Il viaggio low cost delle armi da guerra
In questi giorni verrà approvata una legge con la quale il Parlamento delega al Governo “il recepimento” di alcune Direttive europee. Si tratta della legge comunitaria 2010. Tra le altre Direttive, ve n'è una sulla semplificazione dei trasferimenti di armi tra i Paesi dell’Unione Europea (2009/43/CE).
LA DENUNCIA DEI PACIFISTI
La “Rete Italiana per il Disarmo” e la “Tavola della pace” avvertono in un comunicato che: “Vi è il forte rischio che l’Italia, con l’approvazione del disegno di “legge comunitaria 2010” (Atto Senato 2322-B) attualmente all’esame della Commissione politiche comunitarie del Senato, diminuisca i controlli sui trasferimenti di armi e che la trasparenza in questo ambito delicato faccia un passo indietro”.
E’ la prima volta che questa materia così delicata verrebbe delegata dal Parlamento al Governo.
Come si puo’ meglio comprendere leggendo il rapporto dell’Istituto di Ricerche "Archivio Disarmo", in caso di trasferimenti di “prodotti della difesa” fra Stati membri dell’Unione Europea verrebbero ridotti i controlli grazie anche all’introduzione di una “licenza generale” di trasferimento, che una volta acquisita dal fornitore gli consentirebbe di non richiedere altre autorizzazioni per il transito o l'ingresso di armi in altri Stati membri. Il rischio concreto è che un testo preparato dal Governo - sulla base della delega generica contenuta nella bozza della legge della comunitaria 2010 (all’art. 12) - potrebbe cancellare le regole destinate a contenere il rischio di triangolazioni, uno strumento ampiamente utilizzato per aggirare regole e divieti. (cfr. NOTE).
La bozza dell'art. 12 prevede anche un potere regolamentare di attuazione (comma 4). In pratica, interverrebbero futuri provvedimenti ministeriali e della Presidenza del Consiglio ai quali le disposizioni di legge (decise dal Governo in base alla delega, con decreti legislativi) potrebbero riservare ampi spazi di manovra.
In questa fase, essendo la normativa ancora all’attenzione diretta del Parlamento (per quanto confinata nelle Commissioni parlamentari per le politiche comunitarie), abbiamo a disposizione i contributi del Servizio studi del Senato, che illustrano i contenuti della delega e il contesto normativo (DOSSIER IN NOTA, pagg. 145 - 156).
Oggi la materia degli scambi e dei transiti di armamenti è disciplinata dalla legge 185 del 1990 e da un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 14 gennaio 2005, n. 93)
Di certo non c’è motivo di pensare che possano venire meno i divieti stabiliti dalla legge italiana, e quindi il divieto di scambi e transiti relativi ai paesi in conflitto armato, ai paesi i cui governi si rendano responsabili di violazioni dei diritti umani o di politiche in contrasto con il principio del ripudio della guerra incarnato dalla nostra Carta costituzionale (e dalla storia recente del nostro paese fino alla fine degli anni ’90). Ma è stato necessario mobilitarsi spesso per difendere la legge 185: sono sempre a rischio le cautele - più che ragionevoli in questo settore - e le procedure rigorose che prevede, senza le quali sarebbe impossibile garantire l’attuazione effettiva dei suoi stessi principi.
E’ stato così anche nel 2003, quando la legge 148 ratificò un accordo sull’industria europea per la difesa e ammise la possibilità di una “licenza globale di progetto” (una sola licenza per un certo numero di pezzi scambiati con un Paese partner).
LE REGOLE CHE POTREBBERO CAMBIARE
Come si diceva, la delega che è stata concepita è vaga e potrebbe lasciare spazio a modifiche profonde della legge 185.
Una norma fondamentale oggi a rischio riguarda la destinazione delle armi (art. 11 della legge 185), con un sistema di garanzie che in alcuni casi prevede certificati rilasciati dalle autorità governative dei paesi destinatari e autenticati dai consolati italiani (attestanti che, in mancanza di un’autorizzazione italiana, il materiale non verrà riesportato).
Rischiano anche di essere eliminati o ridotti i controlli sugli Istituti di credito, che hanno un evidente ruolo chiave negli scambi di materiali di armamento. Per il loro tramite, il Ministero dell’Economia e delle finanze attualmente autorizza le aziende nazionali allo svolgimento di transazioni bancarie attinenti al settore (art. 27 della legge 185), transazioni poi segnalate dagli stessi Istituti al Ministero per i successivi controlli.
L’AVVERSIONE PER
Le associazioni della "Rete Italiana per il Disarmo" chiedono di stralciare l’articolo del disegno di legge AS 2322-B (comunitaria 2010) affinché vi sia il pieno coinvolgimento del Parlamento. Non è del resto inevitabile che dell’attuazione della Direttiva 2009/43/CE si occupi il Governo.
E’ possibile essere fiduciosi riguardo alla condivisione dei principi della legge 185 e alla loro tenuta. La conferma che questa sensazione ha un fondamento deriva proprio dai timori di chi non vorrebbe coinvolgere l’opinione pubblica. Per fortuna – ed è noto - è ancora un patrimonio comune del nostro popolo l’idea che la diffusione delle armi sia da contrastare, capace com'è di alimentare comportamenti e scelte antisociali e di mettere a repentaglio la nostra sicurezza.
