Stoltenberg: "Le armi per l'Ucraina sono la via per la pace"
Nel contesto delle crescenti tensioni internazionali e della guerra in corso in Ucraina, le parole pronunciate dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, a proposito dell'Ucraina e delle "armi per la pace", richiedono una riflessione critica. La sua affermazione, secondo cui "le armi per l'Ucraina sono la via per la pace", solleva serie preoccupazioni sulla strada che la Nato ha intraprendeso per risolvere i conflitti globali.
Un concetto datato e pericoloso
Prima di tutto, è importante sottolineare che la pace non può essere costruita su un fondamento di armamenti crescenti. L'idea che una nazione possa ottenere la pace attraverso la potenza militare è un concetto datato e pericoloso. Questo approccio ha dimostrato di portare solo all'escalation dei conflitti, con conseguenze disastrose per la vita umana e la stabilità globale.
Invece di promuovere la corsa agli armamenti, dovremmo investire nella diplomazia e nel dialogo come mezzi più efficaci per risolvere le dispute internazionali. L'Ucraina ha bisogno di supporto per trovare soluzioni pacifiche ai suoi problemi, non di ulteriori armi che alimentino la sua stessa sofferenza in un confronto militare devastante e sproporzionato che le sta causando perdite spaventose. Gli sforzi dovrebbero essere concentrati sulla mediazione, sul dialogo e sulla ricerca di soluzioni diplomatiche che possano portare a una pace duratura nella regione.
Inoltre, la priorità dovrebbe essere quella di proteggere le vite umane, non di armare una parte del conflitto per conseguire una vittoria tanto sanguinosa quanto improbabile. L'invio di armi in zone di conflitto spesso intensifica la sofferenza delle persone innocenti e complica ulteriormente la risoluzione dei problemi. Dovremmo invece concentrarci sulla fornitura di aiuti umanitari, sulla promozione dei diritti umani e sul sostegno alle vittime dei conflitti.
Secoli e secoli di cultura della pace vengono bruciati in un attimo dalla dichiarazione di Stoltenberg che in sostanza rispolvera il detto latino "si vis pacem para bellum".
La vera via per la pace richiede un impegno incondizionato per la diplomazia, il dialogo e la ricerca di soluzioni pacifiche ai conflitti globali. Siamo chiamati a costruire un mondo in cui la legge del più forte, sancita dalla guerra, venga superata dalla volontà dei popoli espressa non dalle armi ma con strumenti nonviolenti e democratici: il voto, i referendum, il libero dibattito.
E se Zelensky perdesse anziché vincere?
Un mondo in cui le controversie e i conflitti vengano risolti attraverso strumenti diversi dalle armi non è solo un'utopia pacifista, non è una strategia anti-NATO che lavora contro i proclami di vittoria di Zelensky. La domanda che dobbiamo farci è molto realistica: e se Zelensky questa guerra la perdesse anziché vincerla?
La barca di Stoltenberg scricchiola.
Il sostegno internazionale si sta restringendo.
Inoltre la recente inchiesta del New York Times, che mette in discussione l'efficacia della controffensiva ucraina sostenuta da Jens Stoltenberg e dalla NATO, solleva interrogativi fondamentali. Gli sviluppi sul campo di battaglia nel 2023, con i russi che sembrano aver ottenuto vantaggi territoriali superiori rispetto agli ucraini, richiedono un serio riesame dell'approccio adottato.
In primo luogo, dobbiamo riflettere sul fatto che l'invio di armi e il sostegno militare esterno possono spesso alimentare una spirale di violenza, anziché promuovere la pace. È evidente che la fornitura di armi all'Ucraina non ha portato ai risultati sperati e potrebbe aver contribuito all'escalation del conflitto militare anziché alla sua risoluzione. Questa realtà ci spinge a interrogarci sul ruolo della comunità internazionale nel sostenere soluzioni pacifiche.
In secondo luogo, la situazione in Ucraina dimostra che la potenza militare da sola non è sufficiente a garantire il successo sul campo di battaglia. Gli sforzi congiunti delle forze ucraine e del supporto della NATO non sono stati in grado di invertire il corso del conflitto. Questo sottolinea la necessità di una strategia più ampia che comprenda la diplomazia, la cooperazione regionale e la ricerca di soluzioni politiche.
Inoltre, la sofferenza umana continua ad aumentare in Ucraina, con decine di migliaia di soldati che muoiono o vengono mutilati e con milioni di civili che vivono nell'incertezza e nell'instabilità. Questo dovrebbe spingere la comunità internazionale a raddoppiare gli sforzi per fornire aiuti umanitari e sostenere la popolazione colpita dal conflitto. Il benessere delle persone deve essere al centro delle nostre preoccupazioni.
Alla luce di tutto ciò, è imperativo riconsiderare l'approccio di Stoltenberg e della NATO alla situazione in Ucraina. La pace richiede un impegno globale per la diplomazia anche perché non è detto che la vittoria militare arrida a chi ha più ragione: potrebbe accadere l'inverso. E questo mette totalmente in crisi l'approccio attuale sia della NATO sia di Zelensky.
La terza legge della stupidità
Le leggi fondamentali di Carlo Cipolla sulla stupidità umana, presentate nel suo libro "Allegro ma non troppo", forniscono un contesto interessante per comprendere il comportamento di coloro che sostengono una guerra o un conflitto senza valutarne adeguatamente le conseguenze. In particolare, la terza legge fondamentale è rilevante in questo contesto.
Terza legge fondamentale di Cipolla: "Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita".
