Telematica alternativa
Gandhi avrebbe usato Internet? "I gandhiani e Internet" è proprio il titolo azzeccato con cui la rivista Qualevita - nel numero di luglio - ha aperto un interessante dibattito sulla telematica e i computer.
Il gandhiano DOC "diffidente"
Tutto è partito da Giovanni Ricchiardi, gandhiano DOC e promotore di un'esperienza di vita comunitaria povera e sobria come la l'ARCA di Lanza Del Vasto. Ricchiardi non nasconde la sua "avversione intuitiva per il computer ed Internet in particolare" ed elenca una decina di punti nei quali vede contrasto fra l'insegnamento di Gandhi e la logica del profitto, dello spreco e del potere che muove il mondo dei computer. In buona sostanza la telematica è descritta come
- un mezzo della società ricca occidentale;
- una tecnologia finalizzata al profitto;
- un servizio fornito da società private e spesso multinazionali, senza etica e offerte in primo luogo a chi può pagare;
- una tecnologia indispensabile sia per fare il bene che per fare il male.
I neo-gandhiani "tecnologici"
Nel dibattito sono intervenuti Alessandro Colantonio e Barbara Benini, con argomentazioni altrettanto interessanti e calzanti. Colantonio ha osservato che nella guerra del Kossovo, tramite Internet, si poteva dialogare direttamente con i cittadini jugoslavi, scoprendo "on line" che non erano dei mostri e che la Nato viceversa diceva delle "vere" bugie. "Internet genera pigrizia mentale", aveva affermato Ricchiardi, e Colantonio ha ribattuto che "il rischio di passivizzazione è di gran lunga più forte per chi guarda la TV". E mentre Ricchiardi sottolineava il consumo di luce elettrica dei computer, Colantonio faceva notare che, spostando le informazioni al posto delle persone, si può evitare spreco di benzina e di tempo, inquinamento e incidenti. Barbara Benini, mamma di quattro figli, ha potuto raccontare la propria storia personale: eletta presidente di un'associazione affiliata a una più vasta organizzazione internazionale, ha potuto continuare a seguire sia i figli e sia la sua attività internazionale senza dover prendere l'aereo e prenotare alberghi. Come? Con la posta elettronica e il suo computer collegato ad Internet. E se Ricchiardi aveva avanzato il dubbio che i rapporti telematici non permettessero scambi profondi come l'incontro di coloro che si vedono e stanno vicini, Barbara Benini testimoniava con la sua esperienza che "si creano vincoli di vera amicizia e le barriere del pregiudizio facilmente cadono".
Il pacifista con la valigetta
La mia esperienza personale è quella di chi, quasi dieci anni fa, è stato fra i promotori di PeaceLink, la rete telematica italiana per la pace. Durante la guerra del Golfo ero un "pacifista con la valigetta": andavo in giro con un computer portatile, uno dei primi veramente leggeri e leggibili. Raccoglievo informazioni sulle iniziative antiguerra, compilavo un bollettino e lo memorizzavo su dischetto. Giorno dopo giorno modificavo alcune parti del bollettino, toglievo le cose vecchie e scrivevo le nuove: con la macchina da scrivere avrei dovuto digitare nuovamente tutto. Con il portatile scrivevo dove mi capitava, in corriera, ai cortei, nelle riunioni; preparavo volantini, locandine, ecc. Insomma, mi sentivo con la tipografia nella valigetta. Stampavo il bollettino, lo fotocopiavo e lo distribuivo.
Dischetti o alberi?
Quando il dischetto si riempiva mi veniva da pensare: se gli altri avessero un computer potrei distribuire dischetti pieni di informazioni invece di mucchi di carta. Stavo già pensando ad un sistema di distribuzione delle informazioni su dischetto: meno alberi tagliati e meno spese per fotocopie. Il dischetto "pieno" di informazioni costava meno di un dossier e duplicarlo era più veloce. Poi venni a sapere che esistevano reti di BBS, o "bacheche telematiche", ossia reti che distribuivano i "file" dei dischetti senza che si dovessero spedire i dischetti per posta. Dunque: non occorrevano più i francobolli o, mettiamola così, potevo avere una fonte inesauribile di francobolli praticamente gratis. Gandhi sarebbe stato contento di avere francobolli gratis?