La legge 185 testimonia dell’avversione sempre forte del popolo italiano per la guerra e per l’incontrollabile catena di eventi, interferenze e ingiustizie che ne determinano l’escalation di ferocia e disumanità. Nelle società dalle quali la guerra non è rigettata – o viene avversata con timidezza - vengono emarginate e sacrificate proprio le migliori forze e le migliori potenzialità, in particolare tra i più giovani. Di questo il nostro senso comune è ancora e sempre consapevole.
Quando l’attenzione a questi temi è stata più alta, i segnali sono stati sempre chiari. La popolazione italiana non è cambiata. Il nostro paese non ha nulla in comune con paesi i cui valori e la cui storia recente sono diversi (e non c’è nessun dato o argomento che può far ritenere il contrario). Il ruolo anche internazionale dell’Italia deve ricollegarsi alla Costituzione, rivitalizzarsi e aderire ai valori della popolazione, con scelte che devono contrastare l’uso della violenza e della guerra.
Sono pensieri e valori ancora ben rappresentati da quella parte della legge
E’ TEMPO DI OCCUPARSI IN PRIMA PERSONA DI PACE E DI GUERRA.
E’ giusto che sia la gente comune a occuparsi di pace e di guerra e lo è sempre stato. Non devono occuparsene i soli professionisti (degli eserciti, della politica, del giornalismo e dello stesso pacifismo), con le degenerazioni e l’immobilismo a cui professionismi e solitudine spesso conducono.
Negli ultimi anni, tuttavia, la nostra distrazione ha raggiunto livelli esagerati.
Stanno venendo meno alcune buone abitudini (connaturate alla nostra psicologia e che anni fa la esprimevano al meglio): in molte vicende si è registrata una scarsa propensione a indagare i fatti, ad esercitare il ragionamento critico e la coerenza, a condannare esplicitamente le semplificazioni e la retorica. In effetti, non è facile reagire alla frammentazione e alla vacuità delle informazioni in circolazione e non farsene sovrastare e paralizzare. La diffusione di tante informazioni che galleggiano, prive di ogni connessione con i dati, con una parte della realtà e con la stessa vita delle persone (per non parlare delle informazioni a quel punto facilmente falsificabili), serve spesso a legittimare dinamiche autoreferenziali, soluzioni semplicistiche o scelte già fatte sostenute da lobby e avventurieri.
Ma quando nei processi fondamentali che riguardano la nostra esistenza e il nostro modo di vivere in comunità - anche nella comunità internazionale - si comincia a reagire alla frammentarietà e vacuità della piccola pratica politica, i risultati arrivano. Sono arrivati sempre quando si è riusciti a imporre un confronto reale sulle questioni su cui decidere. L’approfondimento delle scelte possibili apre nuovi spazi e fa fermentare idee all’interno e nel profondo del tessuto sociale (laddove, quando ci si impegna sul serio, i frutti sono forti e incontaminati).
Ci sono molte tensioni internazionali, gli ultimi avvenimenti e i coinvolgimenti dell’Italia in discutibili “inevitabili missioni di pace” dimostrano una grande confusione e complessità. C’è molto da fare e il futuro è nei collegamenti che i popoli riusciranno a creare tra loro per agire concretamente nella direzione del contrasto alle guerre e nella costruzione di condizioni per la pace, premiando o sanzionando i rispettivi governanti.
Però qualcosa si può fare subito. Partiamo da dati semplici e chiari. Partiamo da ciò che c’è di buono, dal fatto che ognuno di noi – mentre sa di altri problemi e li incontra ogni giorno – conosce pochi guerrafondai in questo paese. Partiamo insieme dalla legge 185 e facciamo in modo che sia la sua difesa a diventare inevitabile.
http://www.archiviodisarmo.it/siti/sito_archiviodisarmo/upload/documenti/50862_Laleggecomunitaria.pdf
IL TESTO DELLA LEGGE n. 185 del 9 luglio 1990
http://www.governo.it/Presidenza/UCPMA/doc/legge185_90.pdf
DOSSIER del SERVIZIO STUDI del SENATO (art. 12 alle pagg. 145 -157): http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/studi/2011/Dossier_307.pdf
(La sola modifica successiva al Dossier – da parte della Camera - non ha riguardato il merito, ma le procedure per la formulazione dei pareri e simili)
LE ASSOCIAZIONI della "RETE ITALIANA PER IL DISARMO":
ACLI - Agenzia per la Pace Sondrio - Amnesty International – Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo - ARCI - ARCI Servizio Civile - Associazione Obiettori Nonviolenti - Associazione Papa Giovanni XXIII - Associazione per la Pace - ATTAC - Beati i costruttori di Pace - Campagna Italiana contro le Mine - Campagna OSM-DPN - Centro Studi Difesa Civile - Conferenza degli Istituti Missionari in Italia - Coordinamento Comasco per la Pace - FIM-Cisl - FIOM-Cgil - Fondazione Culturale Responsabilità Etica - Gruppo Abele - ICS - Libera - Mani Tese - Movimento Internazionale della Riconciliazione - Movimento Nonviolento - OPAL - OSCAR Ires Toscana - Pax Christi - PeaceLink - Rete di Lilliput - Rete Radiè Resch - Traduttori per la Pace - Un ponte per...
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