Quando la legge diventa un ostacolo
Le parole di Giorgia Meloni contro la magistratura – "se vogliono governare si candidino" – suonano come un campanello d’allarme per chiunque abbia a cuore il principio della separazione dei poteri.
Ma il caso che più di tutti dimostra il cortocircuito di questo governo con la giustizia internazionale riguarda la decisione di non arrestare un pericoloso criminale libico, nonostante una richiesta della Corte Penale Internazionale. Il soggetto in questione, implicato in gravissimi crimini contro l’umanità, è stato rimpatriato in Libia invece di essere consegnato alla giustizia. La stessa Libia con cui l’Italia collabora per fermare i migranti con tutti i mezzi. La stessa Libia in cui i centri di detenzione sono noti per le torture, gli stupri e le uccisioni extragiudiziali. Una Libia dove i criminali prosperano e collaborano con le direttive di trattenimento dei migranti nei lager, mentre chi fugge da quei crimini viene ricacciato indietro con il beneplacito di Roma.
Questa è la regola che si sta consolidando: tollerare il disumano. Chi gestisce lager e sevizie nei centri di detenzione libici non viene arrestato, ma rimandato a casa, mentre chi denuncia quei crimini, chi soccorre in mare, chi chiede giustizia, diventa il vero nemico del governo.
Ma c’è un punto ancora più inquietante: quando viene meno la cultura di base per un uomo di governo – ossia la concezione della tripartizione dei poteri – anche la scuola e la cultura diventano un ostacolo da abbattere. Un potere senza regole e senza controlli non tollera la magistratura, ma nemmeno l’istruzione e il pensiero critico. Si comprende allora il disinteresse per l’istruzione pubblica, il taglio - a tutto vantaggio delle spese militari - dei fondi per la scuola e l’università statale, considerate un costo piuttosto che una risorsa.
Non è un caso che, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, i magistrati abbiano manifestato il loro dissenso portando con sé, oltre alla toga, anche la Costituzione. Un gesto simbolico e potente, a sottolineare che il rispetto della Carta costituzionale non è negoziabile. Quando un governo delegittima la magistratura e ne attacca l’indipendenza, sta minando le fondamenta della democrazia stessa.
In un Paese normale dove i processi si fanno nei tribunali e non nelle dirette social, e dove la giustizia non è un fastidio ma una garanzia, tutto questo sarebbe inaccettabile. Ma oggi non basta più dire che è inaccettabile. Bisogna opporsi, denunciare, mobilitarsi. Perché quando un governo disconosce le regole dello Stato di diritto, non è più un potere limitato dalle leggi ma è un potere legibus solutus, ossia un potenziale pericolo per la democrazia.
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