Francobolli gratis
Comunque a quel tempo la rivoluzione telematica non bussava - dentro di me - come una potente urgenza. Infatti per la spedizione postale non c'erano problemi: un dirigente sindacale mi passava buste piene di francobolli e mi diceva: "Usali per la pace". Altri tempi! E già dopo la guerra del Golfo cominciarono a scarseggiare i rifornimenti, finché un giorno terminarono del tutto. Come poter continuare a disporre di centinaia di francobolli "gratis"? Come poter continuare a spedire i bollettini? Ed ecco che nacque PeaceLink e con essa l'idea di progettare una rete in cui ognuno potesse disporre di "francobolli gratis". PeaceLink si sostituiva all'amico sindacalista di un tempo.
L'Internet che non c'era
C'era Internet allora? Quando nel 1991 comprai il modem (23 volte meno veloce di quello che ho ora) non si parlava neppure di Internet: era un lusso delle università americane e di chi possedeva computer superpotenti. Il computer che avevo allora disponeva di una memoria 32 volte inferiore a quella del mio personal attuale e con la strumentazione "poco potente" di allora la gente comune come me non poteva accedere ad Internet anche se fosse stata offerta gratis e sotto casa. Internet è "sbarcata" nelle principali città italiane solo nel 1994 e per fino al 1996 è stata un miraggio per tante zone periferiche dell'Italia perché gli accessi non erano decentrati.
BBS: i primi distributori di francobolli virtuali
All'inizio fu quindi dura perché - senza un'Internet bella e pronta su cui salire sopra a prezzi più o meno modici - occorreva inventare una soluzione sostitutiva "povera" per realizzare l'utopia concreta e possibile di offrire "francobolli gratis". Furono messi a punto dei BBS (bulletin board system) ossia dei personal computer che la notte (quando le tariffe telefoniche erano più convenienti) si collegavano fra loro e si scambiavano le informazioni. All'alba quei BBS erano "carichi di novità" e potevano essere consultati via modem nelle diverse città al costo della telefonata urbana. Così un bollettino nato in una città italiana il giorno dopo era già presente in tutte le altre città collegate a PeaceLink. Era un sistema "povero" ma efficace in tempi in cui la "telematica ricca" era per pochissimi privilegiati. Noi pionieri pacifisti eravamo partiti prima delle stesse Forze Armate italiane e questo ci procurò sospetti e pedinamenti. La telematica "povera e francescana" dava a tutti (anche a chi aveva un semplice Commodore 64) un concreto canale per collegarsi in rete e per poter usufruire di quei "francobolli gratis". I BBS sono stati i primi distributori di questi "francobolli virtuali". PeaceLink era ad accesso gratuito perché ogni nodo della rete si accollava i relativi costi telefonici e delle attrezzature. Abbiamo vissuto l'entusiasmo dei pionieri e offrivamo "francobolli gratis" agli utenti collegati: pochini. Questo era il limite e perciò scrivevamo articoli entusiasti di propaganda a favore dell'acquisto di modem perché ci dispiaceva vedere tanti di quei francobolli gratis giacere inutilizzati. Oggi moltissimo è cambiato. Quasi tutte le associazioni pacifiste sono collegate in rete perché sanno bene che inviare un messaggio a 200 persone costa in tutto 200 lire (1 lira a messaggio) mentre per posta prioritaria costerebbe 240 mila lire e per fax ancora di più. Certo avremmo potuto fare prima questa transizione verso il modem, prendento in contropiede i nostri avversari e giocando d'anticipo. Invece, con i soliti tardivi ravvedimenti, eccoci tutti (o quasi) in rete. Meglio tardi che mai, dirà qualcuno.
50 giorni sono troppi
Ma vediamo "come eravamo prima". Nella guerra del Golfo le riviste pacifiste non riuscivano a tenere il passo degli eventi. Un mensile, a partire da quando veniva pensato e scritto, per infine giungere nelle mani del postino enella buca delle lettere, ci impiegava 50 giorni. Quasi due mesi per arrivare nelle case degli abbonati! In quei 50 giorni - in cui veniva impostato, scritto, impaginato, stampato, spedito e recapitato con le dovute lentezze postali - i generali potevano aver già concluso la guerra. E così fu.
