“La vera rivoluzione è prendersi per mano”
Discorso per la fiaccolata a Taranto del 26 febbraio 2020
Carissime, carissimi,
ieri mi è stato inviato il brano musicale di una giovane artista, Federica Brisci. Federica canta “Sogna con me” e in un suo passaggio dice: “La vera rivoluzione è prendersi per mano”. In quelle parole ho avvertito l’intero senso di questa manifestazione di oggi, di questa fiaccolata che lancia un messaggio di speranza a tutti, anche a quelli che non sono qui presenti.
Sì, perché oggi per noi la vera rivoluzione è questa: prendersi per mano e stare qui uniti. Uniti come un comitato di liberazione cittadino. Un comitato di liberazione dai veleni e dall’angoscia. Un comitato che organizza la sua resistenza nonviolenta.
La nostra è la resistenza a un potere politico che, incurante del nostro dolore, perdura a tenere aperta la ferita provocata dall’ILVA. Un disastro ambientale senza precedenti è avvenuto a Taranto. Eppure il governo vuole continuare questo strazio del territorio e della salute, contro ogni regola del buon senso, contro ogni evidenza scientifica, contro la stessa logica dell’economia.
La logica dell’economia ha detto stop all’ILVA.
Il mercato ha detto stop alla fabbrica della morte.
L’ILVA è già stata chiusa dal mercato, sta collassando e di questo dobbiamo essere consapevoli.
L’ILVA va avanti per inerzia.
L’ILVA non fa più alcun profitto.
A Taranto non ci si ammala più per il profitto.
A Taranto non si muore più per profitto.
A Taranto ci si ammala e si muore per produrre debiti: questa non è economia, è follia pura.
A Taranto Mittal perde qualcosa come 2 milioni di euro al giorno, 135 euro al giorno per ogni lavoratore, ogni lavoratore costa a Mittal 4000 euro al mese! Pertanto è insensato continuare a produrre. E infatti la multinazionale ArcelorMittal vuole infatti andare via da Taranto, lo ha detto e ripetuto.
Per evitare la disfatta, il potere politico sta tentando, con una battaglia legale tanto disperata quanto senza prospettive, di trattenere a Taranto la più grande multinazionale mondiale dell’acciaio. ArcelorMittal tuttavia lancia continuamente segnali perché ha deciso di andarsene. E il nostro compito è oggi quello di favorire questo addio di Mittal a Taranto. E con esso dobbiamo favorire la riconversione e, con essa, l’addio a un modello di economia non sostenibile, che non ha più prospettiva e che appartiene al secolo passato.
A Taranto il potere politico continua a far fumare i camini solo perché non ha alcuna idea di cambiamento.
A Taranto il potere politico continua a ragionare come un dinosauro nel pieno del processo di estinzione.
A Taranto il potere politico cerca di alimentare il tirannosauro ILVA con le ultime bramme di acciaio e con le dosi di carbone. Il tirannosauro ILVA sta barcollando emettendo le ultime tonnellate di polveri nocive, di anidride solforosa, le sue ultime esalazioni di diossina, di benzene e di veleni vari. Hanno fatto in questi anni fior di decreti non per fermare il tirannosauro, ma per continuare ad alimentarlo, dicendo che era stato addomesticato e che si poteva convivere con lui perché era diventato buono, era stato “ambientalizzato”, “addomesticato”.
Ci hanno raccontato in questi anni una pietosa bugia, ossia che mettendo a dieta il tirannosauro, la sua ferocia fosse stata azzerata e la sua fame di donne, uomini e bambini fosse un ricordo del passato. Ci hanno raccontato - fuor di metafora - che la produzione era diminuita e che quindi l’impatto sulla salute fosse ormai nullo. Tutto questo non è vero, e chi lo ripete oggi dice una menzogna. Perché adesso la verità è venuta definitivamente a galla, da qualche mese. La scomoda verità che è venuta a galla ce l’ha detta la scienza: persiste infatti un rischio sanitario non accettabile. Lo dice un team di scienziati che ha redatto una relazione terribile. Si chiama Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario, la cosiddetta VIIAS, ed è frutto dei modelli previsionali di una grande squadra di esperti istituzionali. Questi esperti hanno pubblicato la previsione per i prossimi anni a Taranto con l’attuale livello produttivo di 4,7 milioni di tonnellate anno di acciaio. E la previsione per il futuro, con sofisticati modelli matematici, è che, anche mettendo a dieta il tirannosauro, esso non smetterà di minacciare le persone inermi, di sbranarle, di ferirle, di ucciderle, di essere, in poche parole, un pericolo pubblico. Un serial killer. Di fronte a tale verità, di fronte a questa evidenza, che cosa occorre fare?
Ho inviato questo rapporto al premier Conte, al sindaco di Taranto e per conoscenza alla Procura della Repubblica.
Il tempo degli indugi è finito.
Occorre scegliere se rimanere in silenzio o se stare dalla parte della verità, di una verità corroborata dalla scienza e confermata dal dolore di troppe persone.
Occorre mettere in atto la nostra rivoluzione pacifica, la nostra rivoluzione gentile, dobbiamo prenderci per mano ed essere uniti, perché il tirannosauro, come nelle scene finali di Jurassic Park, sta stramazzando al suolo e sta per esalare gli ultimi respiri. Teniamoci pronti perché il momento sta per arrivare. Il tirannosauro sta morendo.
Siamo ai titoli di coda di questo terribile film che abbiamo vissuto per tanti anni a Taranto.
