La Delegazione Italiana ha predisposto un documento quale contributo all'elaborazione in corso del Gruppo del PSE.

Trattato: non è un incidente di percorso

Mercoledì 8 giugno il Parlamento Europeo ha dedicato a Strasburgo, in occasione del dibattito in vista del Consiglio Europeo del 16 e 17 giugno, ampio spazio alle valutazioni sull'esito del referendum in Francia e in Olanda.

15 giugno 2005
Documento della Delegazione Italiana nel Gruppo PSE sull'esito del referendum in Francia e Olanda

Dopo i risultati dei referendum sul trattato costituzionale in Francia e Olanda i socialisti europei devono assumere una piena responsabilità per fare ritornare speranza e fiducia nella costruzione di una più grande Unione di popoli e paesi che costituisce l'attuale realtà della riunificazione europea.
Procedere nel cammino di ratifica del trattato è indispensabile. Ma non è sufficiente. Non si può considerare il voto in Francia e in Olanda come un semplice incidente di percorso.

L'esito di questo voto è anche il segnale di una crescente difficoltà di orientamento e di radicamento dei partiti, della volontà dei cittadini di ricercare vie più dirette per esprimere ed influire sulle decisioni politiche, del disagio sociale diffuso soprattutto tra i lavoratori, i disoccupati, le persone meno istruite e meno tutelate.

In realtà vi è un'insoddisfazione più larga e comunque un'ampia zona di indifferenza nei confronti della politica comunitaria e più ancora delle decisioni e delle indecisioni dei governi nazionali.
Le istituzioni e le politiche dell'Unione europea hanno creato fiducia e mostrato capacità espansiva assicurando un lungo periodo di pace, consolidando la democrazia anche dove era stata a lungo negata, stabilizzando l'economia e vincendo l'inflazione. Quando però l'Europa ha promesso benessere diffuso, buona e piena occupazione, maggiore sicurezza ed equità, queste speranze sono state spesso deluse. Non basta dire "l'Europa ha lavorato bene ma ha comunicato male i risultati ottenuti", perchè il malcontento si rivolge proprio ai fatti non compiuti, e non può essere colmato dalla parole.
In questa situazione lungi dal mantenere un basso profilo affidandosi alla diplomazia intergovernativa, i socialisti europei devono farsi carico di un atteggiamento propositivo, anche per interloquire con quella parte di elettorato che votando No ha voluto criticare quella che ha ritenuto un'insufficienza grave nel processo di integrazione europea.

Sapevamo che l'allargamento in assenza di un deciso approfondimento della dimensione comunitaria dell'Unione avrebbe potuto suscitare difficoltà e diffondere ulteriori timori nella società europea, già così profondamente coinvolta dai processi di globalizzazione in atto.
A questo punto, non si tratta di mettere in causa la scelta dell'allargamento, quanto piuttosto di richiamare gli Stati nazionali e le classi dirigenti europee alle necessità di dare un governo alla nuova Europa. Va indicato un cammino verso il futuro che non può definirsi solo sulla scorta dell'esperienza del passato. Anche di fronte al mancato avvio della strategia di Lisbona si avvertiva da tempo un vuoto, una difficoltà delle istituzioni europee e dei singoli Stati nazionali nel sottoporre al giudizio dei popoli e dei cittadini dell'Unione un disegno compiuto per l'Europa, un progetto politico in grado di raccogliere le aspettative, le ansie, e, in definitiva, il desiderio di una maggiore eguaglianza, stabilità e sicurezza largamente diffuso.

Di questo oggi vi è maggiormente bisogno.
Stabilità, sicurezza ed eguaglianza non si ottengono chiudendosi a difesa delle prerogative nazionali e neppure difendendo in modo acritico il ruolo delle istituzioni europee. I cittadini d'Europa saranno tanto, più in grado di apprezzare lo stesso Trattato Costituzionale quanto più si renderà visibile una prospettiva politica in grado di rispondere alle diffuse domande sociali. Bisogna promuovere la nuova Europa con scelte coerenti e concordate.
Non basta più una politica dei piccoli passi volta ad incrementare in un tempo storico l'esperienza comunitaria. Grazie alla lungimiranza e alla tenacia dei padri fondatori dell'Europa viviamo oggi un altro tempo e un'altra fase storica. Per non voltare le spalle al lungo periodo di pace e di prosperità che l'idea europeista ci ha sin qui garantito è divenuto urgente, assicurare una guida, un motore, capaci di trainare l'Europa verso traguardi più avanzati d'integrazione politica.

L'Europa dell'allargamento ha bisogno di definire se stessa anche con modalità, innovative, sempre enunciate e mai concretamente praticate, come ad esempio quelle già previste delle cooperazioni rafforzate.
Non si tratta di procedere a due velocità, quanto piuttosto di prevedere un assetto variabile per le politiche europee specie in campo economico e in quello della politica estera. Ciò, assieme a nuove modalità di finanziamento dei progetti europei per dare basi effettive alla strategia di Lisbona, potrebbe imprimere all'Europa quel colpo d'ala di cui ha bisogno anche ai fini di approfondire il processo comunitario.

Libertà, uguaglianza, fraternità, la difesa dello stato sociale, la stabilità dell'occupazione e dei diritti dei lavoratori, attenzione ai diritti umani e alle terribili condizioni del quarto mondo devono essere i pilastri fondamentali di un processo di costruzione sociale dell'Europa.
I socialisti devono dare voce al Parlamento e ai cittadini affinché gli stessi governi nazionali assumano una stringente responsabilità verso l'Europa. In conclusione, siamo in un frangente cruciale. È dannoso restare in una posizione di semplice attesa.

Le forze coerentemente europeiste devono delineare un terreno più avanzato tramite una ricerca e un'innovazione politica all'altezza della sfida che il mondo attuale propone ad un progetto politico e istituzionale del tutto originale come quello europeo.
I socialisti europei devono dunque aprire una riflessione a tutto campo in grado di rimotivare energie e passioni e infondere fiducia nell'avvenire dell'Europa.

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