Dal basso, con gambe e modem
Nella guerra del Kossovo invece l'informazione pacifista ha compiuto un balzo in avanti per quantità, qualità e rapidità. E' stata infatti la prima guerra combattuta anche su Internet. Il sito di PeaceLink veniva aggiornato anche 20-30 volte al giorno e consultato da migliaia di persone perché conteneva la mappa completa della mobilitazione antiguerra. E' stato un archivio di testimonianze e informazioni alternative e in tempo reale sbucavano le voci di tutta quell'Italia che la TV censurava. Sul sito c'era molto più spazio di quanto ne potessero offrire giornali come il Manifesto, Liberazione o Avvenimenti. Un dossier aggiornato sul Kossovo era prelevato dal sito e circolava in rete: veniva stampato e distribuito in tutta Italia, senza bisogno di una casa editrice o di un corriere o di librerie. Dalla base venivano prodotte le informazioni e fatte circolare, dalla base venivano stampate e distribuite. Con gambe e modem.
Nonviolenza col computer
Il villaggio globale antiguerra ha compiuto così la sua prima esercitazione pratica scrivendo in Italia la prima pagina di esperienza nonviolenta collettiva col computer. "Dal basso", e mai come prima, le tecnologie info-telematiche hanno giocato un ruolo di rilievo nella mobilitazione nonviolenta così come fra i militari i sistemi di telecomunicazione hanno svolto il ruolo di "rete di coordinamento" del sistema bellico. Il collegamento con le città di Nis e di Belgrado noi pacifisti potevamo sapere cosa pensavano gli oppositori di Milosevic e da loro sapevamo "in tempo reale", e dal vivo delle loro testimonianze, che venivano lanciate bombe a grappolo sui civili. Imparavamo a conoscere le distanze e apprendevamo che i quartieri residenziali bombardati erano lontani chilometri dalle caserme che la Nato diceva di voler colpire. La Nato parlava di errori involontari di alcuni metri: "Volevamo colpire l'aeroporto". Ma noi, tramite Internet, potevamo conoscere direttamente dai cittadini residenti le distanze reali e smentire le bugie: "L'aeroporto dista sei chilometri".
La strategia lillipuziana
Il presidente del consiglio Massimo D'Alema aveva detto che la strategia Nato si sarebbe concentrata su "obiettivi di esclusiva rilevanza militare" (discorso alla Camera dei Deputati, 26 marzo 1999). Tramite la raccolta quotidiana delle testimonianze di fonte civile potevamo ogni giorno smentire quelle parole fornendo agli stessi giornali informazioni di prima mano. Le testimonianze raccolte direttamente dalla Jugoslavia tramite Internet (attendibili perché provenienti da chi faceva opposizione al regime di Milosevic) sono state inviate a deputati e senatori italiani e sono divenute base per un'interrogazione parlamentare. Ci siamo accorti che avevamo in alcuni casi più informazioni dei giornalisti e dei parlamentari. Ma questo, si badi bene, non è avvenuto "grazie ad Internet", ma grazie ad una rete di persone che si è saputa organizzare, coordinando molteplici competenze ed attività, dall'interpretazione delle lingue straniere alla creazione di pagine Internet. Solo grazie a questa "strategia lillipuziana" si è potuto fronteggiare il gigante Gulliver per legarlo (o farlo inciampare) con tanti esili fili. Senza questo coordinamento Internet sarebbe stata solo un megafono e una piazza dove ognuno cercava di gridare più forte.
Gandhi e il giornalista Miller
Durante la guerra il Kossovo la telematica per la pace si è caricata della funzione morale di dare voce a chi non aveva voce e viveva nella disperazione di poter morire innocente per colpe non commesse. Questo usare la tecnologia dell'informazione per "dar voce ai senza voce" richiama l'esempio del giornalista Webb Miller, inviato della United Press per dare informazioni sul movimento gandhiano. Miller, dopo aver assistito il 21 maggio 1931 al pestaggio a sangue dei nonviolenti nei pressi delle saline di Dharasana, usò tutta la potenza tecnologica di allora per informare il mondo. Il giorno dopo oltre mille giornali nel mondo pubblicavano la notizia e il gesto violento si ripercuoteva su chi l'aveva compiuto come una sonora sconfitta inflitta sul piano dell'opinione pubblica mondiale.
