Il ministro degli esteri Lamberto Dini ha dichiarato che le basi Nato in territorio italiano sono a disposizione. Ma l'appartenenza alla Nato non impone una simile scelta. Analizziamo il Trattato Nord Atlantico.
Dopo la dichiarazione del Papa contro la guerra, nel governo Prodi si era aperta una discussione sul sostegno politico all'attacco minacciato da Clinton e sulla concessione delle basi Nato. Tanto piu' che persino l'Arabia Saudita aveva negato agli Usa le sue basi militari per questo attacco. Ma il ministro degli esteri Lamberto Dini ha rotto gli indugi e ha affermato con chiarezza: "Una dichiarazione unilaterale di indisponibilita' delle basi Usa e Nato avrebbe l'effetto contrario a quello auspicato, privando l'azione diplomatica di credibilita'. Siamo di fronte a un dittatore spietato che puo' riconoscere soltanto la forza come controparte". "Non c'e' benedizione pontificia che valga una politica estera affidabile e coerente", ha commentato su La Stampa Boris Biancheri.
Le norme della Nato
Ma la concessione delle basi Nato in questi casi e' un atto dovuto da parte del governo italiano? In una citta' come Taranto, dotata di una base finanziata dalla Nato, queste domande non sono accademiche. "Se facciamo parte della Nato, e' un nostro obbligo mettere a disposizione le basi Nato", dicono alcuni. Ma e' proprio vero?
Analizziamo cosa dice il "Trattato Nord Atlantico" del 4 aprile 1949, ossia l'atto costitutivo della Nato. L'articolo 5 afferma: "Le parti convengono che un attacco armato contro una o piu' di esse in Europa o nell'America settentrionale sara' considerato quale attacco diretto contro tutte le parti". In tal caso - e solo in tal caso - scatta l'obbligo di risposta della Nato, intesa come insieme di forze armate e di basi militari. Nel caso attuale l'Irak - al di la' delle resistenze di Saddam Hussein verso le ispezioni nei siti presidenziali - non sta mettendo in atto un attacco armato contro un paese della Nato. Pertanto non scatta la disposizione-chiave contemplata nell'articolo 5.
L'intenzione di Bill Clinton e Tony Blair di impegnare le forze militari statunitensi e inglesi nel colpire l'Irak non impegna pertanto la Nato (che infatti non e' coinvolta nella controversia in atto).
"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un'ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."
Come si puo' notare la Costituzione italiana non solo esclude ma "ripudia" la guerra la quale pertanto viene ammessa solo come strumento di difesa nazionale. E' pertanto esclusa ogni guerra volta ad attaccare altre nazioni. Ed anche gli armamenti in dotazione delle forze armate dovrebbero - secondo una lettura estensiva operata da alcuni giuristi impegnati ad affermare il "diritto alla pace" - essere funzionali a guerre di difesa e non d'attacco (ad esempio dovrebbero essere esclusi mezzi da sbarco anfibi, bombardieri ad ampio raggio e missili a lunga gittata). La Costituzione esclude la guerra anche come "mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Nella seconda parte dell'articolo e' prevista l'adesione a organizzazioni internazionali - e una "limitazione" della propria sovranita' - al fine di promuovere "la pace e la giustizia fra le Nazioni", ossia l'esatto contrario della guerra.
La Nato e' obbligata a restare fuori da ogni piano di attacco di Clinton per via anche dell'articolo 6 del Trattato Nord Atlantico il quale specifica che le aree geografiche di competenza della Nato sono, vi si legge, l'Europa, il Mediterraneo, l'Atlantico settentrionale a nord del Tropico del cancro e l'America settentrionale. La Nato ha cioe' dei limiti territoriali ben precisi e non ha possibilita' di intervento per aggressioni che avvengano al di fuori di essi.
Per essere piu' chiari facciamo un esempio: se un missile irakeno affondasse una portaerei americana nel Golfo Persico la risposta militare non sarebbe di competenza della Nato, se invece quel missile finisse sulla Turchia, allora la risposta militare sarebbe di competenza della Nato. Nel primo caso infatti la portaerei sarebbe attaccata fuori dai limiti territoriali sanciti dal trattato di fondazione dell'Alleanza (e sarebbe di competenza solo dell'ONU e degli USA), nel secondo caso saremmo invece di fronte ad un attacco portato contro un paese membro della Nato che rientra nei confini "giurisdizionali militari" dell'Alleanza.
Le limitazioni "territoriali" dell'Alleanza furono sancite per evitare una sua "concorrenzialita'" con l'Onu che avrebbe perso la sua prerogativa di istituzione planetaria se la Nato fosse stata autorizzata ad intervenire militarmente in ogni angolo del mondo. Da quanto analizzato appare chiaro che l'opinione secondo la quale "se facciamo parte della Nato, dobbiamo mettere a disposizione le basi Nato" non ha alcun appiglio nella carta che ha fondato la Nato. E' un'opinione basata sulla disinformazione.
Ma il ministro Dini - facendo riferimento a non si sa quale normativa - continua ad affermare: "Il governo sa quali sono le sue obbligazioni e quindi nel momento in cui le decisioni dovranno essere prese esse saranno conseguenti".
Il Papa contro la guerra
Il fatto che si mettano a disposizione le basi Nato per azioni militari che non rientrano nei compiti della Nato, va letta come un atto di credibilita' diplomatica del governo italiano verso gli Stati Uniti e non verso l'Alleanza. L'uso delle basi Nato per azioni militari che non sono ne' della Nato ne' dell'Onu sarebbe anzi il consolidamento di una prassi che fuoriesce dalle regole della Nato stessa, senza peraltro rientrare nell'ambito del diritto internazionale e dell'organismo che ne dovrebbe essere il supremo garante: l'Onu. Tanto piu' che nello stesso trattato fondativo della Nato si legge - all'articolo 1 - che le nazioni appartenenti all'Alleanza "si impegnano, com'e' stabilito nello statuto dell'Onu, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale nella quale potrebbero essere implicate, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'impiego della forza in modo incompatibile con gli scopi Onu". E mentre si assiste al greve ossequio di tanti mass media e uomini politici - di governo e di opposizione - verso le ragioni della guerra, le parole del Papa si levano alte contro "ogni forma di impiego delle armi".
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