Vogliamo ritornare a vedere la bellezza, vogliamo ritornare a vedere la speranza nel volto dei nostri figli, dei nostri bambini, vogliamo ritornare a costruire in quella città i veri valori per cui è giusto vivere, per cui è bello vivere, per cui vale la pena tenersi per mano e voltare pagina.
La nostra rivoluzione gentile comincia oggi, la nostra resistenza è giunta alla fase finale e il nostro Comitato di Liberazione prende vita oggi, qui in questa piazza. E’ il comitato che ci porterà alla vittoria, se sapremo stare uniti, tenendoci per mani e mai perdendo la fiducia. Non dovremo perdere la speranza anche nei momenti in cui la fiducia e la speranza sembreranno vacillare. Ci saranno ancora momenti difficili, in cui la vittoria sembrerà voltarci le spalle, ma noi sapremo resistere perché chi non sa resistere non è degno di vincere.
Con questo giuramento di solidarietà, qui in piazza, costituiamo di fatto, da ora, un comitato cittadino di liberazione, un comitato che avrà nella nonviolenza, nella gentilezza e nella ricerca della felicità le sue ragioni di fondazione.
Noi siamo eredi morali di quella lotta nonviolenta che è già stata di Gandhi, Martin Luther King, Mandela, di chi ha dovuto resistere, resistere e resistere ancora fino al riconoscimento dei propri diritti umani.
Mio padre ha partecipato alla Resistenza e ciò che mi ha insegnato è stata la capacità di resistere. In questi anni ho dovuto resistere, voi avete dovuto resistere. Ora è venuto il momento. Il piano si è inclinato a nostro favore.
Qui, ora, noi ci costituiamo in “comitato cittadino di liberazione” con un patto di dignità fra donne e uomini liberi. Saremo un comitato senza alcuna ambizione elettorale ma con il solo fine di mantenere le promesse che tanti hanno tradito.
Cosa dobbiamo fare da subito?
Cominciamo con il chiedere al potere politico tutte le risposte che non ci ha dato. E’ accaduto in questi mesi qualcosa di terribile: i governi non hanno mai risposto alle domande dei cittadini. E’ terribile. Ed è indegno. E’ come se un padre non rispondesse al grido di aiuto di un figlio. Il governo agisce come quel leader politico che dice: lasciateli affogare. Tanto non sono italiani. E’ terribile sentirsi considerati esseri umani di scarto, umanità da sacrificare, città da sacrificare. Questo è razzismo ambientale. Hanno eretto un muro di silenzio per lasciarci senza alcuna risposta. E prostrarci nella cupa rassegnazione.
Da ora in poi noi esigiamo di essere trattati come cittadini, come cittadini sovrani, come cittadini attivi e non rassegnati. Vogliamo godere dei diritti della nostra Costituzione, che all’articolo 3 prevede che vengano rimossi gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
L’ILVA a Taranto è di fatto il più grande ostacolo alla realizzazione di questo principio di uguaglianza, non a casa sull’ILVA di Taranto sono stati scaricati tutti i veleni che altre città non volevano, in barba al principio di eguaglianza sancito dalla nostra Costituzione.
Pensavano che fossimo cittadini di serie B. Ma abbiamo rialzato la testa e preso coscienza dell’inganno.
La stagione dei silenzi è finita.
Il potere politico non può più opporre oggi il silenzio alla nostra voce, alle nostre ragioni che anche la Corte Europea dei Diritti Umani ha riconosciuto condannando lo Stato italiano per non aver protetto i cittadini di Taranto.
Da oggi tutto cambia, il tirannosauro si sta accasciando sotto il peso delle sue ferite economiche, va verso l’estinzione e noi accompagneremo il ciclo della vita. Dopo i dinosauri c’è un’altra vita, un altro mondo possibile, in cui i bambini non dovranno temere per la loro vita e gli anziani potranno spegnere qualche candelina in più, vivere in serenità altri compleanni con i loro nipotini. I genitori non dovranno più accompagnare i loro figli a fare la chemioterapia. I giovani non dovranno prenotare più viaggi di sola andata. A questa città che si sta svuotando occorre ridare il futuro, e il futuro siamo noi, con la cultura, con l’educazione ambientale, con la cittadinanza attiva, con la ricerca e lo studio di nuove professionalità. Il futuro è lo sviluppo sostenibile, per tanto tempo negato in questa città in nome di una insostenibile produzione di acciaio che oggi il mercato non chiede più.
Oggi siamo più forti noi. Abbiamo dalla nostra parte non solo le ragioni del cuore ma anche quelle della scienza e dell’economia. La Corte di Strasburgo ci ha dato ragione. Oggi siamo più forti perché tutte le ragioni sono dalla nostra parte, geometricamente allineate come mai era accaduto prima.
Oggi possiamo vincere, come mai era accaduto prima.
Oggi costruiamo le basi del nostro comitato cittadino di liberazione.
Noi abbiamo un sogno e non ci scioglieremo fino alla vittoria. Grazie per esser qui. Grazie per la vostra tenacia. Grazie perché siete voi siete portatori di speranza e di giustizia. Concludo con queste parole di un grande scrittore italiano, Italo Calvino. Egli scriveva:
L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Voi siete qui per fare la differenza, per aprire la breccia, voi siete qui perché non siete inferno ma siete speranza. Tenetevi per mano: è una rivoluzione gentile quella che sta per iniziare. Teniamoci per mano: uniti ce la faremo.
Il tempo dell’apartheid ecologico è finito.
We shall overcome!
Alessandro Marescotti
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