Non è conosciuto, dunque non esiste
Che possibilità di vittoria potrebbe avere la nonviolenza senza un forte sistema di diffusione dell'informazione? Nella memoria collettiva un fatto non esiste se non è conosciuto. La telematica diventa quindi una strategia e un mezzo per far giungere al mondo il grido dei senza voce. Questo grido verso il mondo in PeaceLink l'avevamo già sperimentato con i bambini di strada di Nairobi o con il piccolo Gianmarco malato, bambino affetto da un morbo sconosciuto e letale. In queste vicende abbiamo sperimento il "volto umanistico" di un'esperienza profonda che di tecnologico ha alcuni aspetti determinanti ma la cui essenza va oltre la tecnica; sono vicende che abbiamo raccontato in libri come "Telematica per la pace" (edito da Apogeo), "Apri una finestra sul mondo" (edito da Multimage), "Oltre Internet" (edito da EMI) e dal recente libro di Carlo Gubitosa "Italian Crackdown" (edito da Apogeo).
Le buone ragioni di Ricchiardi
Tutto questo potrebbe sembrare una sorta di difesa di Internet e un tentativo di dar torto al "gandhiano" Ricchiardi. E invece no. Sento che ha una buona parte di ragione. Per quanto io ritenga importante il passo fatto dal mondo eco-pacifista nel raccordarsi in rete (uniti si vince), è bene rileggere le parole di Ricchiardi per iniziare non tanto una fuoriuscita dalla telematica ma una fuoriuscita da questa telematica. La telematica che si è affermata oggi non è certo quella che costruimmo in modo sobrio e "gandhiano" con gli strumenti poveri. So che non era questo l'intento di Ricchiardi ma le sue obiezioni di fondo mi spingono a dir ciò. Occorre una ricerca che ci porti verso un'altra telematica. Perché? Oggi infatti Internet si sta profondamente incarnando in una logica consumistica per cui chi non aggiorna ogni anno il suo computer con pezzi sempre nuovi e costosi, rimane ai margini. Questa logica del profitto e dello spreco dalle forme più assurde e implacabili, taglia fuori dalla comunicazione gli "utenti vecchi", quelli che non hanno il denaro o il tempo per cambiare e potenziare memorie, microprocessori, modem, programmi. Non era questo certo lo spirito e il fine per cui dieci anni fa iniziavo a collegare il modem al mio computer.
Internet come la TV
E' in atto una corsa in cui non si riesce a vedere il traguardo. O meglio il traguardo che si profila all'orizzonte è quello di rendere Internet sempre più simile alla TV. In quest'ottica il computer va "pompato" con nuove schede superveloci e dischi di nuova generazione, i DVD-ROM che sostituiranno i videoregistratori, a cui si associa tutta una tecnologia che renderà obsoleti gli attuali computer. Le modifiche che le grandi multinazionali ci propongono sono simili a quelle che necessarie a trasformare un'automobile prima in un elicottero e poi in un aereo supersonico. Un'assurdo non motivato da reali necessità e che tuttavia mette "fuori gioco" e "fuori standard" chi vi si oppone.
Internet e il consumismo
Da questa corsa consumistica Internet non ne uscirà migliorata ma con grande probabilità peggiorata. Si profila infatti la fine del villaggio globale e al suo posto nascerà (sta già nascendo) una città selvaggia con strade centrali e strade periferiche, con i suoi ghetti virtuali, emarginati e isolati rispetto al centro ipertecnologizzato. Gli standard "lenti" dei poveri non potranno più tenere il passo con gli standard "veloci" dei ricchi. La corsa al profitto creerà sovrapposizioni, incompatibilità fra tecnologie nuove e vecchie e non certo comunicazione. La Microsoft ad esempio produce software nuovi che in tanti casi non riescono ad essere compatibili con i vecchi, e non a caso, altrimenti come venderebbe i nuovi software a chi con i vecchi software marchiati Microsoft non riesce più a leggere i nuovi file prodotti dalla stessa Microsoft? E il caso di evoluzione non nella logica della compatibilità e dell'interoperabilità ma del perseguimento del profitto a tutto scapito degli interessi di comunicazione fra gli utenti. I quali spesso abboccano e comprano Office 2000 senza neppure sapere perché ma quasi unicamente perché è nuovo. Oggi siamo ancora in tempo per opporci a questa strage del buon senso, domani non so.
Standard lenti e standard veloci
Si sta riproponendo dentro Internet il classico dilemma della scuola: l'insegnante deve stare al passo dei più bravi o dei più svantaggiati?
Per quale ragione mantenere la compatibilità con standard "lenti" per mantenere le comunicazioni con il Terzo Mondo? Già oggi a Nairobi gli utenti Internet possono inviare solo messaggi ma non consultare i nostri siti web. Quando potranno consultare i nostri siti web avremo creato qualche altra ipertecnologia che i loro "standard lenti" non potranno leggere o supportare. Si sta allargando il divario. E chi oggi crede che le multinazionali si muovano per migliorare la comunicazione, toccherà con mano che esse stanno lavorando solo per vendere nuovi prodotti e per tagliare fuori dalla comunicazione le vecchie macchine che non sono dotate di quei nuovi prodotti.
