Marigliano, sversatoi e rifiuti tossici: dov'è finito lo stato di diritto?
Dirigendosi in auto verso Marigliano, ciò che salta subito all’occhio è lo stacco repentino da un paesaggio fatto di cumuli di immondizia, accatastati per le strade dei paesi limitrofi, ad uno fatto di luoghi lindi: non un sacchetto per strada, nessun bidone stracolmo. Questo accade perché Marigliano va ascritto di diritto all’elenco dei comuni ricicloni. Qui la raccolta differenziata funziona a dovere, superando la soglia del 50%: non solo rifiuti solidi ma anche e soprattutto l’umido, spedito fuori regione.
Eppure, quasi una beffa pirandelliana, nei pressi del depuratore di Marigliano, località Boscofangone, il mega-commissario De Gennaro, l’uomo “del fare” (e del picchiare), ha stabilito che, per tamponare l’emergenza campana, verranno stoccati per 90 giorni rifiuti provenienti da tutta la provincia di Napoli, per un totale di 98mila tonnellate, ridotte nel seguito a 30.000, dopo un’analisi della effettiva capienza del sito.
Il depuratore di cui si parla è stato realizzato dalla ex Cassa per il Mezzogiorno, nell'ambito del sistema di depurazione della piana Campana, che comprende 6 grandi impianti tra cui quello in esame. E' stato poi sequestrato nel 2004 perché “sversava” fanghi tossici.
Ogni giorno, da un anno, in quell’impianto vengono riversati circa 100 metri cubi di percolato provenienti da numerose discariche campane.
Il 29 gennaio i lavori per l’allestimento del sito individuato da De Gennaro iniziano tra gli scontri. Mai viste tante forze dell'ordine, schierate contro i cittadini per la prima “azione di alleggerimento”: carabinieri, polizia, guardia di finanza. Mentre le ruspe entrano nel sito, il sindaco viene buttato all’aria dalle forze dell’ordine, insieme al gonfalone del Comune; picchiati anche alcuni manifestanti (6 feriti, tra cui un bambino di 8 anni), appellati come mafiosi.
E intanto la gente di Marigliano si ammala e muore di rifiuti tossici, di quel micidiale campionario di scarti di fonderie, amianto, fluff da rottamazione di auto, fusti di pericolosi prodotti chimici, perfino carcasse bruciate di animali.
Fiori alla diossina
La notizia dell’apertura della discarica era stata appresa dai consiglieri comunali il 21 gennaio 2008 alle 12 mentre si "festeggiava" per l'approvazione, nel protocollo di intesa provinciale, della conversione del territorio agricolo di Marigliano in luogo floro-vivaistico: data l’impossibilità di coltivare un qualsiasi prodotto agricolo tradizionale, a causa dei disastrosi livelli di inquinamento dei terreni, si è trovata una soluzione per la tutela dei livelli occupazionali, recuperando in qualche modo quei terreni non più utilizzabili per la normale produzione agricola, evitando così la contaminazione del ciclo alimentare con la raccolta e la distribuzione di frutta e ortaggi inquinati.
Storie di ordinaria follia
Mentre la ruspetta inizia a scavare per predisporre lo sversatoio di Marigliano, giunge un esposto anonimo al Comune, inviato anche alla procura di Nola e di Napoli. Un esposto mirato, a quanto pare, nel quale si segnala che in località Verduzzio, poco distante dal cimitero di Marigliano, è interrato un camion pieno di rifiuti tossici. Il 12 febbraio alle ore 11:00 viene rinvenuta la cisterna di un camion in condizioni fatiscenti e con alcune crepe a causa delle lamiere deteriorate: da queste ultime fuoriesce un odore acre, acido, con miasmi nauseabondi.
Negli stessi giorni la forestale rinviene un cospicuo numero di lastre di amianto, in parte frantumate, scaricate direttamente su di un terreno agricolo nella contrada Boscofangone, area ormai ridotta a megasversatoio abusivo.
Gli episodi descritti accadono come se fosse ancora una volta tutto normale; l’anormalità evidente è che quanto accade durante i lavori di messa in opera del sito, sommariamente riportatp per lo più da qualche giornale locale, venga considerato “normale” e non susciti un'indignazione di portata nazionale.
L’analisi delle acque
Si scopre però che analisi recenti, in possesso del commissariato, dell'acqua e del suolo su cui si sta realizzando il sito, non sono ancora pronte. Si concorda dunque col Comune una sospensione dei lavori in attesa dei risultati, ma il 6 febbraio i lavori riprendono senza alcun preavviso.
I rappresentanti di De Gennaro non riconoscono la validità delle analisi, perché eseguite da un privato, affermando la necessità di ripeterle affidandole ad un organismo pubblico. Quando i responsabili dell’ARPAC ed i tecnici del Commissariato si recano a Boscofangone per nuovi prelievi, non si trova neppure il responsabile della ditta che sta effettuando i lavori, in possesso della chiave del catenaccio che chiude il pozzo da cui effettuare i prelievi.
Sembra che il destino di Marigliano sia quello di annegare tra i rifiuti campani.
Ci si mette anche il tribunale amministrativo del Lazio
"dal bilanciamento dei contrapposti interessi nella odierna fase cautelare, appare prevalente l’interesse pubblico tutelato dall’amministrazione resistente con l’adozione del provvedimento impugnato rispetto a quello, pur meritevole della più elevata considerazione, tutelato dall’amministrazione comunale ricorrente".
Il Tribunale afferma che le ragioni del Comune di Marigliano sono tutt'altro che infondate, ma non possono considerarsi prevalenti sulla necessità di fronteggiare la crisi. In sintesi si sostiene che, in virtù dei tempi circoscritti dell’intervento commissariale, la soluzione dell’emergenza dei rifiuti ordinari è considerata più meritevole di attenzione di quanto sia il problema dell’nquinamento da presenza di rifiuti tossici sul territorio di Marigliano.
“Oggi, il grande scandalo” - afferma un cittadino del Triangolo della Morte - “non è certamente l'emergenza sanitaria, derivata dagli sversamenti di sostanze tossiche per oltre vent'anni in queste province, ma i rifiuti che invadono le strade, perché questo stato di cose crea un danno economico” (ad esempio alle attività gastronomiche e turistiche), mentre i cittadini possono “morire ed avere figli deformi senza che la cosa interessi nessuno.”
E’ possibile che i cittadini di terre martoriate e mortificate debbano continuare a subire costanti umiliazioni della propria dignità di esseri umani, invece di ricevere il sostegno e l’aiuto che meriterebbero?
Per quanto tempo ancora dovrà proseguire questo vergognoso scempio? Quale politica sarà mai in grado di predisporre soluzioni definitive al problema?
C’è dunque da chiedersi: siamo ancora in uno stato di diritto? Possiamo ancora parlare di uno stato democratico quando ad una popolazione viene negato il diritto ad un futuro, ignorando pervicacemente le cause che quel diritto negano?
Vittorio Moccia
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