Phpeace e packet radio

Computer in Africa. Le nuove frontiere della telematica per la pace

Nell'ospedale di Kimbau, in Congo, non arrivano le lettere, l'elettricità, l'acqua e il telefono. Tuttavia ora Chiara Castellani e i volontari dell'Aifo ora possono inviare e ricevere e-mail tramite onde radio. Nel frattempo a Nairobi vengono costruiti siti web con Phpeace, il software di PeaceLink.
17 settembre 2004

Nairobi Peace March

In questi giorni Enrico Marcandalli, uno degli "esperti" di PeaceLink, è a Nairobi. E' lì per implementare il progetto di telematizzazione e addestramento all'uso del software Phpeace con cui si realizzano le pagine web di PeaceLink.
In queste ore è nel "mediacenter" dell'Africa Peace Point indaffarato con altri amici africani. Il 18 settembre parteciperà alla Nairobi Peace March. E' un'esperienza di condivisione nata nel 1995 conoscendo padre Kizito e che ora prosegue con entusiasmo. Quest'occasione di cooperazione e di volontariato internazionale ci dà la possibilità di parlare dell'Africa e di quali progetti in Africa possono essere aiutati utilizzando la telematica.

Il 28 ottobre 1995 Enrico partì per il suo primo viaggio in Africa.
Destinazione: Nairobi.
Obiettivo. installare i computer e collegarli alla posta elettronica.
Fine: sostenere padre Kizito nella realizzazione di un'agenzia stampa telematica nel cuore dell'Africa.
Da quell'esperienza "forte" nacquero i primi tre libri di PeaceLink: "Telematica per la pace", "Apri una finestra sul mondo" e "Oltre Internet" (cfr.http://www.peacelink.it/libripck.html) .

Galleria fotografica della Nairobi Peace March
visita la galleria fotografica a questo indirizzo:
http://italy.peacelink.org/gallerie/41/

Recentemente Paolo Moro, un amico e volontario dell'Aifo (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) ha realizzato un'esperienza preziosa che completa e arricchisce quella di Enrico. Ha portato l'e-mail dove manca persino il telefono. E' interessante parlarne in quanto ci apre una prospettiva nuovissima. La storia ha dell'incredibile ed è entusiasmante parlarne.

Paolo ha deciso di aiutare in Congo la dottoressa Chiara Castellani, nel lontano villaggio di Kimbau. La vita straordinaria di Chiara è narrata in un libro di recente pubblicazione: "Una lampadina per Kimbau" (Mondadori). Paolo la affianca nella realizzazione del complesso progetto di impiantare una piccola centrale idroelettrica per portare l'elettricità e con essa l'acqua nell'ospedale (1).

Ma com'è l'ospedale di Chiara Castellani? E' un vecchio ospedale del periodo coloniale. Lasciato dai belgi negli anni Sessanta era abbandonato e fatiscente, ma Chiara lo ha voluto ugualmente rimettere in funzione.

Ora il suo sogno è quello di farvi giungere l'acqua. Incredibile ma vero, nell'ospedale oggi l'acqua viene portata a forza di braccia e di gambe con i bidoni, camminando su faticose discese verso il fiume e dure risalite. Infatti non c'è elettricità e non c'è una pompa. Il piccolo gruppo elettrogeno dell'ospedale non ce la fa a "succhiare" l'acqua dal fiume: troppo distante, troppo in basso. "Abbiamo soltanto l'acqua della cisterna che durante la stagione secca si rivela inadeguata per garantire uno standard minimo d'igiene", spiega Chiara Castellani, che aggiunge: "Ma come facciamo a pulire l'ospedale senza acqua e con i pipistrelli sopra il tetto che accumulano tanta pipì nel controsoffitto?"

Il progetto dell'Aifo mira a portare l'acqua anche nelle altre strutture scolastiche e collettive della zona. Chiara e Paolo hanno la testa dura.

E' bello mantenere i contatti con persone così preziose. "Ti potrò scrivere una lettera a Kimbau?", chiedo. Paolo risponde: "In Congo non ci sono i postini. La posta giunge solo nelle grandi città e va ritirata a mano dalle caselle postali. A Kimbau non giunge la posta, siamo lontani". Kimbau è ai confini con l'Angola nella regione occidentale del Bandundu. Vari villaggi vi ruotano attorno: oltre centomila persone con una sola dottoressa, Chiara Castellani. Partendo dalla capitale Kinshasa ci vogliono almeno due giorni per arrivarci, nonostante siano solo 500 chilometri. Ci vuole una jeep robusta. Si procede a 20 km/h sobbalzando su strada sterrata. Attenti perché ci si rovescia. Occorre legare le portiere perché si aprono. "Nella stagione delle piogge - mi spiega Paolo - ti impantani nel fango, nella stagione secca la jeep si insabbia. I camion creano solchi enormi e a volte diventa impossibile proseguire. Allora la strada te la devi fare da solo. Crei un percorso alternativo. Vai sull'erba alta fino alla testa, controlli che non vi siano fossi, stai attento ai termitai e ad altre sorprese e… con la jeep ti fai una nuova strada fuori del percorso tracciato".

Sembra proprio impossibile mantenere i contatti con Kimbau, ma Paolo mi illumina: "Scrivi una e-mail a Kimbau". Infatti proprio lì - dove non arriva l'elettricità, l'acqua, il telefono e neppure il postino - arriva l'e-mail. Come? Un piccolo gruppo elettrogeno alimenta il computer. L'e-mail viaggia su onde radio: è il "packet radio" (2).

Nel 1996 - quando Enrico Marcandalli, Carlo Gubitosa ed io scrivemmo "Telematica per la pace" - temevamo di essere criticati proponendo efficienti tecnologie "per ricchi": le zone povere del Pianeta non sarebbero rimaste tagliate fuori dalla rete telematica? Cercammo allora delle alternative per il Terzo mondo. E scoprimmo appunto il packet radio: "L'interscambio telematico via etere - scrivevamo - è basato su una tecnica per radioamatori chiamata packet radio che fonde le tecnologie informatiche con le tecniche di trasmissione radio, rendendo teoricamente possibile il collegamento telematico con i popoli della foresta amazzonica" (3) . Ora finalmente possiamo osservare il packet radio in azione. E' la conferma che un'altra telematica è possibile. Si inerpica sui sentieri dei poveri e dà voce a Kimbau. "Quando l'email funziona - dice Paolo - ci si sente legati al mondo, quando non funziona si è tagliati fuori e si va in angoscia. Una volta abituati ad essere collegati con gli altri come si può tornare indietro?"

Paolo - a differenza di Enrico - non è un esperto di Internet e di computer. Ma conosce in francese e ha avuto una precedente esperienza in Congo che gli ha permesso di resistere anche nei momenti più duri, di adattarsi ad un'alimentazione scarsa e molto particolare. Mastica meglio il cibo locale del telematichese. Ha avito il coraggio di andare.

Esperienze come quella di Paolo e di Enrico ci consentono di costruire una nuova frontiera della solidarietà e della comunicazione telematica.

Il futuro dell'informatica e le grandi sfide della telematica si giocano infatti lì, nell'invisibile mondo dei senza voce.

Note: (1) Il progetto è su http://www.aifo.it
Altri riferimenti
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_6070.html
http://italy.peacelink.org/pace/indices/index_1417.html

(2) Cfr. http://www.geocities.com/acoslovich/txd/txd-pkt.htm

(3) Cfr. http://www.peacelink.it/storlib.html

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