caduta libera, così come il prezzo del rame, a causa della negativa congiuntura internazionale e delle pressioni americane. Il sistema bancario internazionale chiude le linee di credito e il governo si trova ad essere proprietario di molte aziende che non riesce a far funzionare. Il quadro economico peggiora e molti esponenti della borghesia lasciano il paese.
Nel Natale del 1971, le donne dei ceti medi danno vita a quella che viene chiamata la "protesta delle casseruole" e nell'agosto del '72 i camionisti entrano in sciopero, paralizzando il paese. E' l'inizio di una serie di agitazioni che mette in ginocchio il Cile. Allende prova a correre ai ripari cercando alleati. Tra questi individua il generale dell'esercito Augusto Pinochet, e gli affida il comando delle forze armate. Ma, nell'estate del '73 i militari stanno preparando il golpe.
L'11 settembre i carri armati e l'aviazione attaccano il palazzo presidenziale della Moneda, in cui è asserragliato Allende. Il presidente prova inutilmente a collegarsi con Pinochet, senza sapere che il generale è a capo dei golpisti. Gli viene data la possibilità di arrendersi, ma rifiuta. Alla fine, vistosi perduto, si uccide con un colpo di pistola.
Prima di morire Allende pronuncia, tramite i microfoni di Radio Magallanes, il suo ultimo discorso dal Palazzo della Moneda:
"Certamente Radio Magallanes sarà messa a tacere e il timbro tranquillo della mia voce non vi giungerà. Non importa. Continuerete a sentirlo. Sarà sempre accanto a voi. Almeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno, che fu leale alla lealtà dei lavoratori...
Hanno la forza, potranno soggiogarvi, ma non si arrestano i processi sociali né col delitto né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli...
Lavoratori della mia terra: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Resistete sapendo che presto si apriranno le grandi strade da cui passerà l'uomo libero per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!"
(Salvador Allende - martedì 11 settembre 1973 - ultimo discorso dal Palazzo della Moneda)
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