Gli occhi di Mahmud
parlare di accettazione della realtà è uno degli argomenti più complessi e al contempo più cruciali della nostra esistenza. La realtà, con il suo peso spesso insostenibile, scivola davanti ai nostri occhi, lasciandoci un attimo sospesi tra la consapevolezza e l’indifferenza. La vediamo, ci fermiamo a riflettere, ci emozioniamo forse per un istante su quella scena che ci appare davanti. Ma poi, la vita ci risucchia, i nostri impegni ci travolgono e finiamo per scivolare nel flusso della rassegnazione. Ci diciamo che non possiamo fare nulla, che è così che va il mondo. Ma è davvero questa la realtà che vogliamo accettare?
In mezzo a questo flusso inarrestabile, ci sono immagini che restano impresse nel cuore, momenti che ci scuotono profondamente e ci ricordano che accettare passivamente la realtà non è sempre la risposta. Sono quelle immagini, quelle storie, quelle sofferenze che ci costringono a dire no, a reagire, a prendere una posizione. La non accettazione della realtà diventa, allora, un atto di resistenza, un antidoto all’assuefazione, alla rassegnazione che ci rende complici.
Così è stato per la storia di Anna Frank, una ragazzina che ha saputo trasformare la sua sofferenza in un grido di speranza, che ci ha mostrato come anche nelle tenebre più profonde l’animo umano possa trovare la forza di sognare.
E così è per Mahmud, un bambino palestinese che ha perso entrambe le braccia sotto uno dei tanti bombardamenti su Gaza. Mahmud, con la sua storia, ci sfida a guardare il mondo per quello che è, a non voltare lo sguardo davanti all’ingiustizia.
Immaginate per un momento il suo sorriso. È un sorriso amaro, intriso di una tristezza che un bambino non dovrebbe mai conoscere. Eppure, in quel sorriso, c’è la forza di chi cerca di vivere una vita che sembra impossibile.
Mahmud impara a giocare con i piedi sul tablet, perché non ha più le mani. Nonostante tutto, cerca di aggrapparsi a una parvenza di normalità, in un mondo che gli è stato sottratto. La sua lotta quotidiana per un brandello di serenità ci interroga, ci chiede di riflettere su cosa stiamo realmente accettando.
Ecco, amici, non possiamo permetterci di accettare passivamente questa realtà. Non possiamo ignorare il dolore di chi soffre, di chi vede la propria infanzia spezzata, di chi vive nell’ombra della guerra, della violenza, della privazione. La non accettazione della realtà non significa negare i fatti, ma rifiutarsi di accettare che questa sia l’unica strada possibile. Significa guardare Mahmud, guardare i suoi occhi, il suo sorriso amaro, e capire che dietro a quel sorriso c’è un grido che ci chiede di non rassegnarci.
Ognuno di noi, lo dimostra l'incontro di questa sera, ha il potere di fare la differenza.
Ognuno di noi ha un potere immenso, il potere di comunicare le emozioni, di non chiudere gli occhi, di non girarsi dall’altra parte. Di essere una voce che dice no all’indifferenza. Perché accettare la realtà, in certi casi, equivale a perpetuare l’ingiustizia.
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Palestina casa mia
142 Kb - Formato jpegIncontro a Martina Franca (Taranto), domenica 25 agosto 2024
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