GINEVRA, LA SFIDA INFINITA. TORNA IN PRIMO PIANO LO SCONTRO USA-CUBA SUI DIRITTI UMANI
GINEVRA-ADISTA. Tutto lascia supporre che quest'anno, alla 61.ma sessione della Commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite (i cui lavori hanno già preso avvio a Ginevra il 14 marzo, per concludersi il prossimo 22 aprile), lo scontro tra Stati Uniti e Cuba sarà ancora più duro che nelle ultime sessioni. L'anno scorso gli Stati Uniti riuscirono a far passare la propria mozione di condanna (o, meglio, di biasimo, perché di condanna non si parlava nel testo, malgrado le insistenze Usa) con un solo voto di scarto, evitando al tempo stesso che la Commissione affrontasse il punto delle sistematiche violazioni dei diritti umani nella base nordamericana Usa a Guantanamo (nel lembo di Cuba occupato - illegalmente - dagli Stati Uniti). Quest'anno gli Usa si presentano freschi dello scandalo delle torture nel carcere di Abu Ghraib e dei bombardamenti contro Falluja, ma ugualmente determinati ad accusare Cuba di violazioni dei diritti umani. Il governo Castro, però, si presenta con qualche asso in più nella manica, a cominciare dal fatto che Cuba è stata eletta dai Paesi latinoamericani presenti in Commissione per far parte, in rappresentanza del Continente, del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite incaricato di vagliare le denunce da sottoporre alla Commissione a Ginevra (insieme a Paesi Bassi, Ungheria, Zimbabwe e Cina). Un buon biglietto da visita per Fidel Castro, che va ad aggiungersi alla lettera in difesa di Cuba da parte di circa 200 intellettuali, pubblicata sul maggiore quotidiano spagnolo, El Pais (non a caso è proprio il governo Zapatero a battersi, all'interno dell'Unione Europea, per una linea di maggiore apertura all'Avana). Una lettera-manifesto in cui si chiede alle Nazioni Unite di non legittimare l'aggressione a Cuba da parte dell'amministrazione Bush, ricordando come l'isola non presenti (né abbia mai presentato in 46 anni di Rivoluzione) "un solo caso di scomparsa, tortura o esecuzione extragiudiziaria" e sottolineando le sue conquiste, riconosciute internazionalmente, in materia di salute, educazione e cultura. A firmare il manifesto, tra gli altri, quattro Premi Nobel - José Saramago, Adoldo Pérez Esquivel, Nadine Gordimer e Rigoberta Menchú - e personalità come Eduardo Galeano, Manu Chao, Oscar Niemeyer, e, per l'Italia, Claudio Abbado, Luciana Castellina, Gianni Minà, Red Ronnie, diversi dei quali non possono certo essere definiti simpatizzanti acritici del governo Castro: lo scrittore portoghese José Saramago, per esempio, era arrivato a dichiarare, in seguito alle condanne dei cosiddetti dissidenti nella primavera del 2003, che Cuba aveva perso la sua fiducia e defraudato i suoi sogni: "d'ora in avanti - aveva scritto - Cuba andrà per la sua strada. Io mi fermo qui"
Sociale.network