Quando cade un tabù: una democrazia può commettere crimini di guerra?
L'arresto richiesto dal presidente della Corte Penale Internazionale del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant, insieme ai leader di Hamas, segna un punto di svolta nella storia della giustizia internazionale. La reazione indignata di Netanyahu, che ha respinto con veemenza il paragone tra lo "Stato democratico di Israele" e coloro che ha definito "assassini di massa", tocca una convinzione diffusa: la convinzione che una nazione considerata "democratica" sia immune dall'accusa di crimini contro l'umanità. Questo tabù è stato infranto, e la storia ci insegna che anche le democrazie non sono esenti dalle atrocità. Tanto più se sono democrazie basate, secondo Amnesty International, sulla segregazione.
Le vittime civili nella "guerra al terrorismo"
Nel suo discorso pubblico in risposta alla richiesta di arresto, Netanyahu ha riportato una macabra contabilità, cercando di documentare come le recenti guerre degli Stati Uniti abbiano provocato più vittime tra i civili rispetto alle operazioni militari israeliane a Gaza. Stamattina, Sky TG24 ha riferito che Netanyahu ha fatto riferimento alle vittime civili in Afghanistan provocate dalla "guerra al terrorismo", le cui stime variano da un minimo di 46.319 fino a 200.795, secondo diverse fonti come Airwars, The Civilian Costs Project e Afghanistan Analysts Network.
Le vittime civili in Iraq
La guerra in Iraq, iniziata nel 2003 con l'invasione guidata dagli Stati Uniti, ha causato un elevato numero di vittime civili. Secondo il progetto "Iraq Body Count" (IBC), il numero totale di civili uccisi direttamente dalle forze della coalizione, di cui gli Stati Uniti erano il principale attore, è stimato tra i 13.500 e i 20.000. Tuttavia, uno studio pubblicato su The Lancet nel 2006 stimava circa 655.000 morti in eccesso in Iraq nei primi tre anni di conflitto, con una parte significativa attribuibile alla violenza diretta delle forze della coalizione. Il progetto "Costs of War" della Brown University stima che circa 200.000 civili iracheni siano morti come risultato diretto della violenza legata alla guerra fino al 2019.
Una scomoda verità
Queste cifre sottolineano una verità scomoda: la sofferenza dei civili è una tragica costante delle guerre moderne, indipendentemente da chi le conduce. La giustificazione di atti brutali mediante il confronto con altri conflitti non rende meno grave la perdita di vite innocenti. La difesa di Netanyahu da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden è comprensibile anche alla luce del fatto che gli Stati Uniti stessi non aderiscono alla Corte Penale Internazionale, proprio come la Russia, per evitare che i loro leader e militari siano perseguiti per crimini di guerra.
E arriviamo al cuore del tabù: una democrazia può commettere crimini di guerra? La domanda stessa sembra contraddittoria e per molti rappresenta un terreno proibito. Ma perché? Cos'è un tabù e qual è la sua funzione?
Il moderno tabù democratico
Un tabù è un divieto sociale o culturale su certi comportamenti o discussioni, fondato su convinzioni che possono essere religiose, morali o sociali. I tabù servono a mantenere l'ordine sociale, a proteggere valori considerati sacri. Discutere apertamente di un tabù spesso provoca disagio o reazioni violente perché minaccia l'integrità e la coesione di una comunità.
Il tabù secondo cui le democrazie non possono commettere crimini di guerra si basa su una serie di convinzioni profonde. Le democrazie sono viste come sistemi politici che rispettano i diritti umani, la legge e la moralità. Sono contrapposte a dittature e regimi autoritari, che vengono frequentemente associati a violazioni dei diritti umani e crimini di guerra.
La "superiorità morale" delle democrazie
Accettare che una democrazia possa commettere crimini di guerra significa mettere in discussione la superiorità morale e politica delle democrazie stesse. Inoltre, riconoscere che una democrazia possa commettere crimini di guerra minerebbe la fiducia dei cittadini nel proprio sistema di governo e potrebbe destabilizzare le alleanze internazionali. Gli Stati democratici hanno spesso usato la loro presunta superiorità morale per giustificare interventi militari e politiche estere aggressive. Ammettere le proprie colpe comprometterebbe questa narrativa e indebolirebbe la loro posizione sullo scacchiere internazionale.
