Quindici anni fa nasceva PeaceLink
Taranto chiama Livorno
Quindici anni due pacifisti italiani, in un lungo colloquio telefonico, definirono il nome: PeaceLink, "collegamento di pace". Ma la traduzione consentiva anche "legame di pace", decisamente più empatico. Nasceva il nucleo di una rete telematica di contoinformazione. Di quei due pacifisti uno era Marino Marinelli, educatore scout e membro dell'Associazione per la Pace di Livorno. L'altro ero io, insegnante di Lettere e attivista dell'Associazione per la Pace di Taranto.
Dalla sconfitta in piazza alla rinascita in rete
Perché quella scelta? Pensavamo ad un sistema per "rendere permanente" il contatto fra i gruppi impegnati contro la guerra. Era da poco finita Desert Storm. E i pacifisti avevano perso. Anche nei sondaggi di opinione. Con la fine della guerra rischiava disperdersi l'intero patrimoniodi esperienze e di aggregazione sorto attorno a quella guerra. Quindici anni fa furono in molti ad avvertire che il movimento sconfitto era destinato al riflusso definitivo se non si fosse creata una "rete" di collegamento permanente. E la parola "rete" apparve in molte sigle.
Il logo di PeaceLink ha una lunga storia, per molti sconosciuta. La "colomba che entra nel computer" la disegnai infatti nel 1983, per illustrare un volantino contro la guerra atomica per errore. Era il momento del drammatico confronto Est-Ovest fatto di missili, falsi allarmi, computer che sbagliavano e che potevano comandare la rappresaglia nucleare. Nei cinema si proietta il film Wargame e nei negozi faceva capolino il mitico Commodore 64. La "colomba nel computer" era un disegno approssimativo e mi rimase per molti anni nella pagine di un libro. Sarà poi Enrico Marcandalli, da buon grafico, a farne il "restyling". In seguito vi sarà un'interpretazione della "colomba con il computer" realizzata anche di Vauro.
L'ottusa epopea del fax
L'idea di fondo era sostanzialmente questa: un sistema di consultazione permanente non poteva reggere sul telefono e neppure sul fax in quanto sono sistemi uno-a-uno. Occorreva un sistema molti-a-molti che rendesse condivisibili le informazioni e offrisse un piano paritario al processo comunicativo. Una rete, insomma. Una vera rete, in cui non vi fossero nodi centrali e nodi periferici, in cui tutti fossero allo stesso livello. E occorreva ideare un sistema che replicasse in automatico i documenti: una sorta di "fotocopiatrice in rete" gratuita.
Manuale per la disobbedienza alla guerra
L'urgenza si manifestò alla vigilia della Guerra del Golfo. Avevo preparato un manuale per chi non voleva partire per la guerra. In realtà io non ero un disertore nato, né un obiettore di coscienza. Anzi, avevo fatto il corso AUC (Allievi Ufficiali di Complemento). Ma ero convinto che, nel momento in cui avessero impartito un ordine contrario alla mia coscienza, avrei disobbedito. E quindi avevo studiato molto bene i regolamenti militari, la Costituzione, la formula del giuramento, le procedure legali. Sulla base di tutto ciò, dopo essermi consultato con alcuni avvocati, scrissi un manuale per "obbedire alla Costituzione e disobbedire alla guerra". Lo segnalai al Manifesto che pubblicò poche righe dal titolo "Deserto? Diserto!" nell'ambito della finestra informativa curata dalla "Rete nonviolenta di informazione". Sul giornale fu pubblicato anche il mio numero di telefono.
Il telefono squillava ad ogni ora
Eravamo ad un passo dalla guerra. Il caso volle che in quei giorni partirono anche tante cartoline che obbligavano i giovani a presentarsi ai distretti militari. Si diffuse il panico. Incominciai a ricevere decine e decine di telefonate. Non avevo più il tempo per andare la fotocopiare e a spedire la "guida per disobbedire" che arrivavano altre richieste e la cosa non aveva più fine. In un primo momento fu entusiasmante sentirsi così utile agli altri. Dopo alcuni giorni la vita divenne assolutamente caotica, col telefono che squillava in continuazione e la casa che era diventata un ufficio postale. Se ci fosse stata PeaceLink allora!
Un senso di profonda ignoranza
Fu probabilmente quell'esperienza che mi portò a pensare in un primo tempo ad una catena di distribuzione di dischetti che ognuno potesse duplicare e replicare potenzialmente all'infinito. E poi un giorno lessi che esisteva un sistema per distribuire automaticamente i cosiddetti "file": era la telematica. Provai un senso di profonda ignoranza, quasi di umiliazione.
Ipnotizzati dall'assurdo Videotel
Allora esisteva il Videotel, ma costava venti milioni diventare fornitori di informazioni on line. Inoltre erano informazioni che si potevano solo leggere sul video senza stamparle e a costi salatissimi: un vero bidone. Le più grandi (e ricche) associazioni mostravano in pubblico quanto fosse bello e utile il Videotel... Assurdo. Occorreva invece un sistema più economico. E più potente.
Un operaio
Non fu un intellettuale a condurmi per mano verso la telematica. La mia fortuna fu quella di incontrare a Taranto Giovanni Pugliese, un operaio con la passione per la telematica. Con infinita pazienza mi spiegò tutto, dalla A alla Z.
"C'è qualcuno che ha già provato?"
I mesi fra la fine del 1991 e l'inizio del 1992 furono mesi di ricerca per tutta l'Italia. Chiedevamo: ci sono altre persone che hanno avviato la telematica per la pace?
Non avremmo mai immaginato
Cominciò il tam tam anche sui giornali e sulle riviste vicine al movimento pacifista: il Manifesto, Avvenimenti, Azione Nonviolenta, ecc. ecc. Non avremmo mai e poi mai pensato che in Italia la telematica per la pace la stavamo iniziando proprio noi.
Disegni di Charles M. Schulz
(c) United Feature Syndicate
La vignetta è stata realizzata da Mauro Biani utilizzando liberamente per scopi creativi e non commerciali immagini tratte da fumetti coperte da copyright dei rispettivi editori.
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