Ogni giorno ci sono 14000 nuovi casi nel mondo. Il 95% di questi nei paesi poveri, quelli a basso e medio reddito.

Il grido di Mirko

Nove anni, sindrome da immonodeficienza acquisita, Aids. Mirko e' morto di una malattia opportunistica dopo venti giorni di ospedale. Viveva in una casa famiglia della Comunita' Papa Giovanni XXIII. Qualche giorno prima di morire, a chi cercava di consolarlo con le parole ha risposto: "Queste cose gia' le so, e non mi servono. Io sto male, fate qualcosa per me!"
8 dicembre 2004
Francesca Ciarallo
Fonte: PeaceLink.it

La copertina del rapporto 2004 sull'Aids realizzato dal programma delle Nazioni Unite UNAIDS

"Fate qualcosa per me!". E' un grido nelle orecchie, un pugno nello stomaco.

Il primo dicembre scorso ricorreva la giornata modiale per la lotta all'Aids proclamata dalle Nazioni Unite. E' passata in uno sconcertante silenzio mediatico.

Il virus dell'Aids fu isolato per la prima volta nel 1981. il numero delle persone colpite da HIV/AIDS oggi e' di 39,4 milioni (dati Unaids-Oms). Il trend di crescita e' esponenziale, in particolare in Asia e in est Europa. Inoltre l'epidemia si sta "femminilizzando", le donne sono sempre piu' colpite: nell'Africa sub-sahariana il 60% dei 22 milioni di persone colpite e' di sesso femminile.

Ogni giorno ci sono 14000 nuovi casi nel mondo. Il 95% di questi nei paesi poveri, quelli a basso e medio reddito. La fascia d'eta' maggiormente colpita e' quella tra i venti e i qurant'anni (incrociando quest'ultimo dato con quelli generali, si calcola che per es, in alcuni paesi dell'Africa l'80% delle persone di quest'eta' sono destinate a morire a breve).

In Italia la malattia fu diagnosticata per la prima volta nel 1992. Oggi i casi ufficialmente registrati ogni anno sono circa 1700/1800, ma si stima che quelli effettivi siano intorno ai 3500 (dati dell'Istituto Superiore di Sanita'). Questo significa che una persona su due per paura non dichiara la sieropositivita' o addirittura, pur essendo a rischio, non fa il test.

Si potrebbe continuare a sciorinare dati, statistiche e cifre all'infinito. Ma, a prescindere dalla loro inesattezza e dalla difficolta' di reperimento per problemi sia tecnici che politici e culturali, i dati sono freddi, solo numeri sulla carta, e pur essendo importanti per capire la dimensione del fenomeno, forse danno l'impressione di un qualcosa di catastrofico e lontano da noi, per cui poco possiamo fare, per una sorta di assuefazione alle emergenze ed alle catastrofi.

Dietro tutti questi dati ci sono invece storie, volti, geografie che cambiano, culture che mutano.

Queste storie a volte le percepisco, questi volti riesco a immaginarli da lontano, attraverso gli occhi e il racconto di alcune persone che, nel nostro occidente benestante e apparentemente immune da questa peste, cercano di rompere con la cultura dell'alibi per la nostra indifferenza. Betta Garuti, per esempio. E' la responsabile del progetto Rainbow in Africa della Comunita' Papa Giovanni XXIII.

AIDS-affected community in Zambia. Credit: UNAIDS/M. Szulc-Kryzanowski

"In Zambia - racconta- se il Ministero della Pubblica Istruzione ha bisogno di venti insegnanti da formare per un determinato programma educativo, organizza il corso per quaranta persone. Questo perche' generalmente quando il corso si conclude la meta' di loro sono morti di Aids. Ormai - continua - si seppelliscono i morti di giorno e si disseppellisce di notte perche' mancano le bare e si ha necessita' di recuperarle e riusarle. In un contesto culturale dove il funerale era una cerimonia sacra di fronte alla quale tutte le altre attivita' si bloccavano, ora ce ne sono talmente tanti (in una citta' come Ndola, almeno sei o sette al giorno) che le macchine neppure si fermano piu' per far passare i cortei. Cambia la cultura, cambia la morfologia dei luoghi. Le strade, per esempio, vengono costruite in funzione dell'accesso ai cimiteri. E' molto piu' di un Olocausto (muoiono piu' persone in un anno che non in tutta la Shoah), ma e' silenzioso, perche' muore soprattutto chi non conta niente".

L'Aids e' un'epidemia con caratteri di diversita' ed unicita' rispetto a qualsiasi altra nella storia dell'umanita', e sarebbe importante rendersi conto che influenza lo sviluppo globale di tutto il pianeta.

Siamo sconvolti dalla violenza ed i morti delle guerre, dagli atti di terrorismo. La foto degli aerei che si schiantano sulle Twin Towers rimarra' nei libri di storia per i secoli a venire. Perche' questo silenzio invece sui sitemi di terrorismo? L'Aids e' un sistema di terrorismo, la cui radice e' la poverta'. Ma ci riguarda tutti, anche nel mondo occidentale.

E' un epidemia devastante, non unicamente per il numero di morti, ma perche' colpisce soprattutto la fascia produttiva delle societa', e lacera il tessuto sociale, lasciandosi dietro un mucchio di orfani (nel 2010 nell'Africa subsahariana circa venti milioni di bambini saranno orfani a causa dell'Aids).

La lotta all'Aids e' dunque una questione di sviluppo, di lotta alla poverta', e soprattutto di giustizia.

A Mirko, e non solo, a tanti altri bimbi con mille nomi diversi, credo che sia ora di cercare di dare una risposta. Non so bene quale, ma e' importante prendere coscienza, iniziare a pensare all'Aids non come una malattia, ma come una questione di diritti umani, lottare, fare pressione perche' nelle politiche portante avanti dai governi, dall'Unione Europea, si impongano standard alti di comportamenti umani ed etici.

C'e' necessita' di informazione e denuncia. L'indifferenza e il silenzio mediatico sono piu' contagiosi del virus. C'e' necessita' di risorse eccezionali, e non solo economiche. Non certamente di carita' e assistenzialismo gratuiti e buonisti.

Perche', usando le parole di Betta, "Un sistema economico che ci spinge sempre piu' verso la carita' vuol dire che ha volutamente eliminato da tempo la giustizia dai suoi obiettivi".

Note: Rapporto ONU 2004 sull'Aids:

http://www.unaids.org/bangkok2004/report.html

Autori vari
"Guarire fino in fondo"
Nella giustizia la lotta all'Aids

Emi, Bologna 2004
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