Nome e cognome, prego!

"USA, maltratta il gatto: tre mesi di carcere", si legge sul Corriere online di oggi. Invece sulla versione cartacea viene pubblicata un'agghiacciante sequenza di foto che mostra Alessandro Perugini, vicecapo della Digos di Genova che "gioca a football" con il viso di un manifestante.
4 agosto 2001
Associazione PeaceLink

L'articolo di Francesco Alberti del Corriere del 4-8-2001

La foto del manifestante con l'occhio gonfio (qui a fianco) era già stata pubblicata nei giorni successivi agli scontri di Genova sul sito del Genoa Social Forum, ma solo ora, scrive Francesco Alberti, il Corriere è venuto in possesso di un filmato che mostra "come" siano andate veramente le cose.

La sequenza di immagini si commenta da sola. E si commenta da sola pure l'analogia tra la punizione per aver maltrattato il gatto - che per altro riteniamo giusta - e l'assoluto anonimato che consente ogni impunità a chi invece ha maltrattato, picchiato, seviziato e umiliato centinaia di persone.
Alessandro Perugini, vicecapo della Digos di Genova, con la maglia chiara, si prepara a colpire un manifestante

Per fortuna ogni tanto le immagini o i filmati - e a Genova erano presenti molte migliaia fra fotografi e cineoperatori - riescono a catturare il volto non coperto di chi sta abusando dei suoi poteri, sta cioè accanendosi contro persone ormai inermi e non in grado di nuocere. Persone a terra, persone già immobilizzate, persone arrestate e all'interno di caserme, persone che dormono nel sacco a pelo ignare di ciò che le aspetta.

Al vicecapo della Digos di Genova non è andata tanto bene, e ora tutta l'Italia sa. Ma vi sono stati molti altri casi di abuso e di violenza gratuita documentate anche dalle testimonianze che PeaceLink, ma non solo, sta raccogliendo in questi giorni . Cosa si può rispondere alle pacifiche persone che hanno raccontato la loro terribile esperienza e una volta tornate a casa vedono calpestata ogni traccia di giustizia?
IGNOTI?
Cosa si può rispondere alle persone che portano i segni di tale violenza non solo sul corpo ma anche nel cuore e li porteranno per lungo tempo? IGNOTI?

Viene in mente un episodio successo a un giovane manifestante che dopo aver ricevuto percosse e maltrattamenti, essere svenuto, risvegliatosi si mette a urlare inveendo. Per tutta risposta gli viene imposta la ospedalizzazione obbligatoria, al reparto psichiatrico. Non solo, gli vengono somministrati psicofamaci come Serenase e altri usati nella cura delle schizofrenie. Cosa si può rispondere a questo giovane: IGNOTI?

Stiamo parlando, sia ben chiaro, non di responsabilità. Non di capi, capetti, ma di persone, di individui. Ognuno di noi, nell sua vita è responsabile delle proprie azioni, che sia un cittadino qualsiasi, un militare o un membro delle Forze dell'Ordine. Persino i militari hanno la possibilità di rifiutarsi di eseguire un ordine qualora ritengano che sia contro la legge o la costituzione - vedi guerra in Kossovo del 1999 - art. 11. Forse che le Forze dell'Ordine abbiano altre disposizioni? Che se viene ordinato loro di accanirsi, brutalizzare, seviziare non possano rifiutarsi?

Non vogliamo credere che, come sembrano mostrare le immagini del Corriere della Sera, ci sia un sadico piacere nel giocare a football con la faccia delle persone, ancorché esse siano pericolosi criminali, ma una volta immobilizzate nessuno autorizza nell'accanimento. Non vogliamo credere, eppure le testimonianze e le numerose foto e i filmati che spuntano come funghi in questi giorni sembrano mostrare un'altra verità.

Chiediamo allora una cosa semplice, semplice: nome e cognome.

Vogliamo sapere, come cittadini, chi sono le persone che paghiamo per difenderci dai delinquenti e per mantenere l'ordine nella fedeltà alla costituzione. E lo vogliamo soprattutto quando le circostanze diventano difficili e non è facile stabilire chi sta dietro la maschera e il casco.
Basta poco, una sigla sul casco e sulla tuta indispensabile a chi poi svolgerà le indagini. Non vogliamo che gli agenti si espongano alla rappresaglia dei delinquenti, ma che possano essere identificati all'interno del proprio reparto di appartenza, anche quando l'omertà impedisce l'identificazione dall'interno.

Qualcuno potrà obiettare che anche alcuni manifestanti erano a volto coperto, e noi non siamo mai stati con loro. PeaceLink ha sempre preso le distanze da chi grida indiscriminatamente "assassini". Crediamo sia ingiusto generalizzare e in questo modo creare un solco profondo tra Forze dell'Ordine e società civile. Ma proprio per questo è giusto distinguere. E' giusto poter separare il marcio dal buono.

I manifestanti pacifisti a Genova erano tutti a volto scoperto e, sempre a volto scoperto e con le mani alzate in segno di pace molti di loro sono stati picchiati con i manganelli e i calci, da altre persone a volto coperto. Quelli che erano a volto coperto hanno saccheggiato, distrutto - tra l'altro, come testimoniano molti genovesi, indisturbati - ed è in corso una nuova inchiesta anche sulla mancata attenzione delle Forze dell'Ordine ai continui gridi di allarme lanciati dai cittadini e dalla provincia di Genova. Anche da quelli (i violenti) PeaceLink prende le distanze, ma fare di tutta un'erba un fascio non porta a nulla di buono, né dalla parte dei manifestanti, né dalla parte delle forze dell'ordine. La contrapposizione Forze dell'Ordine-manifestanti è stata montata ad hoc dalla stampa creando il clima di terrore di cui ora vediamo i risultati. Dov'erano i giornalisti delle importanti testate italiane durante i giorni del Public Forum, quando si discuteva, si parlava, si ballava e si incontravano migliaia di persone venute da tutto il mondo condividendo esperienze in modo pacifico?

Se vogliamo creare un clima meno violento bisogna ragionare pacatamente, calmare le animosità ma anche fare "giustizia". Quella parolina magica che implica il riconoscimento degli errori "umani" di fronte alla collettività. Lo sa bene Nelson Mandela che nel suo Sud Africa ha istituito una commissine per fare giustizia - non vendetta - dopo decine di anni di apartheid e di violenze. Lo sa bene perché in questo modo ha evitato altri bagni di sangue.

Chiediamo quindi, come già fatto nei giorni scorsi: inviateci le vostre testimonianze (info@peacelink.it) : sono utili e indispensabili per ricostruire i fatti e rivivere in un clima diverso avvenimenti violenti e, magari, poterli superare con la ragione. Lo chiediamo ancor di più ai membri delle Forze dell'Ordine che hanno assistito ad atti di violenza ingiustificata affinché non si mischino con coloro che vogliono rimanere - per sempre e impunemente, violando i più basilari diritti umani - a volto coperto.

Altrimenti saremo ancora qui a chiedere, come le centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato pacificamente a Genova, perché?
IGNOTI!

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