«Se a Taranto chiude l'Ilva resteranno veleni e problemi»

I ragionamenti della segretaria generale della Fiom Cgil sull'Ilva

«Anche chiudendo la fabbrica – dice Francesca Re David alla Gazzetta - non migliora la questione ambientale». Se questo fosse vero, non si comprende perché a Genova vent'anni fa hanno chiuso l'area a caldo dell'ILVA. E perché lo hanno fatto anche a Trieste quest'anno.
11 maggio 2021

Dopo aver letto l'intervista della Gazzetta del Mezzogiorno a Francesca Re David, segretaria generale della Fiom Cgil, sento il bisogno di intervenire in merito a quanto dice la dirigente sindacale.

«Anche chiudendo la fabbrica – spiega Re David nell’intervista alla Gazzetta - non migliora la questione ambientale perché c’è un inquinamento strutturale prodotto da decenni su cui occorrono investimenti importanti». (1)

Questa frase è la dichiarazione chiave che fornisce le parole al titolo dell'articolo: «Se a Taranto chiude l'ex Ilva resteranno veleni e problemi».

Se quanto dice Francesca Re David fosse vero, non si comprende perché a Genova vent'anni fa hanno chiuso l'area a caldo dell'ILVA. Dopo il fermo degli impianti tutte le misurazioni della qualità dell'aria hanno rilevato un crollo dell'inquinamento. E quindi non appare vero quello che afferma la dirigente sindacale della Fiom Cgil.

Vogliamo fare un altro esempio? Trieste. Poche settimane fa è stata fermata l'area a caldo della Ferriera di Trieste. L'Arpa del Friuli Venezia Giulia ha dichiarato: "A seguito della chiusura dell'area a caldo della Ferriera di Servola, la qualità dell'aria è ora nettamente migliorata" (ANSA 15/3/2021).
Si è sbagliata l'Arpa a Trieste o si è sbagliata la Re David? Propenderei per il secondo caso. "Ilva is a killer", manifestazione di studenti a Taranto



Ultimo esempio: il TAR di Lecce. Nella sua sentenza del 13 febbraio 2021 ha ordinato le "operazioni di spegnimento dell’area a caldo" in quanto "deve ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione".
Anche il TAR di Lecce dunque giunge a conclusioni esattamente opposte a quelle di Francesca Re David.  

Stupisce come la dirigente della Fiom Cgil si adagi su un ragionamento così fallace per il quale è fin troppo facile trovare le smentite.

Smettere di respirare le emissioni dell'ILVA, quando causano un rischio sanitario inaccettabile, non può che portare infatti a un miglioramento della situazione ambientale e sanitaria. Voler dimostrare il contrario espone al ridicolo chi tenta di farlo, perché andare contro l'evidenza scientifica è sempre una cosa miope e grottesca.

Certamente sarebbe auspicabile avere impianti puliti, funzionanti e sicuri. Ma li stiamo aspettando da dieci anni, da quanto è stata firmata la prima Autorizzazione Integrata Ambientale del 2011. Dieci anni di promesse non mantenute bastano e avanzano.

Si potrà poi ragionare sul fatto che gli inquinanti nella falda non scompaiono fermando gli impianti e fermando le emissioni in atmosfera, ma questo è un altro discorso e non bisogna fare confusione, specialmente quando si ha un ruolo importante nella comunicazione con i lavoratori e i cittadini.

Fornire ragionamenti, brevi, semplificati e per di più sbagliati non aiuta nessuno, men che meno la missione di un importante sindacato come la Fiom Cgil.

Purtroppo il ragionamento di Francesca Re David lo abbiamo ascoltato più e più volte, specie a livello sindacale. Questa reiterazione di ragionamenti fallaci - da un punto di vista comunicativo - concorre a formare i cosiddetti "luoghi comuni". E i luoghi comuni sono una pericolosa forma di pigrizia del ragionamento. La gente si adagia nel ripeterli acriticamente e finisce per andare fuori strada.
 
Infine una annotazione sulle bonifiche (che consistono nella messa in sicurezza e nella decontaminazione di terreni e falde acquifere, non nell'ammodernamento degli impianti). Il ragionamento di Francesca Re David sembra fare riferimento ad un altro luogo comune, ossia che senza la fabbrica in funzione non vi sarebbe la bonifica. Questo luogo comune poggia su un'errata convinzione, ossia che ArcelorMittal sia tenuta a sborsare dei quattrini per fare le bonifiche dei terreni e della falda. Nulla di più distante dalla realtà. ArcelorMittal non ha firmato alcun obbligo in tal senso. ArcelorMittal non sborsa un solo euro per la bonifica dei terreni e della falda. Sarà tenuta a farlo solo se viene dimostrato che inquina i terreni e la falda, in virtù del principio europeo "chi inquina paga", recepito nel Codice dell'Ambiente.


Come si può ben vedere quindi, la comunicazione della dirigente della Fiom Cgil, oltre a portare a conclusioni errate, poggia anche su premesse inesistenti e sembra far dipendere il futuro delle bonifiche al mantenimento in vita di un'attività produttiva.
A chi rivolgersi se il territorio viene inquinato? A chi lo inquina, sembra essere il ragionamento della Re David, vincolando le due cose (produzione/bonifica) in una sorta di dipendenza per cui chi viene inquinato deve avere interesse a mantenere in vita la fonte inquinante al fine di ottenere una bonifica. Quanto sia assurda e infondata una simile convinzione è persino superfluo da dimostrare, a meno che non si voglia torturare il buon senso prima che la logica e la giurisprudenza.
Vero è che un inquinamento prodotto oggi potrebbe avere effetti prolungati, anche nei prossimi decenni, quando il soggetto che inquina non ci sarà più, nel caso di chiusura dell'impianto. Ma per evitare di trovarsi in una simile situazione ecco che vengono in soccorso le fideiussioni, ossia le "garanzie finanziarie" che per legge vanno presentate per le future attività di bonifica connesse alla contaminazione prodotta dai soggetti gestori degli impianti produttivi. E' sull'adeguatezza e sulla congruità di tale "garanzie finanziarie" che occorrerebbe discutere. Perché è proprio su tali "garanzie finanziarie" che si gioca una parte del futuro di Taranto. Come pure è particolarmente importante dotare di adeguate risorse il piano di bonifica del territorio al fine di portare a compimento per lo meno le opere di messa in sicurezza di emergenza. Sono questi i nodi su cui discutere e su cui impegnarsi. Alimentare i luoghi comuni e ragionamenti sbagliati non aiuta a nessuno. Taranto non ha bisogno di frasi fatte ma di un pensiero più articolato se vogliamo contribuire alla crescita della consapevolezza della classe lavoratrice e dei cittadini su questioni così complesse.


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(1) https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1298881/se-a-taranto-chiude-l-ex-ilva-resteranno-veleni-e-problemi.html 

Note: Questo intervento è stato pubblicato oggi sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

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