Guida al consumo critico a partire da Word
Il prezzo di questa corsa sarà la fine della comunicazione globale in rete e noi "entusiasti di Internet" ci accorgeremo avremo lavorato per il re di Prussia. Ci saremo fatti disarcionare dalle novità dopo averne cavalcato le illusioni. Ecco allora la necessità di diventare "utenti critici" e di fare boicottaggio di tutti quei prodotti inutili che servono alle multinazionali ma non alle vere esigenze di comunicazione. Un piccolo esempio: si inviano su Internet dei testi scritti con il Word nell'ultima versione e chi non ha l'ultima versione non può leggerli. Perché arricchire il produttore di Word comprandone l'ultima versione? Perché dare i nostri soldi proprio a lui che è già l'uomo più ricco del mondo? E anche chi dice "mi copio Word" - sanzioni della legge a parte - non fa che rafforzare la centralità di Word come standard per cui tutti alla fine dovranno possedere Word per leggere il testo del file. Quindi anche ci copia in fondo si piega a Sua Maestà Word. Allora è importante diventare utenti critici e salvare i file come file RTF o "Word per dos", che sono leggibili da tutti i programmi.
Disubbidire con il mouse e con il software
E' una piccola disubbidienza che si compie cliccando col mouse su un tasto diverso, riflettendo qualche secondo in più. Inoltre è importante diffondere i programmi freeware, privi di scopi commerciali, non prodotti dalle multinazionali ma da programmatori indipendenti. Il giorno in cui noi "gandhiani" arriveremo a diffondere un sistema operativo come Linux, gratuito e indipendente a Windows, avremo pestato un grosso callo e posto un serio ostacolo a chi sta trasformando l'informatica in un monopolio.
Le nuove sfide
L'elenco delle sfide è lungo. C'è Echelon il supersistema segreto di Usa e Gran Bretagna che intercetta telefonate, fax ed e-mail a livello planetario. Per batterlo c'è la strada della crittografia. C'è poi il controllo dei regimi totalitari sui collegamenti Internet. Per batterlo ci sono dei sistemi per cancellare le tracce della cyber-navigazione ed è necessario creare dei siti anticensura - magari gestiti dall'Unesco - accessibili agli utenti Internet "censurati".
Abbiamo di fronte una strada difficile che ci porta a lavorare per diventare consumatori critici e propositori creativi anche sul terreno dell'informatica. Sapranno i gandhiani fare boicottaggio e controinformazione anche su Internet? Sapremo offrire francobolli gratis anche al Terzo Mondo? Chi invierà informazioni non censurate sulla Cina agli studenti cinesi che si affacciano ad Internet? Dopo Internet le cose non saranno più come prima o andranno addirittura ancora peggio? Vincerà Gulliver o i lillipuziani sapranno dargli filo da torcere?
Generare un nuovo potere dal basso
La tecnologia della stampa fu l'arma della Riforma protestante e venne temuta perché dava accesso diretto alla conoscenza della Bibbia, senza la mediazione del clero. La stampa, per questo potenziale rivoluzionario e diffusivo, fu controllata e censurata per secoli e lo è ancora oggi. Io mi auguro che la tecnologia telematica, analogamente, possa divenire un nuovo potere dal basso nelle mani della gente. Ma lo sbocco potrebbe essere diverso. Scrisse Bertrand Russel: "Nel XVIII secolo, la maggior parte delle guerre non trovava rispondenza presso il popolo; ma da quando gli uomini hanno imparato a leggere i giornali, quasi tutte le guerre hanno guadagnato il favore popolare". Credo che per la telematica si stia vivendo la stessa scommessa che è stata giocata sull'alfabetizzazione e sulla stampa, ossia su quel mix di cultura e tecnologia con cui la gente avrebbe potuto controllare controllare il potere. Ma, come più volte è accaduto, lo scenario si è capovolto e tramite l'istruzione e la stampa, non è stata la gente a controllare il potere ma che viceversa è stato il potere a controllare la gente. Questo è il rischio che corriamo attraverso Internet: da strumento che la gente può usare per un controllo sul potere a strumento con potere di controllo su chi lo usa.
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