L'inefficacia della "guerra giusta"
Dopo l'attacco di Hamas a Israele emerge sullo sfondo la crisi del concetto di "guerra giusta".
E' la crisi dell'approccio americano che tutto possa essere governato con l'invio di armi e il rafforzamento di eserciti che combattono dalla parte del "bene".
L'idea che il futuro del mondo possa essere plasmato attraverso l'invio di armi e la promozione di "guerre giuste" sta rapidamente perdendo terreno e credibilità.
Mentre una volta questo concetto poteva sembrare una strategia convincente per promuovere l'ordine mondiale, oggi il mondo si sta svegliando dalla convinzione errata che la violenza possa portare soluzioni sostenibili ai conflitti globali.
Su Repubblica (9 ottobre 2023) viene sottolineato da Fabio Tonacci come l'attacco di Hamas in Israele e come esso possa influire sugli aiuti economico-militari dell'Occidente all'Ucraina.
"Gli esperti - si legge su Repubblica - rilevano come la propaganda russa si sia già impegnata a far circolare l’idea che gli Usa abbiano sottovalutato il Medio Oriente per concentrarsi sulla crisi ucraina".
Tuttavia, la reazione più interessante e allarmata arriva direttamente dall'Ucraina, che vede l'attacco di Hamas in Israele come un potenziale ostacolo per gli aiuti economico-militari provenienti dall'Occidente. L'ambasciatore ucraino a Tel Aviv, Yevhen Korniychuk, ha espresso preoccupazione riguardo alle "conseguenze negative" che l'attacco israeliano potrebbe comportare per il suo paese. Questo mette in luce una realtà scomoda: l'uso delle armi e la promozione della guerra non garantiscono una risoluzione duratura dei conflitti e, al contrario, possono portare a conseguenze impreviste e negative.
È importante riconoscere che la storia è costellata di esempi in cui l'intervento militare e le "guerre giuste" hanno avuto risultati disastrosi. Le crisi internazionali spesso esplodono in forma virulenta quando non si fa abbastanza per cercare in anticipo soluzioni diplomatiche e politiche. Questa realtà dovrebbe spingere la comunità internazionale a riconsiderare il suo approccio alla gestione dei conflitti globali.
Invece di continuare a credere che la forza militare possa risolvere tutti i problemi quando si manifestano in forma devastante, è essenziale cercare alternative proattive che mettano al centro la diplomazia, la cooperazione internazionale e la prevenzione dei conflitti. La comunità globale deve impegnarsi a risolvere le radici dei conflitti anziché limitarsi a reagire alle crisi una volta che sono scoppiate.
Le guerre per esportare democrazia e quelle per bloccare i dittatori stanno diventando un problema da gestire. Ognuna richiede visibilità e narrazioni mediatiche che sfumano quando una nuova guerra si impone sul palcoscenico scacciando la precedente.
Quindi è importante considerare l'importanza della diplomazia preventiva e dell'assistenza umanitaria per affrontare le situazioni instabili e prevenire la spirale verso la guerra.
Gli sforzi per affrontare le disuguaglianze, la povertà e i problemi sociali in tutto il mondo possono contribuire a ridurre le tensioni che portano ai conflitti.
In conclusione ciò che sta avvenendo mette in crisi l'idea che il futuro del mondo possa essere modellato attraverso l'uso delle armi e la promozione della "guerra giusta". Questo approccio non funziona. È giunto il momento di esplorare nuovi approcci basati sulla diplomazia, sulla prevenzione dei conflitti e sull'assistenza umanitaria per affrontare le sfide globali. Ogni crisi esplode in forma virulenta quando non si è fatto abbastanza in anticipo, e questo dovrebbe servire da monito per abbandonare la via fin qui perseguita.
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