Questa legge suggerisce che coloro che promuovono azioni belliche dovrebbero valutare attentamente se tali azioni portano effettivamente a benefici tangibili per il loro paese o per se stessi. Se il sostegno a una guerra o a un conflitto non comporta vantaggi reali o può addirittura portare a perdite significative, secondo la logica di questa legge, tale sostegno alla guerra potrebbe essere classificato come un comportamento sostanzialmente "stupido".
La crisi dell'attuale strategia UE e NATO
La strategia di invio di armi "fino alla vittoria" dell'Ucraina sta entrando in una fase critica, mettendo in dubbio l'efficacia dell'approccio promosso da Jens Stoltenberg e sostenuto dalla NATO. Recentemente, una serie di sviluppi geopolitici ha gettato un'ombra sulla direzione del conflitto in Ucraina e ha sollevato interrogativi sul futuro di questa guerra.
In particolare, la Polonia - un tempo alleata di ferro dell'Ucraina - ha raffreddato i suoi rapporti con Kiev a causa delle esportazioni di grano ucraino a basso prezzo, che hanno creato malumore tra i contadini polacchi. Questi ultimi, con un notevole peso politico, hanno esercitato pressione sul governo polacco, mettendo in discussione la solidarietà con l'Ucraina. Questo dimostra come le decisioni geopolitiche possano avere impatti inaspettati e complessi sulla politica interna dei paesi coinvolti.
Inoltre, l'Ungheria ha a lungo contestato la strategia dell'Unione Europea di sostegno militare a oltranza nei confronti dell'Ucraina, evidenziando le divisioni all'interno dell'UE stessa riguardo alla situazione ucraina.
Ma c'è di più: la Slovacchia ha votato per un cambio di politica estera. Il nuovo premier ha dichiarato di non volere più sostenere militarmente l'Ucraina, guadagnandosi l'accusa di essere "filorusso".
Questi disaccordi minano l'unità dell'Unione Europea.
Lo shutdown USA evitato sacrificando gli aiuti all'Ucraina
Tuttavia, la svolta più sorprendente si è verificata negli Stati Uniti, con la minaccia dello shutdown, un fenomeno che ha gettato ombre sulla capacità degli Stati Uniti di sostenere l'Ucraina. Lo shutdown (ossia il blocco del funzionamento di fondamentali servizi della nazione) dovuto all'incapacità del Congresso di approvare un bilancio è stato scongiurato con un accordo tra democratici e repubblicani ma è costato il blocco dei sostanziosi programmi militari di Biden a supporto dell'Ucraina. Lo shutdown avrebbe messo a rischio il finanziamento di molte agenzie governative e dei relativi programmi, creando instabilità e interruzioni dei servizi pubblici. Era una spada di Damocle per gli Stati Uniti perché avrebbe potuto comportare un impatto significativo su milioni di cittadini americani. Grazie a un compromesso tra repubblicani moderati e democratici, lo shutdown è stato evitato all'ultimo minuto, ma a pagare il prezzo è stata l'Ucraina, che non riceverà i 6,2 miliardi di dollari richiesti dal presidente Joe Biden per la controffensiva. Questa decisione solleva domande sul sostegno continuo ed effettivo degli Stati Uniti all'Ucraina.
Sopravviverà l'Ucraina "fino alla vittoria"?
In conclusione, la crisi della strategia "fino alla vittoria" in Ucraina mette in evidenza le complessità e le sfide legate a questa guerra. Una guerra che Putin ha iniziato violando il diritto internazionale. E che si doveva concludere - nei piani di Biden - con il crollo del regime putiniano sotto i colpi delle sanzioni da una parte e delle armi inviate a Zelensky dall'altra.
Così non è andata. Le sanzioninon hanno funzionato e allora si è puntato tutto sulle armi.
Ma nonostante il generale Milley - a capo del Pentagono - abbia sostanzialmente detto (a chi lo vuol capire) che questa guerra va fermata perché l'Ucraina non la può vincere, vi è chi - come Stoltenberg - crede di poter arrivare alla pace con le armi. E con la caduta di Putin in conseguenza di una sconfitta militare, come teorizzato dal governo ucraino.
Il problema è che l'Ucraina rischia di non sopravvivere alla guerra e ai sogni di vittoria dei suoi leader politici.
Costruire un'alternativa alla guerra
La logica della "guerra fino alla vittoria" non solo non funziona ma potrebbe essere controproducente per l'Ucraina rispetto ai suoi stessi obiettivi militari, e lo è comunque rispetto alla logica costi/benefici di questa guerra che vede il popolo ucraino nel pantano di un disastro economico e civile.
All'invasione di Putin bisognava reagire ma non con questa guerra ad oltranza in cui i primi a perderci sono proprio gli ucraini.
Di fronte a questo disastro morale, civile e anche militare, acquista sempre più valore e autorevolezza l'iniziativa del Movimento Pacifista Ucraino che sta rivendicando il diritto di non partecipare a questa guerra e di non uccidere.
È necessario e urgente che la comunità internazionale, a partire dall'ONU e dal suo Segretario Generale, sottoponga a critica l'approccio attuale e cerchi soluzioni diplomatiche.
È necessario e urgente sostenere ogni iniziativa che mostri dissenso verso la logica oltranzista di questa guerra.
È necessario e urgente costruire ovunque presidi di pace permanenti, visibili e capaci di iniziative incisive.
Ed è per questo che PeaceLink ha aderito alla manifestazione nazionale del prossimo 7 ottobre in difesa della Costituzione e della pace.
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