Discorso sulla speranza
Se cerchiamo sul vocabolario troviamo scritto:
a. “Sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera”
b. Più genericamente, fiducia nell’avvenire, nella buona riuscita di qualcuno o qualcosa.
Parlare di speranza oggi sembra difficile, spesso la si confonde come debolezza d’animo delle persone più sensibili, la si confonde con il non fare nulla e con l’aspettare che le cose succedano da sole.
Ed intanto il tempo passa. Sparisce la voglia di agire e di lottare per quelli che sono i nostri desideri, i nostri sogni, le nostre necessità.
Ti svegli la mattina, c’è sempre quella luce fioca, respiri sempre la stessa aria, fai sempre le stesse azioni. Ed è come se la vita scivolasse procedendo sulle rotaie di un binario dove tu non sei il conducente del treno.
Oggi vorrei riportare le parole di un educatore contemporaneo progressista del Brasile, Paolo Freire, che ho incontrato in un esame all’università.
Nell’ultima parte della sua riflessione, ha scritto un trattato intitolato la "Pedagogia della Speranza".
Freire è un attivo sostenitore dell’etica universale dell’essere umano: come esseri etici siamo capaci di intervenire nel mondo. La stessa Esistenza ci ha portati alla necessità di scegliere ed agire. Questo ci riporta alla "radicalità della speranza”.
Come “essere umano, come persona” io realizzo la mia presenza nel mondo, posso prendere decisioni. Mi pongo quindi degli interrogativi, non accetto il futuro cosi come è, non accetto l’accondiscendenza.
“La speranza è un Impeto necessario e naturale dell’esperienza storica”, il suo opposto è la disperazione, che è una distorsione della speranza.
Se la realtà fosse così com’è non ci sarebbe motivo di provare la collera. La collera invece è giusta perché è la risposta alla negazione dell’essere umano di poter essere di più, di poter essere felice, di poter essere allegro.
La speranza è l’allegria, è la lotta, è la felicità della possibilità dell’essere.
Se il mondo è qualcosa in divenire, il mio ruolo è di intervenire nel mondo come soggetto. Il futuro non è dato ma è costruito.
Freire scrive: “Senza un minimo di speranza, non possiamo nemmeno incominciare la lotta, ma senza la lotta la speranza non trova appoggio, perde indirizzo e diventa disperazione”.
Io non sono qui ad incitare la lotta come tutti la immaginiamo.
Io sono qui per parlare della lotta come punto di partenza, come difesa dei miei diritti, dei nostri diritti, come posizione critica, come diritto alla felicità.
Sono qui per dire che a causa di quella “realtà da accettare cosi com’è” la felicità è stata negata a molti, gli esclusi che ora non possono riempiere questo spazio, quello dell’esistenza fisica, ma che sono ugualmente presenti, nei nostri cuori, parole, vite.
Chi tenta di convincerci che non c’è altro mondo possibile si sbaglia.
Potremmo sentirci stanchi di lottare, tentati di arrenderci ma non ci comporteremmo come essere umani.
Noi possiamo continuamente perfezionarci ed agire.
Dobbiamo far rinascere la speranza.
Perché è nostra, è parte di noi.
Non dimentichiamocelo!
La mia è la voce di una ragazza che crede nella speranza, ed oggi sono qui e sono felice di fare questa “lotta”, sono felice perché ho preso una posizione: quella di chi non vuole che qualcuno imponga il mio silenzio.
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