Napolitano respinge il ricorso straordinario dei Comitati campani sull'inceneritore di Acerra

Secondo il Consiglio di Stato è un processo alle intenzioni. Il CO.RE.Ri.: "nel frattempo l'impianto si è crepato, è senza collaudo e le emissioni hanno sforato i limiti. Napolitano e la magistratura amministrativa non hanno voluto fermare il business. Ci auguriamo che stavolta la Procura di Napoli indaghi fino in fondo"
9 ottobre 2010
Coordinamento regionale Rifiuti della Campania

Il Presidente della Repubblica ha respinto il ricorso contro l’apertura dell’inceneritore di Acerra presentato nel giugno 2009 da comitati e associazioni ambientaliste aderenti al CO.RE.Ri, il Coordinamento Regionale Rifiuti della Campania, e da alcune aziende agricole acerrane ubicate nelle vicinanze dell’impianto. E’ di certo paradossale che la notifica del decreto arrivi proprio oggi, ad una settimana dal fermo di tutte e tre le linee dell’inceneritore; tale fermo, stando alle dichiarazioni di un rappresentante della società Partenope Ambiente, che gestisce l’impianto, è dovuto alla rottura delle pareti di materiale refrattario all’interno dei forni causata dai fumi acidi prodotti dalla combustione di rifiuti diversi da quelli per cui l’impianto era stato progettato e costruito. Tutto questo capita a pochi giorni di distanza dall’audizione, in Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, del Procuratore della Repubblica di Nola Paolo Mancuso, che sta indagando sulle emissioni dell’inceneritore, il quale ha confermato, ove mai ve ne fosse bisogno, tutti i limiti e difetti dell’impianto.
Cosicché, mentre vengono alla luce in tutta la loro drammaticità i problemi che il CO.RE.Ri. aveva già denunciato a suo tempo, il Presidente della Repubblica, fondandosi su un parere del Consiglio di Stato del maggio 2010, ci manda a dire che tutto va bene. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, il nostro ricorso del 2009 sarebbe un processo alle intenzioni. Sostiene infatti il supremo organo della magistratura amministrativa, nel respingere uno dei motivi del ricorso, che l’autorizzazione, in deroga al già anomalo parere di compatibilità ambientale del 2005, alla combustione di rifiuti diversi dall’ormai fantomatico (e inesistente) CDR campano, sarebbe “ininfluente sulle emissioni” dell’impianto giacché l’Ordinanza del Presidente del Consiglio, quella che prevede tale deroga, avrebbe confermato i limiti di emissione precedentemente previsti: come se bastasse una legge o un’ordinanza per fermare gli inquinanti al camino. Che tali “intenzioni” però non fossero delle migliori lo prova il fatto che, a distanza di poco più di un anno da quel ricorso, le centraline collocate nei dintorni dell’impianto hanno fatto già registrare oltre 250 giorni di sforamento dei limiti di emissione degli inquinanti in atmosfera (su poco più di 500 giorni di funzionamento parziale dell’inceneritore) rispetto ai 35 annui previsti dalla normativa.
Il medesimo orientamento lo ha espresso il Consiglio di Stato su un altro dei motivi di ricorso, adducendo incredibilmente il fatto che la lamentata assenza dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (obbligatoria, sia per la legge italiana che per quelle europea, per consentire la messa in esercizio di un impianto come quello di Acerra) sarebbe stata superata dalla sua concessione ex lege e dall’approvazione da parte della struttura commissariale di un documento sostitutivo che non solo ha negato la prevista partecipazione dei cittadini al procedimento autorizzatorio, ma ha addirittura previsto l’effettuazione della maggior parte delle complesse attività tecniche necessarie per il collaudo dell’impianto in appena una giorno.
Scopriamo oggi, a distanza di un anno e mezzo dalla sua inaugurazione in pompa magna che, non solo l’inceneritore non sarebbe ancora stato collaudato (per legge avrebbe dovuto esserlo entro il 28 febbraio 2010), ma, secondo i tecnici della provincia di Napoli, non rispetterebbe neppure le prescrizioni del documento sostitutivo dell’AIA.
Se a questo si aggiunge il fatto che, nonostante il funzionamento a singhiozzo, è stato necessario sostituire dapprima le pompe, poi gli impianti di estrazione delle scorie e oggi si rende necessario spendere dai 10 a 20 milioni di euro per riparare ai danni conseguenti alla improvvida decisione di bruciare qualsiasi cosa in un impianto già obsoleto prima ancora di essere costruito, è evidente che la decisione del Presidente della Repubblica si scontra con una realtà dei fatti del tutto diversa e seriamente preoccupante per la salute dei cittadini.
Ci si chiederà, quindi, come mai si insista tanto su quell’impianto. E la risposta ce la dà indirettamente il Consiglio di Stato rigettando l’ultimo motivo di ricorso contro l’inceneritore.  Il collegio giudicante, presieduto da Alessando Pajno, ha ritenuto i cittadini campani ricorrenti non legittimati a proporre ricorso contro la concessione degli incentivi CIP6 per la produzione di energia elettrica all’impianto di Acerra (che non brucia fonti energetiche rinnovabili e che quindi non ne ha legittimamente diritto) nella misura in cui la loro posizione di utenti del servizio elettrico che per tale concessione subiscono un danno patrimoniale rappresentato dal contributo addebitato sulla bolletta elettrica non é diversa da quella di qualsiasi altro cittadino che paga l’energia elettrica. Evitando di addentrarsi nella questione CIP6, quindi, il Consiglio di Stato ha evitato di dover annullare le ordinanze che concedono illegittimamente gli incentivi all’impianto campano. Annullamento che avrebbe avuto come conseguenza il fermo dell’impianto per la sopravvenuta evidente antieconomicità.
E’ chiaro quindi che l’inceneritore di Acerra è prima di tutto e sopra di tutto un grosso business, fatto con i soldi dei cittadini. Talmente grosso che anche la Presidenza della Repubblica e il Consiglio di Stato non si sono permessi di fare un torto alle lobbies inceneritoriste, come sarebbe avvenuto ammettendo il ricorso dei cittadini campani e dunque chiudendo l’impianto.
Ma, fortunatamente, proprio ieri è giunta finalmente la notizia dell’avvio dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli a seguito dell’esposto presentato dal CO.RE.Ri. (a cui si aggiungeva quello del Sen. Tommaso Sodano), sempre nel giugno 2009, per denunciare, anche penalmente, le omissioni e le inadempienze collegate all’impianto acerrano.
Ci auguriamo che almeno stavolta il Procuratore Lepore non metta davanti alle esigenze di giustizia quelle ragioni di “opportunità politica” che nell’inchiesta Rompiballe (poi arenatasi nelle sabbie mobili della Procura romana) gli impedirono di indagare fino in fondo su tutti gli aspetti dell’affare rifiuti e lo invitiamo a restituirci con coraggio, insieme ai suoi valenti sostituti, un brandello di legalità. Noi nel frattempo, come Coordinamento Regionale Rifiuti della Campania, stiamo raccogliendo ulteriori elementi che possano risultare utili per le indagini e che forniremo alla Procura di Napoli non appena possibile.   

Coordinamento Regionale rifiuti della Campania (CO.RE.Ri)
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