Il bisogno di avere una Strada
“Grazie a tutti”. Le prime parole di Daniele Mastrogiacomo sollevando le braccia al cielo per la gioia di essere di nuovo tra i suoi familiari, i suoi amici, i suoi colleghi che hanno condiviso indirettamente la storia. La storia di un uomo abituato a scriverla per gli altri, ma che ora la storia, quella storia, rimarrà alla fine solo sua. Il giornalista che voleva intervistare un comandante talebano, faceva solo il suo mestiere che nulla aveva a che vedere col raccontare l’Afghanistan con i “copia-incolla”. E’ stato fermato, forse venduto, e da lì è cominciata la sua storia. Ha visto sgozzare l’autista che lo accompagnava, la cui moglie, alla notizia, ha abortito il figlio di sei mesi che attendevano e ancora non sa dove sia il cadavere del marito. Le parole di un comandante talebano potevano “valere” tutto questo? No, sarebbe la risposta immediata per continuare la nostra cieca/accecata quotidianità. Facciamo finta di credere per un attimo agli intenti della conferenza di pace che i “signori” della guerra vorrebbero attuare per l’Afghanistan. E’ evidente che a questo tavolo dovranno assistere anche i comandanti talebani, “signori” della guerra anch’essi, perché la guerra non ha signori, se non virgolettati. Dunque Mastrogiacomo ci voleva solo informare sul pensiero di questi “signori”. Noi possediamo solo le “informazioni” degli altri “signori”. Troppe virgolette …Daniele ha fatto solo il suo mestiere e se la sua storia si è rivelata maledettamente disgraziata non può e non deve, da solo, portarsene il fardello. Lo deve condividere con tutti noi perché prima che il dovere ne abbiamo il diritto. Del “giornalismo” embedded noi dovremmo essere disgustati, perché ci sfianca, ci assorbe, ci rincoglionisce, annichilisce la nostra responsabilità di ragionare con il cervello. Basta con il copia-incolla, l’ultimo degli uomini lo sa ormai fare.
E veniamo ad un altro fardello pesante. “Grazie a tutti”. Allo Stato, al Governo (italo/afgano), al Sismi (nuovo di zecca), agli USA (no comment è stata la risposta del suo portavoce. Ecco, appunto: no comment). Impeccabili pubbliche relazioni. Il fardello però rimane ed è quello che si è caricato e sta caricandosi Gino Strada, solo lui. Su questo fardello non abbiamo diritti, ma doveri si, eccome. Il popolo afgano lo conosce perché Strada si è fatto conoscere come il solo che ha dato senza chiedere accontentandosi di sapere che il suo dare poteva solo ottenere gratitudine. La gratitudine è stata confermata con la liberazione di Mastrogiacomo. Molti lettori s’indigneranno al sentire parlar di gratitudine in cambio di 5 prigionieri. Ebbene invito questi lettori a riflettere. I rapitori di Daniele disconoscono la nostra cultura nello stesso modo in cui questi lettori, e non solo, disconoscono la loro e senza i Gino Strada e i Mastrogiacomo nessuno potrà mai impararla e dunque mai pensare a dialogare. Da più di cinque anni noi, piluccando in più piatti nell'ora di cena, ascoltiamo e vediamo scene di guerra. Chi si ricordava più dell’Afghanistan prima di Daniele? Storia vecchia… Diamo per scontati, come le previsioni del tempo, i bollettini iracheni…Il Libano? La Palestina? Per non parlare delle guerre che esistono, per ora non "pubblicizzate", dunque sconosciute. Gino Strada conosce il “come si fa” e lui ha salvato la vita al nostro Daniele che tutta l’Italia, compreso l’ultimo dei guerrafondai, voleva riavere vivo. Chi sa “come si fa” è il solo che può portare pace e non guerra. La “conferenza di pace” immaginata da D’Alema e Rice non possiede il DNA per trasformare la guerra in pace. D’Alema e Rice non sono Gino Strada che ha dimostrato a quei “signori” lì, che portava e non che andava a prendere…
A Gino Strada il Governo afgano ha “preso” uno dei suoi collaboratori Rahmatullah Hanefi, responsabile della sicurezza di Emergency, l’uomo che è si è prodigato come mediatore per la liberazione di Mastrogiacomo. “Nessuna accusa”, fanno sapere le autorità, ma Hanefi è ancora trattenuto senza possibilità di comunicare. Abbiamo parlato con Maso Notarianni, fondatore di Peacereporter, ma anche genero di Gino Strada. Ci dice che la stessa sorte, è ormai quasi certo, sia toccata anche a Adjmal Nashkbandi, l’interprete che Daniele ha visto "andare via libero", ma di cui poi si sono perse le tracce. Gli chiedo qual è l’impressione ad oggi. Avverto nella sua voce amarezza e stanchezza, e nel frattempo il desiderio di non strumentalizzare il suo pensiero, di non scatenare polemiche. Certo che no. Di strumentalizzazioni e polemiche ne abbiamo già da riempire fosse e testate. Maso prosegue: “ la mia sensazione è proprio quella di essere rimasti soli, soli con i nostri problemi di sempre, ma oggi con qualcosa in più. Stiamo attendendo e lo faremo per 24 ore o poco più. Se quei due uomini non verranno liberati ci attiveremo per chiedere a tutti voi di aiutarci con il vostro impegno” Gli prometto che il nostro impegno l’avrà e che per questo, dunque, ci sentiremo presto.
Ecco il fardello di Strada. Ecco la riconoscenza per aver dato lustro alle pubbliche relazioni del nostro Governo e di quello afgano. Chi ha dato, ha dato chi ha avuto, ha avuto e scurdammoce? Il nostro dovere è quello di proteggere Gino Strada perché noi, tutti noi, abbiamo bisogno di possedere quella strada, di proteggerla per poterla continuare a percorrere. Nessuno di noi può sapere se sia quella giusta per arrivare al nostro obiettivo di pace, ma sicuramente c’è stato dimostrato che non è quella sbagliata.
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