Conferenza di Jeff Halper, Torino, 16 settembre 2009

Palestina: gli ostacoli alla pace

Che cos'è Israele, in che cosa consiste il conflitto israelo-palestinese? Quali sono gli ostacoli alla pace?
17 ottobre 2009
Lorenzo Galbiati

Jeff Halper

Siamo nell'aula magna dell'istituto dei missionari della Consolata, che ospitano la conferenza di Jeff Halper. 63 anni, calvo con una folta barba bianca, una maglietta verde militare sopra la pancia ben sporgente, inizialmente coperta da un camicione a quadrettoni rossi, jeans blu sgualciti, Jeff sembra proprio un vecchio fricchettone americano. Ma ormai, da più di 25 anni l'americano Halper si è trasferito in Israele e ora è un israeliano a parlare: questa è la sua più consona identità.

Un israeliano, sì, ma non un tipico israeliano. Un israeliano che è stato in prigione una decina di volte perché con il suo centro, l'Icahd, compie atti di disobbedienza civile per opporsi alla demolizione delle case dei palestinesi israeliani. Un pacifista, un vero nonviolento. E quindi un vero critico di Israele.

Che cos'è Israele, in che cosa consiste il conflitto israelo-palestinese? Quali sono gli ostacoli alla Pace?

Lasciamo parlare Jeff, per quello che ho scritto e registrato di quella conferenza (miei sono solo l'editing e alcune frasi di collegamento), gentilmente tradotta da Paola Canarutto, della Rete degli Ebrei contro l'Occupazione, che ha organizzato l'incontro.

Quale pace può esserci in Palestina?

La soluzione due popoli-due stati è attualmente approvata da tutti, in teoria. E' alla base della Road Map ed è ben vista dal "quartetto": USA, UE, Russia, ONU. In apparenza anche da Israele. Ma Israele vuole mantenere il controllo su tutta la Palestina; l'ideologia dello stato ebraico, il sionismo, considera terra ebraica tutta quella che si estende dal Mediterraneo al Giordano. E infatti Israele ha occupato con le sue colonie circa metà della terra in cui dovrebbe estendersi il futuribile stato palestinese.

Ecco perché la soluzione a due stati, è attualmente impercorribile. A meno che gli Stati Uniti non vogliano imporre a Israele lo sgombero delle colonie. Dico gli Stati Uniti perché per Israele l'ONU e l'UE non contano niente, solo gli USA vengono ascoltati. Ma spesso pure a loro Israele dice no. Israele è uno stato che fa quello che vuole.

I palestinesi ora vivono a Gaza, Gerusalemme est e West Bank (Cisgiordania), che costituiscono circa il 22% della Palestina storica: eppure sono disposti ad accettare uno stato solo su quel fazzoletto di terra. Questa è la "generosa offerta" dei palestinesi. Infatti, la soluzione a due stati per il conflitto israelo-palestinese è stata accettata dall'OLP già nel 1988, e dalla Lega araba nel 2002. E questa soluzione, che prevede uno stato palestinese solo sul 22% della Palestina, è alquanto "generosa" verso Israele.

[Halper sottolinea la "generosa offerta" dei palestinesi per smascherare quella che i media hanno chiamato la "generosa offerta" di Barak. Nel 2000 a Camp David, e nel 2001 a Taba, Barak "offrì" una buona parte, circa il 95%, di quel 22% ad Arafat: era, quella, una "generosa offerta", secondo i media internazionali. Non si considerava che quella terra Israele non la può "offrire", dato che la occupa ma non la possiede. Arafat rifiutò perché l'offerta dei territori avveniva senza la sicurezza di ottenere uno stato vitale e con contiguità territoriale; inoltre, non venivano risolti due problemi imprescindibili: il ritorno dei profughi e Gerusalemme est ai palestinesi . NdA]

Perché Israele non accetta questa generosa offerta, se vuole pace e sicurezza?

Perché non vuole la pace e la sicurezza, non prima di altro.

La sicurezza? Israele è la quarta potenza atomica al mondo. Israele non può proprio aver paura di un piccolo stato palestinese male armato al suo fianco, pronto a essere invaso in caso di guerra.

La pace? Israele non rinuncia all'occupazione della Cisgiordania perché nega che ci sia una occupazione, così come nega ancora che ci sia un popolo palestinese. Non riconosce che esista una nazione palestinese, e tanto meno una nazione con il diritto all'autodeterminazione. In Israele è difficile sentir parlare pubblicamente di palestinesi, si preferisce dire che ci sono "arabi intorno" al paese. Parlare di palestinesi significherebbe riconoscere l'esistenza di una terra chiamata Palestina, ma poiché la terra dal Mediterraneo al Giordano è solo israeliana... non c'è nessuna Cisgiordania occupata, quindi non c'è bisogno di rispettare nessuna Quarta convenzione di Ginevra, non si può occupare ciò che già ti appartiene. Il sionismo come movimento nazionalista laico ha inglobato l'idea religiosa di una grande Israele dal Mediterraneo al Giordano. Quindi, sia che al potere vi siano israeliani religiosi, sia che governino dei laici, la politica israeliana non cambia. Per esempio, il progetto delle colonie, volto a occupare tutta la Palestina secondo l'idea religiosa della Grande Israele, è stato sostanzialmente progettato da Begin e Sharon, due ebrei laici.