Il caso di Atene nell'antichità
Il tabù di cui stiamo discutendo ha radici antiche e poggia ad esempio sull'idea che la democrazia di Atene - a differenza di Sparta - non commettesse crimini di guerra. Non è purtroppo così, e a scuola non ne abbiamo discusso abbastanza proprio per non andare a toccare un tabù che, sotto sotto, serviva a giustificare la missione militare della missione militare degli Stati Uniti.
Ad esempio il massacro di Melo nel 416 a.C. durante la Guerra del Peloponneso serve come un ammonimento storico. Atene, la culla della democrazia, fu responsabile di uno degli atti più brutali di quel conflitto. L'isola di Melo, una piccola isola delle Cicladi nel Mar Egeo, aveva scelto di non unirsi alla Lega Delio-Attica, l'alleanza guidata da Atene, e di rimanere indipendente sia da Sparta che da Atene. La risposta ateniese fu feroce: un assedio durato sette mesi che culminò con la resa degli abitanti di Melo. Gli uomini adulti furono giustiziati, e le donne e i bambini venduti come schiavi. Questo evento, che scatenò orrore e indignazione nel mondo greco, dimostra che anche una potenza militare "democratica" può commettere atrocità in tempo di guerra.
L'insostenibile pretesa di immunità oggi
Il parallelo con l'attualità è evidente. La richiesta di arresto per Netanyahu e Gallant sottolinea che nessuno, nemmeno i leader di una nazione considerata "democratica", è al di sopra della legge internazionale. La pretesa di immunità basata su principi democratici non regge di fronte alle prove di crimini di guerra. Le democrazie devono essere le prime a rispondere delle proprie azioni, proprio perché i loro valori si dovrebbero fondare sul rispetto dei diritti umani e della giustizia.
La persecuzione verso chi rivela i crimini di guerra
Ma la cosa ancora più grave è che non solo viene invocata l'immunità per i crimini di guerra ma vengono perseguitati coloro che li rivelano: è il caso di Julian Assange.
E vi è un caso meno noto ma alquanto inquietante. David McBride, ex avvocato e maggiore dell’esercito australiano, è stato da pochissimo condannato a cinque anni e otto mesi di prigione per aver divulgato informazioni su crimini di guerra commessi dai militari australiani in Afghanistan. Le rivelazioni, note come "Afghan Files", sono state pubblicate dall’emittente pubblica ABC sette anni fa, basandosi sui dati forniti da McBride. Sebbene McBride abbia sempre sostenuto di aver agito per motivi morali, la corte ha giudicato il suo comportamento illegittimo e dannoso per l'interesse nazionale. Dovrà rimanere in carcere fino al 13 agosto 2026 prima di poter beneficiare della condizionale, ma i suoi legali hanno intenzione di presentare appello. Un'indagine successiva ha confermato che le truppe australiane avevano effettivamente ucciso illegalmente decine di afgani durante il conflitto. Ne avete sentito parlare in TV?
I dati forniti da Copilot: https://sl.bing.net/b4YIbpIMiw8
I dati forniti da Gemini
Stimare il numero preciso delle vittime civili causate dalla coalizione occidentale in Afghanistan è un'impresa complessa e controversa, a causa della natura caotica e prolungata del conflitto, della difficoltà di raccolta dati accurati in zone di guerra e delle diverse definizioni di "vittima civile".
Tuttavia, diverse organizzazioni indipendenti hanno cercato di monitorare il numero di vittime civili durante la guerra. Tra le più stimate troviamo:
Airwars: https://airwars.org/
The Civilian Costs Project: https://www.usaid.gov/sites/default/files/2023-01/Cost_Construct_Form_AID_522-12_0.pdf
Afghanistan Analysts Network: https://www.afghanistan-analysts.org/
Secondo queste fonti, il numero totale di vittime civili causate dalla coalizione occidentale in Afghanistan durante i 20 anni di guerra (2001-2021) si aggira tra 46.319 e 200.795.
È importante sottolineare che queste cifre sono solo stime e potrebbero essere incomplete o imprecise.
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