Lo Strappo
La realtà racconta cose diverse.
Quella di un popolo di centro-sinistra, profondamente deluso per i palesi cambi di direzione rispetto alle promesse di intenti eplicitate in interi capitoli del poderoso programma elettorale.
Per cominciare, diciamo che sarebbe finalmente ora di sfatare un mito.
Parlare di pacifisti esclusivamente come di militanti della sinistra radicale significa proporre volutamente una visione distorta del movimento italiano, che da sempre, pare tutti facciano finta di non accorgersene, è arricchito da una assai composita umanità, fatta di movimenti ed associazioni pacifiste religiose e laiche, comitati antimilitaristi, volontari, ambientalisti, non violenti, militanti politici (spesso di base), liberi cittadini, non sempre omologabili alle classiche categorie da telegiornale.
Ed è ad esempio veramente sorprendente ascoltare, dai partiti del cosiddetto centro cattolico, continui piagnistei e rivendicazioni ipocrite in merito alla lotta sui Dico, e non sentire mai una sola parola sull’urgenza di porre un freno immediato all'accelerazione verso le posizioni pericolosamente militariste degli ultimi governi, incluso quello Prodi.
Vorremmo ricordare a questi strenui difensori della moralità cattolica, le parole di uno dei tanti "pacifisti della sinistra radicale", il vescovo di Caserta Nogaro
Veniamo di recente a sapere che un sottosegretario del governo Prodi, il senatore Lorenzo Forceri, si è recato, quasi in segreto, a Washington per firmare un accordo che ratifica l’acquisto di 133 caccia bombardiere d’attacco, i Joint Strike Fighter, per un costo totale di 13 miliardi di euro, non inclusivi delle spese di trasporto, manutenzione, addestramento, etc. Cifre da capogiro - come fa ben notare Fo [1] - per un governo che aveva promesso solo missioni di pace ed umanitarie.
Giusto a confondere ulteriormente le idee, si ricorda che l’Italia, quale membro NATO, ha il dovere di cooperare con le altre nazioni del Patto Atlantico, fornendo l’adeguato e doveroso supporto.
Senza entrare nel merito di quest’affermazione, si racconti piuttosto che a Vincenza si propone l’insediamento di una base USA (nulla dunque a che fare con i patti NATO) in virtù dei più antichi e vincolanti accordi bilaterali del ‘54 fra Italia e Stati Uniti, relativi a basi e servitù militari. Le basi USA di cui parliamo, sono il più delle volte operanti in un regime di totale extragiurisdizionalità. Servitù militari che per l’Italia comportano un onere in termini di sostegno economico ai costi d’insediamento e mantenimento, per circa il 37% del totale.
L’Italia, non si può negarlo, è un gran paese!
Approva e sottoscrive a livello europeo una serie di direttive; a volte addirittura legifera in conformità con tali norme, e poi non si prende cura di rispettarle.
Parliamo piuttosto dell’ennesima convenzione europea, ratificata dal Bel Paese, quella di Aarhus, che “stabilisce il diritto, per il pubblico interessato, di partecipare ai processi decisionali relativi all'autorizzazione di determinate attività, per lo più di natura industriale, aventi impatto ambientale significativo, nonché all'elaborazione di piani, programmi, politiche e atti normativi adottati dalle autorità pubbliche. Agli interessati deve essere garantita la possibilità di presentare osservazioni, di cui le autorità pubbliche devono tener conto”.
Nulla di questo viene applicato per Vicenza, per la quale stanno in queste ore già partendo le prime verfiche per l’insediamento USA.
Parliamo di inutili bombe ecologiche a tempo, che, si pretende vengano ad esempio costruite accanto ai serbatoi Agip del porto di Taranto o a Livorno, nel bel mezzo del Santuario dei Cetacei, area marina protetta, sulla carta, da leggi nazionali ed internazionali perché considerata area speciale per il suo ecosistema e dunque patrimonio dell'Umanità.
Riferisce Report (Rai 3) [2]: “L’Italia da nord a sud è allacciata alla rete internazionale dei paesi produttori, ma in Italia si vogliono costruire una decina di rigassificatori, in buona parte piazzati in mezzo ad altri impianti di gas e di liquidi infiammabili”.
In uno studio Eni del 2003 ad uso interno, riferisce sempre a Report un giornalista di Carta, emerge che con due soli rigassificatori in Italia ci sarebbe più gas di quello che il paese sarebbe capace di consumare.
Per di più in Italia, nel periodo dell’emergenza energetica di Gennaio 2006, "il gas c’era ma conveniva farci elettricità da vendere all’estero"... e si lasciavano gli italiani al buio.
Il Dio profitto sulla pelle dei cittadini. Il tutto con la tacita connivenza di questo gran bel governo di centro-sinistra, che invece di puntare a risparmio energetico e fonti rinnovabili, a rigidi vincoli costruttivi per le nuove abitazioni o ancora ad incentivi ai cittadini per le nuove forme di "energia pulita", punta a costruire decine di rigassificatori nei pressi dei porti italiani.
Ultima questione che sembra incendiare gli animi di questi "pessimi estremisti di sinistra": la TAV.
Sia ben chiaro: chiunque ha a cuore le tematiche ambientaliste dovrebbe preferire il trasporto su rotaia al trasporto su gomma. La TAV, in questo senso, potrebbe rappresentare un’opportunità, perché i margini per un rientro economico basato sul solo trasporto umano, sarebbero pressocchè inesistenti. Incardinare una rete di trasporto efficiente ai sistemi di trasporto locali ed ai porti di scambio, potrebbe apportare indubbi benefici alle economie del paese.
Ma i costi della TAV sono triplicati negli anni [3], a causa dello spaventoso sperpero di danaro pubblico versato su consulenze multimilionarie, aziende private, lavori mal eseguiti (interi tratti ferroviari fatti e rifatti pìù di una volta) e dunque fuoriuscite incontrollate di danaro verso i mille rivoli dell’affarismo. Oltre a questo danno, che ricade integralmente sulle casse dello Stato, ovvero ruba nelle tasche dei cittadini, si vorrebbe ancora una volta, con atti d’insopportabile tracotanza, procedere con i lavori per la TAV in zone in cui produrrebbero elevatissimi rischi ambientali e ricadute nefaste sulla popolazione dei luoghi coinvolti.
Al “progresso” non si può andare incontro calpestando la vita delle persone, e non è certo il fatto che a procedere sia “un governo di sinistra” a rendere meno gravi o più accettabili queste disastrose scelte.
La delusione è dunque grande. Questo nuovo centro-sinistra, in un anno scarso di operato, non ha saputo colmare la voragine di disillusioni che separa i cittadini dalla politica, che allontana giorno dopo giorno la società civile dai palazzi.
Viviamo una democrazia bloccata: bloccata da un imprenditore che ha confuso la gestione delle sue aziende col governo di un paese, costringendo i partiti di destra e di sinistra a produrre spericolate alleanza politiche.
Una democrazia bloccata da un centro-destra servo del suo padrone, e da un centro-sinistra che non riesce a ritrovare se stesso, che non avverte il distacco, non comprende che la sua esistenza non può prescindere dal ricostruire legami di credibilità con la propria base elettorale, magari cominciando da un serio rinnovamento delle proprie strutture di partito.
Lo strappo è ancora una volta compiuto, i nostri rimpianti per la caduta del governo Prodi sono veramente minimi.
Vittorio Moccia
v.moccia@peacelink.it
[2] http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%5E1068853,00.html
[3] Travolti dall''Alta Voracità - C.Cancelli, G.Sergi,
M.Zucchetti, Ed. Odradek
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