Semplificando: non essendoci Palestina, palestinesi, e occupazione militare di quel 22% di Palestina che ora si chiama Cisgiordania, non c'è neanche una politica governativa che si occupa di questo.

L'unica cosa che c'è, in Israele è l'interesse per il terrorismo palestinese. Gli "arabi intorno" praticano il terrorismo contro Israele: SONO NEMICI, per cui non si può lasciar loro uno stato.

Su questo, così come su altre questioni, in Israele c'è una grande omologazione di pensiero. Per la recente guerra (carneficina) mossa verso Gaza, c'era il 90% di consenso nella cittadinanza. In democrazia non è normale che vi sia il 90% della popolazione d'accordo su una qualsiasi cosa.

Tuttavia, nonostante tutto ciò che nega a riguardo della Palestina e dei palestinesi, il governo israeliano sa bene che intorno a Israele ci sono 4 milioni di palestinesi da mettere da qualche parte. E' un bel problema. Nel 1948 Israele è riuscito a espellere o a far fuggire dalla Palestina metà dei palestinesi, ma che fare di questi che son rimasti? Rabin diceva che "non abbiamo finito il lavoro del 1948". Israele ha pensato e sperato di far diventare la Giordania lo stato dei palestinesi (e in effetti ora in Giordania abitano molti palestinesi) ma si è visto che non ha funzionato del tutto. Ora, poiché non gli si vuol dare uno stato, la soluzione rimasta è quella dei bantustan in stile sudafricano. In Sud Africa c'era uno stato bianco sull'89% della terra, in Israele si vuole uno stato ebraico sull'85% della terra, e i palestinesi in bantustan che costituiscano il 15% restante della terra.

Già dal 1948 la politica israeliana è quella di creare fatti concreti sul terreno irreversibili, fatti che rendono inutili le contrattazioni, il cosiddetto "processo di pace", che spesso serve più che altro a ratificare i fatti sul terreno prodotti da Israele. Se si osserva la mappa della West Bank si vede bene come non esista più una terra per uno stato palestinese, ma solo una miriade di piccole enclave, isole in cui sono immagazzinati i palestinesi. Si vede anzi quella che io chiamo la "matrice di controllo" israeliana, che si estende per tutti i territori occupati. Attualmente, il 95% dei palestinesi è racchiuso nel 40% del 22% della Palestina storica, è una zona che comprende la cosiddetta area A, sotto controllo palestinese, e l'area B, sotto controllo congiunto israelo-palestinese. Questa zona è suddivisa in 70 isole circondate da colonie israeliane.

Sul restante 60% del territorio, ci sono le colonie israeliane (circa 250): è la cosiddetta area C, che comprende le principali terre coltivabili e le risorse idriche. Poi ci sono le strade per soli ebrei e i vari posti di blocco fissi e in movimento, a impedire il normale transito per i palestinesi.

Nella zona centro-settentrionale della Cisgiordania, si può notare come il Muro si inoltri in profondità dentro la terra palestinese. A seguito del muro, ci sono 7 blocchi di colonie che Israele si vuole tenere e che, con la loro espansione, determineranno la suddivisione della Cisgiordania in un cantone a nord e in uno in centro. Il cantone centrale a sua volta viene separata da un altro cantone a sud dal progetto della Grande Gerusalemme, con il quale Israele vuole annettersi, come di fatto sta avvenendo grazie al Muro, Gerusalemme est, ossia la città che dovrebbe (doveva) diventare la capitale dello stato palestinese. In questo modo, la West Bank sta per essere suddivisa in tre super-bantustan, un cantone a nord, uno al centro, uno a sud di Gerusalemme - più Gaza.

Israele vuole isolare Gerusalemme dalla Palestina, con il Muro e con l'espansione delle colonie della Grande Gerusalemme fino al Mar Morto. Gerusalemme è il centro economico della Palestina: senza Gerusalemme è impossibile pensare a un futuro stato palestinese vitale.

La soluzione due popoli-due stati non è più praticabile

Israele potrebbe anche concedere il 90% di quel 22%, ma si terrebbe il controllo economico della zona, per esempio le zone al confine con la Giordania, che sono la risorsa di acqua del paese, poi i confini con l'Egitto, le acque sotterranee, e lo spazio aereo e navale. Il Muro stesso, che ingloba circa l'8% della Cisgiordania, delinea un altro confine, è chiamato "barriera di separazione". Hafrada è la parola ebraica per separazione, e la separazione è la base dell'apartheid. L'apartheid è la separazione di una popolazione su base etnica su cui si esercita un controllo istituzionalizzato permanente. Il controllo viene esercitato con la "matrice di controllo", ossia con colonie, che comprendono mezzo milione di coloni, strade, posti di blocco, esercito capillarmente distribuito sul territorio a terra, in mare e in aria.

Cosa fa il mondo? Obama?

A Washington dicono che Obama ha più problemi con Nancy Pelosi che con Netanyahu. Bush padre, negli anni Novanta voleva mettere sanzioni a Israele. Non c'è da stupirsi, l'80% degli ebrei americani votano democratico. Ma negli stati uniti è il Congresso a decidere. Ora, si chiede a Israele di congelare la costruzione di nuove colonie. Il governo Netanyahu non prende in considerazione l'idea di ritirare i coloni, e neanche quella di congelare la costruzione di nuove colonie per lungo tempo. Ma per dare in pasto ai giornalisti, che notoriamente non sono inclini a spiegare i dettagli, una falsa idea di disponibilità al "processo di pace", metterà in atto un piccolo stratagemma.

Israele congelerà le colonie nella West Bank per 9 mesi, mentre continuerà a colonizzare Gerusalemme est. Cosa vuol dire congelare? Vuol dire che i 4000 appartamenti nelle colonie della West Bank che sono stati assegnati recentemente saranno costruiti tra 9 mesi. Cosa farà Israele in questi 9 mesi? Approverà l'assegnazione di altri 4000 appartamenti. Ecco in cosa consiste il congelamento.

Se George Mitchell, in questi giorni in Israele non ottiene da Israele un VERO congelamento delle colonie, l'ipotesi dei due stati sarà definitivamente uccisa, perché non c'è più terra per lo stato palestinese.

[Mitchell ha fallito la sua missione in Israele, e dopo Netanyahu e Abu Mazen si sono incontrati il 22 settembre negli USA, alla presenza di Obama, che ha voluto far ripartire il "processo di pace". Netanyahu, come previsto, si è dichiarato disposto a un congelamento di soli 9 mesi per le colonie esterne alla Grande Gerusalemme, aggiungendo che non ci devono essere pre-condizioni per affrontare di nuovo il "processo di pace". Qualche settimana dopo, onde evitare di bloccare sul nascere questa occasione, Abu Mazen, e con lui l'intera ANP, ha rinunciato a chiedere che gli esiti della commissione ONU sulla guerra di Gaza, presieduta da Goldstone, che ha tacciato Israele (e Hamas) di crimini di guerra e forse anche contro l'umanità per la carneficina di Gaza, siano esaminati presto dall'ONU. E così, per volontà americana, e con il consenso di Abu Mazen, il Consiglio dell'ONU sui diritti umani ha rimandato a marzo la decisione sul rapporto Goldstone, che potrebbe incriminare l'esercito israeliano e i politici israeliani di crimini di guerra e contro l'umanità. Nota mia]

Obama dovrebbe presentare un piano di pace nelle prossime settimane, ma molti dicono che Obama non ha un piano di pace.

E la situazione israelo-palestinese non è una questione locale bensì globale. Da essa dipendono la pace in Medio Oriente e la pace nel mondo. La condizione in cui si trova il popolo palestinese è una condizione in cui si vengono a trovare tutti i popoli senza terra dell'umanità.

L'occupazione militare è un sistema che collasserà

Noi stiamo cercando, con il boicottaggio e la richiesta di sanzioni, di accelerare questo collasso. Noi chiediamo di sostenerci in questa campagna.

Negli USA ci sono molte chiese che praticano la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).

I portuali del Sud Africa non scaricano le merci delle navi israeliane. E' una campagna antiapartheid, non è una campagna anti-israeliana. Le sanzioni vanno chieste fino a quando non terminerà l'occupazione militare e non si formeranno due stati autonomi o uno stato bi-nazionale su tutta la Palestina, che è quello che vogliono i palestinesi della diaspora.

Il nostro lavoro, in Israele, è una resistenza nonviolenta, il cui principio è prettamente politico. Dal 1967 sono state distrutte 24 000 case palestinesi, e noi, come Icahd, ne abbiamo ricostruite solo 165. Dal punto di vista materiale si tratta di una cifra irrisoria, ma dal punto di vista politico, la nostra azione nonviolenta, svolta congiuntamente da ebrei e palestinesi, è importante. Noi vogliamo segnalare come la demolizione delle case palestinesi non avvenga per oscuri motivi di sicurezza, ma sia una operazione di pulizia etnica funzionale alla colonizzazione della Palestina. Il problema più grave è a Gerusalemme est, che è stata definita una zona verde dal 1967. I palestinesi possono costruirvi ma vi sono già 22 000 ordini di demolizione che possono essere attuati in qualsiasi momento. Gli ebrei sono ormai la maggioranza a Gerusalemme est, e ci sono altri 9 000 appartamenti a loro già assegnati, mentre è impossibile che vengano dati permessi ai palestinesi.

E come già detto, senza una Gerusalemme est palestinese, non potrà mai esserci una giusta pace in Palestina.

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